< Si…si, sono sveglio… >
sono stato per così tanto tempo dormiente e senza parlare che non distinguo il suono dei pensieri da quello della mia voce. probabile che l’ho mimato con le labbra…dato che sento prudere la gola come se mi stessi soffocando con dell’olio, avete presente?
Girai la testa a sinistra, istintivamente, forse era un’abitudine, e vidi un bicchiere d’acqua. Non mi chiesi se fosse avvelenata o contaminata con qualche sostanza, feci leva sul braccio e con l’altro afferrai quello che per me era il Graal, lo vuotai del suo elisir di lunga vita e…beh…ripresi a tossire. Appoggiai anche l’altro gomito e
OH MIO DIO…
…e tu chi stracavolo sei?!
al mio fianco era distesa una donna, nuda, senza vestiti, apparentemente addormentata. La mia faccia era troppo stupita per poter cambiare espressione, e complice il fatto che mi ero appena svegliato da un lungo sonno e avevo solo 19 anni, rimasi agganciato con gli occhi a quell’immagine incantevole.
Fu il dolore a riportare in me qualcosa di simile alla lucidità. I muscoli ardevano tanto che ricaddi sulla schiena con un gemito soffocato(…eccitarsi, poi, non era stata una grande idea).
L’istinto mi diceva che era meglio non fidarsi di quella situazione piacevole. Cercavo quindi di non far sentire il respiro affannato per non svegliarla, ma ogni volta che mi concentravo la testa cominciava a pulsare, lungo tutto il corpo era come venir trafitti da tanti aghi di ghiaccio, e io non potevo farci nulla.
Dopo un po’ quella lenta agonia cessò e potei ordinare i pensieri. Per quel che potevo, mi rilassai, e chiusi gli occhi.
*respiro profondo, interrotto da colpi di tosse repressi*
cerca di pensare…dove sei…ti senti tutto intero…cosa ti dice l’istinto? …
… okay, partiamo dalle cose semplici:
mi trovo su un letto, molto morbido, con le coperte bianche simili a nuvole che avvolgono il mio corpo da ogni lato…
… c’è un tavolino sulla sinistra, con dell’acqua…la parete è di un rosso amaranto (come faccio a saperlo?), con dei motivi floreali che sembrano formare un disegno…
… il soffitto…è… …oh adiamo! non me lo ricordo…uno…due…tre..
Aprii gli occhi solo un secondo per vedere il soffitto e finì che mi rannicchiai sul letto, premendo i palmi contro gli occhi e alternando coloriti insulti rivolti al nulla a gemiti degni di un bambino.
La mia virilità, se mai fosse esistita, era stata annientata. La testa sembrava esplodermi, come se a un certo punto tutti i pensieri avessero deciso di fare a botte. In modo violento.
Quanto avrei potuto resistere?
Un po’ mi veniva da piangere.
Ma non lo feci. Rivolsi un accorato appello a me stesso. Commovente, davvero. Mi dissi che era solo un mal di testa, che ero solo in una stanza dove non ero mai stato prima, che forse mia avevano drogato e rapito… Interruppi la lista perché non era d’aiuto.
Beh dopotutto, devo raccontarvi la Verità.
Piansi qualche lacrima.
Me ne accorsi sentendole cadere su quelle morbide coperte.
Tuttavia ciò che aiutò più di tutto fu lei. Me ne stavo lì a piagnucolare come un bimbo quando all’improvviso sentii una carezza fra i capelli, come se una nuvola mi stesse avvolgendo. Un semplice gesto può cambiare tutto. Era solo una mano, proprio come le mie, eppure non sarei stato capace di renderlo così delicato, così caldo e umano. Temevo che potesse smettere.
Io ero lì, quasi immobile, scosso dalle emozioni, totalmente indifeso e vulnerabile, in una parola: esposto. Lei continuava nella sua eterea e dolce attività e non disse nulla per un po’. Una scena curiosa. Due perfetti sconosciuti, distesi su un letto chissà dove, lei per di più era spoglia, eppure possedeva qualcosa nel suo spirito, era vestita di se stessa, di amore materno e di miele.
Certe cose non si possono descrivere a parole, semplicemente accadono.
Tu sei lì, da qualche parte, e all’improvviso ti colpisce.
Senti la vita scorrerti nelle vene.
Mi ero sentito così un’altra volta, a casa, sul terrazzo. In quel periodo era ricolmo di vegetazione e nella parte esposta a ovest avevo da poco creato una sorta di giaciglio dove poter riposare. Un giorno mi ci addormentai e fu il sole a svegliarmi, i raggi che mi scivolavano sul viso, caldi di un calore morbido, tiepido. Un vento leggero si intrufolò in quell’angolo di paradiso e cominciò a cantare fra gli alberi e i cespugli di rose.
