«Beh, eri a pezzi, completamente ricoperta di sangue, io ti credevo morta» parlava semplicemente, come un bambino, ma in quel momento credetti che non esisteva modo migliore per esprimersi «Anche Paul a dire la verità. Ma abbiamo controllato lo stesso se eri ancora viva. Il tuo cuore batteva ancora, quindi ti abbiamo portata in un vecchio casolare lì vicino e Paul ha iniziato a chiuderti tutte le ferite chiedendo il materiale necessario ad una famiglia di contadini che abitava lì dentro»
«Ci sono troppi contadini da queste parti» scherzai io, poi mi feci un po’ più seria e mi ricordai di non avere la più pallida idea di dove mi trovassi «Ehm, dove siamo adesso, Set?»
«Molto lontani dall’ultimo paese dove siamo stati. Ci siamo fatti dare un passaggio, ovviamente poi abbiamo dato loro il ragionevole compenso. Forse un po' più del ragionevole compenso, a dire il vero…»
«Tu allunghi troppo oro al primo che capita » lo rimproverai per gioco, poi gli scompigliai i capelli con la mano «Mi sento già meglio, sai?»
«No, non fare cose idiote, stai a letto» fece lui, preoccupato, indicando il mio cuscino con aria spaventata
«Set, guarda che sono una donna lupo. Mi riprendo bene, io... solo ho fame, ho una fame da lupi!»
«Ci credo bene » lui rise, la sua voce argentina vibrò parecchio prima di stabilizzarsi in una frase che ho sempre adorato «Vado a prenderti il pranzo».
Si alzò e si allontanò verso la stanza attigua con un passo un po’ barcollante. Io lo attesi. Mi sentivo meglio, era vero, ma ero ancora molto, molto debole. Mi serviva del cibo, dovevo assolutamente mangiare se volevo rimettermi in sesto.
Quell’ultima battaglia mi aveva proprio distrutta, ma dovevo ammettere che non era andata male come avevo creduto. Certo, sarebbe stato un brutto colpo per le autorità ritrovarsi ad indagare su un intero villaggio sterminato. Avevano molte prove, avrebbero potuto trovare il mio sangue, le mie impronte, la mia saliva, ma chi avrebbe mai pensato che una donna da sola può decimare un intero villaggio da sola? Le indagini sarebbero state tutte inutili, nessuno poteva pensare che ero stata io.
September ritornò un bel po’ di tempo dopo reggendo un vassoio di plastica colorata, con allegri disegni a fiori rossi, ibisco, e i bordi dorati un po’ scoloriti.
Quest’ultimo era sormontato da un piatto pieno di riso bianco fumante e un pezzo di pane morbido grosso come un mezzo furetto.
«Oggi mangi leggero» mi disse September, con aria ammonitrice e scherzosa insieme «Sei ancora convalescente!»
«Per l’appunto» mi arrabbiai, sapevo che non era colpa sua se non sapeva che avevo bisogno di carne, ma non potei fare a meno di rimproverarlo «Voglio carne, ragazzo, e sappi che se non l’avrò potrei balzare su e mangiarmi te!»
«Ma tu...»
«Niente tu! »ruggii
«Paul ha detto che tu non puoi mangiare cose pesanti»
«E chi è questo Paul? Io obbedisco alle leggi di Madre Natura, non di questo Paul. Madre Natura mi dice che devo mangiare abbondante e sostanzioso per ricostituire i tessuti danneggiati del mio corpo. Altrimenti rischio di morire veramente». Sorrisi speranzosa, ma anche truce. L’ultima frase, quella sul morire veramente, l’avevo detta solo per farlo dispiacere.
September mi poggiò in grembo il vassoio con il riso e il pane, con aria contrita e dispiaciuta
«Non lo sapevo» mi disse «Proprio questo non dovevo sapere con tutte le cose che ho studiato su voi dannati lupastri! Va bene. Vado a vedere cosa posso trovarti... il fatto è che questo» e indicò il cibo che mi aveva consegnato «Questo è quanto passa il convento, non so se c’è altro in casa»
«Allora per ora va bene questa roba» annuii, poi strinsi gli occhi e lo scrutai «Ma stanotte andiamo a caccia insieme, capito?»
«Stanotte… Devo dirti una cosa. Paul pensa che tu abbia un potere speciale»
«Che potere?» chiesi io, ficcandomi in bocca una cucchiaiata di riso caldo, godendo di quel sapore appena appena appiccicoso dei chicchi
«Dice che è strano che tu possa far si che io non ti mangi quando sono trasformato. Queste due notti senza di te mi ha dovuto legare prima che mi trasformassi per far si che non lo divorassi»
«Due notti?» quasi mi strozzai, tossii, poi scossi la testa «Sono rimasta svenuta due giorni?»
«Non credevamo che ti saresti ripresa» ammise lui, stringendosi nelle spalle «Paul ha detto che sei una pazza incosciente, ma di quelle degne di nota. Sai, a lui piace studiare i pazzi» rise forte, poi incrociò le braccia sul petto con un movimento ampio, brusco, e mi scoccò un’occhiata ironica sollevando entrambe le sopracciglia rosse «Credo che abbia appena trovato un argomento di studio molto complicato. Ehi, mi stai sentendo?»
«Uhm...» inghiottii un altro boccone e lo guardai con curiosità «Certo che ti sto sentendo… perché ragazzo?»
«Boh, sei tutta concentrata su quel piatto...»
«Sto mangiando » risposi io, scocciata «Ti ascolto con le orecchie, sai, mica con la bocca. Perché vedi, per mangiare uso quella…»
«Va bene, va bene…» mise le mani avanti come se stessi per aggredirlo e ridacchiò «Allora posso raccontarti quello che è successo? Perfetto… allora sappi che…».
Mi raccontò tutto quello che avevano fatto in quei due giorni. Avevano viaggiato, avevano ucciso perfino. Paul Hersen aveva dissanguato un ragazzino di tredici anni e poi September aveva dovuto fermarlo prima che si suicidasse buttandosi da un burrone a causa dei sensi di colpa.
Sorrisi: e così il grande e impassibile Paul Hersen era un sentimentale? Io avevo ucciso un intero villaggio ed ero sufficientemente sicura di voler continuare a vivere. Non avevo avuto neppure gli incubi.
September parve rattristarsi quando glielo confessai, dopo aver finito di ingoiare l’ultimo boccone. Mi guardò di traverso
«E così è vero quello che mi ha detto Paul» mormorò «Hai fatto a pezzi tutta quella gente da sola»
«Si» avrei voluto aggiungere “e ne vado fiera” ma mi trattenni dal farlo
«Ah. Ma come hai…»
«Fatto?» azzardai e lui annuì, così mi prodigai a raccontargli quanto era accaduto con una buona precisione.
Mi soffermai in particolare sulla descrizione del tizio magro vestito di nero per vedere se ne sapeva qualcosa, ma non mostrò di aver mai visto un uomo del genere, piuttosto alla fine accennò un applauso
«Sei la bestia più feroce di cui abbia mai sentito parlare!» mi disse.
Io scesi dal letto. Avevo la gamba destra che doleva in maniera impressionante, ma non mi arresi. September mi seguì mentre uscivo
«Non credi che sarebbe meglio che tu restassi dentro?» mi chiese, premuroso
«No» risposi seccamente, scrutando il cielo.
Proprio in quel momento udii un ululato. C’erano dei cani in quella zona, non era la voce profonda di un lupo ad emettere quel rumore, piuttosto quella di un grosso husky.
«Siete andati molto a nord vero?» Chiesi, curiosa, guardando il piccolo uomo
«Si, da cosa lo hai capito?» mi rispose «Sembri sapere sempre tutto»
«Innanzitutto dal clima» mossi un dito in circolo per simboleggiare una qualche fredda spirale di tempesta, poi tornai a fissare il cielo «E poi ci sono gli husky. Un cane normale non ulula così»
«Già, mi dimentico sempre che sei un’esperta di cani» mi sorrise «Penso di aver dimenticato molte cose… sto perdendo lentamente la memoria»
«Bravo il mio smemorato…»c’era un odore forte e un vociare confuso, un insieme di bassi latrati lontani che si avvicinava sempre di più a noi «… Cani» mi volsi verso il bosco di conifere d’alto fusto davanti alla casa dov’eravamo. Stavano arrivando, percepivo sempre più chiaramente, come se fosse a pochi metri, il loro odore forte, lurido, di sporco, di pelo bagnato. Non potevano essere lupi. Erano randagi, c’erano solo pochi husky fra loro, la maggior parte erano grossi meticci, magari mezzi terranova o pastori scozzesi, non riuscivo a classificare la loro voce lontana che veniva sempre più vicina a velocità impressionante.