… aspetta un secondo…questo non me lo ricordavo…
e prima che potessi perdermi nel mio stesso pensiero…
< ehi…> disse con voce morbida
Aprii gli occhi e vidi che mi stava sorridendo.
< io…ehm..> (cercai di parlare ma) mi prese il panico, lei era così carina e dolce ed era nuda e il suo seno era praticamente a dieci centimetri dal mio naso, e poi mi sorrideva diamine! quel sorriso era capace di piegare lo spazio tempo, ne ero sicuro. Insomma come facevo ad articolare qualcosa che avesse senso?
Mi correggo, come potevo dire qualcosa che non fosse “io…ehm”?
Ad ogni modo, cercando di assaporare tutto quello potevano, i miei occhi schizzarono frenetici su quella visione meravigliosa, come dei puntatori laser scandagliarono con quanta precisione poterono, consumando la mia dignità e procurandomi un eccesso emotivo.
Ovviamene agirono senza parlarne con la mia razionalità, che andò a nascondersi fra guance arrossate e movimenti convulsi.
Fu una questione di millisecondi, appena me ne resi conto cercai di rotolare giù dal letto il più in fretta possibile. Volevo nascondere la faccia e fingere che lei non esistesse.
(e convincermi che non ero stato così stupido, ma ehi)
Ma ehi una bega!
Chiaramente era una tattica destinata a fallire.
Riuscii davvero a lanciarmi giù dal letto e a “nascondermi”, ma fu la prima di molte mosse azzardate, e come sempre, l’azzardo porta con sé un rischio elevato. Nel mio caso, rischio di farsi molto male.
Il capitombolo mise a dura prova ciò che una volta era stata la mia resistenza al dolore. Ero convinto di gestirlo bene e invece dovetti ricredermi.
In tutto questo lei non aveva detto altro, motivo per cui pensai di fingere
… fingi che va tutto bene… ti alzi, vai alla finestra e come se niente fosse osservi il panorama…
… non ti pare un ottimo piano?, ora..
…muovi quel
< Ah!..>
contrordine! NON muovere quello!, prova con l’altro braccio..
andò meglio con il destro, che non era rimasto schiacciato dalla caduta, e riuscii con sforzi estremi a mettermi in piedi. Un po’ barcollante decisi il mio secondo azzardo: avrei camminato. Funzionò per due passi scarsi poi la gamba cedette e mi ritrovai un’altra volta ad osservare il soffitto (molto carino eh) e a commemorare il mio fallimento.
Purtroppo per me non mi arresi. Mi ero totalmente stancato di non poter muovermi senza cadere o venir sorpreso da persone senza vestiti, così pensai per un attimo a cosa mi rimaneva da tentare
…potremmo strisciare…perché no? tanto ormai cosa abbiamo da perdere?…
mi avvicinai alla finestra, che era leggermente curva verso l’esterno, e la luce dorata del sole si sparse sul mio viso. Inizialmente sentii solo calore, dato che mi stavo muovendo strizzando gli occhi e stringendo i denti, e per un attimo mi spaventai
…ehi..ehi, ehi, ehi!, ma cosa?!..
Ne era valsa la pena.
Era meravigliosa.
Quella vista valeva almeno altri venti capitomboli. In altre circostanze non lo avrei fatto, ma d’altronde non mi importava, e così mi commossi.
Sentivo qualcosa, di bello, calmo, rincuorante…poteva la bellezza avermi salvato?
Non me lo chiesi davvero. Con le vene piene di una nuova energia era giunto il momento.
Terza mossa.
…se è questo che il destino vuole da me…beh fanculo mio caro, scelgo io quando arrendermi…e non sarà oggi…non davanti a questo spettacolo…
Fissai gli occhi davanti a me, il sole illuminava UpTown, i suoi raggi si riflettevano nella baia cristallina e sui vetri dei grattacieli. Un magnifico gioco di luce.
Volevo giocare anch’io.
Se foste stati dietro di me vi sareste probabilmente messi a ridere.
Mi issai su due piedi quasi come un bradipo ubriaco, aggrappandomi al vetro una mano alla volta, sperando che mi reggesse e che le mani non cominciassero a sudare.
< te ne vai di già? >
di nuovo quella voce suadente, che per la sorpresa mi fece sobbalzare e quasi cadere. Ma, come ho detto, non era quello il giorno.
Il suo riflesso si confondeva con lo skyline e i raggi di di luce, ma la vidi chiaramente, seduta a gambe incrociate verso il bordo del letto, rilassata, come se per lei quella fosse la normalità.
< per ora credo che … osserverò … il panorama >
una parte di me stava per girarsi per abitudine, come si è soliti fare quando qualcuno ti sta parlando e non sei super concentrato in qualcosa. Io finsi di essere super concentrato sul panorama, anche se era evidente che fossi nervoso: come dicevo cercai di voltarmi ma mi fermai, cercai le parole e riuscii a non balbettare solamente con delle pause, e in più mossi le braccia.