Doveva essere il mio odore che li attraeva. I cani odiano i licantropi, anche se non mi sono mai spiegata il perché di questa loro avversione viscerale per me.
Spinsi indietro September
«Ci mangeranno vivi se non ci chiudiamo dentro. Non penso di poterli affrontare tutti»
«Cani?» mi guardò spaventato. Evidentemente anche lui sapeva quello che i cani facevano a quelli come noi.
Ci sigillammo dentro casa. Perché stavamo andando a nord? Come al solito era Paul Hersen a guidare, certo, era lui che ci stava buttando in bocca alle bestie.
«HERSEN!».
Il rumore di qualcosa di grosso che ruzzola sul pavimento. Arricciai il naso e corsi verso la fonte del rumore, al piano superiore. Paul Hersen si rialzò faticosamente da terra
«Che diavolo succede?» chiese, furibondo, i lineamenti terribilmente contratti
«Ci hai portati in un posto dove ci daranno la caccia. Ci sono i cani»
«E per una sciocchezza del genere gridi in quel modo? Torna a letto, lupastra, altrimenti io…».
Io mi arrabbiai. Sono pericolosa quando mi arrabbio e mordo la mano di chi mi cura con la stessa semplicità con cui morderei quella che mi bastona. Sono un lupo, e non sono addomesticata oserei dire, quindi sono fatta così. Balzai in avanti. Ogni centimetro del mio corpo era indolenzito e vibrante, fu come sentirsi dare una scudisciata a tutte le membra contemporaneamente, ma non me ne fregava niente. Non me ne fregava niente di sentire le croste che si rompevano e il sangue che stillava di nuovo.
Avrei fatto a pezzi Paul Hersen. Il mio odio era viscerale, qualcosa che non potevo controllare del tutto, non sapevo neppure da cosa nasceva realmente. Certo non lo attaccavo solo perché faceva lo sbruffone, non avrei tentato di ucciderlo per così poco… lo colpii duramente con un pugno allo stomaco, lo gettai per terra ed iniziai a prenderlo a calci.
Lui si parò il volto e il petto e si rannicchiò contro la parete.
Io ringhiai
«Lupastra? Lupastra… » ripetei, ridendo.
Lui non urlò, anche se sapevo di fargli male.
September comparve di corsa dietro di me, mi prese per le spalle e mi tirò indietro
«Smettila!» mi supplicò, con voce tremante «Ti prego, smettila!».
Mi resi conto di quello che stavo facendo solo in quell’istante, quando quel giovane uomo mi chiese di fermarmi. Le mie mani non riuscivano a stare ferme, erano colte da un tremito violento. Sogghignando indietreggiai, mentre September, lo sentivo, mi stava guardando allibito.
Paul Hersen si alzò da terra con uno sforzo che lo fece gemere. Mi guardò con freddo disprezzo
«Sei una bestia selvaggia… nient’altro che una bestia selvaggia» mi disse, a denti stretti. Le sue labbra erano sporche di saliva e di sangue.
Inspirai il suo odore. Sentivo qualcosa risalire in me e nonostante il dolore mi attanagliasse mi sentivo pronta a battermi. Sapevo che, se solo avesse voluto, Paul Hersen avrebbe potuto essere un avversario formidabile, ma voleva evitare ogni contatto con me. Perché ero licantropa. All’inizio aveva solo fatto finta di trattarmi da pari, fingendo magistralmente tanto da farmi credere che mi amasse, ora leggevo nei suoi occhi l’orrore. Gli facevo schifo perché ero un animale diverso da lui, più lupo che umana, e perché sapeva, anche questo glielo leggevo negli occhi, che più il tempo sarebbe passato più io sarei assomigliata ad una lupa.
Inspirai per calmarmi, di nuovo, ma stavolta ignorai l’odore di Paul Hersen.
Stavo per trasformarmi in pieno giorno, dovevo calmarmi. Non sapevo come fosse possibile che io potessi mutare senza luna piena, eppure sapevo che sarebbe successo se non mi fossi contenuta …
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