Non sapevo né chi fosse lei né di cosa fosse capace, ma per me quelli erano chiari segni di agitazione. L’aspetto curioso della mia capacità di leggere le persone è che non riesco a diventare illeggibile. Mi spiego meglio: i gesti, il modo di camminare, ma anche il tono di voce e le micro espressioni facciali riflettono con molta precisione ciò che proviamo, emozioni, reazioni, pensieri…
A volte è chiaro, altre un po’ più criptico, ma non è mai impossible leggere una persona. È una forma di comunicazione. Sono sicuro che sareste in grado di dire se una persona sta sorridendo solo guardando dagli occhi in su. Oppure di capire se una vostra amica è stanca con una veloce occhiata al suo viso. Più conosci una persona, più è facile vederla con occhi diversi, quasi come se provassimo le sue stesse emozioni, un po’ attenuate magari.
Così io ero bravo in questa cosa. Lo ero sempre stato, fin da piccolo. C’è chi studia per diventare un esperto del “linguaggio del corpo” o “comunicazione non verbale”, io invece ce l’ho come dono innato.
Un dono, si, ma anche un assurdo circo delle contraddizioni. Quando sono emotivamente coinvolto è infatti più difficile seguire l’intuito, capita perciò che il mio dono diventi fonte di incomprensioni, frasi che era meglio non dire, gesti che assolutamente potevo evitare e in conclusione: tutto il contrario di tutto.
Forse sono io che confondo le persone e i loro gesti poi confondo la mia percezione di loro e poi faccio un casino.
Torniamo a noi.
< non c’è poi molto da osservare non credi? È sempre tutto uguale e con il tempo diventa uno sfondo inconsistente, sbiadito, opaco…>
Sembrava far cadere le frasi nell’aria, come se la sua voce fosse così delicata da perdersi nello spazio che ci separava,
…forse è una tecnica psicologica…
Passai all’attacco < chi sei? … qual’è il tuo nome? …. perché-cavolo mi trovo qui? >
(stavo anche per aggiungere: perché-stracavolo sei nuda?, ma mi trattenni)
Nonostante la situazione mi ero sforzato di parlare con voce ferma, come se sapessi quello che facevo e non fossi per nulla alterato o toccato da quello che stava accadendo.
Ma lei no, continuava a sorprendermi, direi che si divertiva:
< uhm.. sono una spia .. mi chiamo Emily .. e .. e tu sei qui perché ti ci hanno portato > rispose sorridendo.
A differenza delle mie, le sue pause trasmettevano sicurezza, come se fosse abituata a trattare persone come me.
… dannazione,… questa ci sa fare… ok… non andare.. NON … ANDARE … NEL PA…
*respiro forzato*
… aaaa … *inspira*
*espira urlando*
… bene bene.. quando il gioco si fa duro i duri scendono in campo, bello, dove diamine siete voi duri quando servite? eh? non ci siete! ecco cosa fate maledetti…
< ti ho forse sconvolto cucciolo?>
… eh?cosa?come?ma che cazzo succede!?..
… … cucciolo a chi!?.. certo che mi hai sconvolto, per tutti gli astri di Arendor…
Ve lo descrivo, perché di fatto non riuscivo a pensare.
Mi ero appena accorto di due cose, sconcertanti:
ero bravo a leggere le persone e ricordavo di esserlo stato fin da piccolo
avevo esclamato qualcosa che non ricordavo di aver mai sentito
Mi sforzai di non osservare il suo riflesso.
Provavo questa fortissima tentazione di risponderle: “no, certo che no baby, è tutto perfettamente normale, credo solo di aver fatto un brutto sogno, vuoi che ti porti la colazione a letto o che ti faccia le coccole?”
< se sono sconvolto? Certo che sono sconvolto, anzi è un eufemismo dire che sono sconvolto, dannazione! >
… whoops … l’ho detto ad alta voce vero?
< insomma come credi che mi senta … mi sveglio qui, in … non ho idea di che posto sia, dopo aver fatto, credo, un sogno pazzesco di 26 giorni, ho male ovunque, tu mi accarezzi i capelli, poi non so, mi chiami cucciolo e nulla, io sono un tipo sensibile okay? … >
cercavo solo di mantenere il controllo e di non sembrare troppo confuso e, beh non funzionò. Ero visibilmente sotto pressione e per nulla stanco di esserlo, come se mi fossi appena spaventato per qualcosa e avessi ogni fottuto secondo una scarica di adrenalina.
All’inizio mi era parso utile (per ritrovare le forze e via dicendo) e invece ora stava diventando eccessivo.
Lei non rispose. O meglio, non a parole.
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