Diretta dall'altra parte della città, anche Silene aveva cominciato a sentire un certo languore e si era fermata a comprare un muffin salato coperto di crema al formaggio. Sapeva che avrebbe trovato qualcosa di già pronto all'interno del forno di casa, la donna che si occupava delle pulizie era solita lasciarle il pranzo in caldo prima di andare via, ma la strada era ancora lunga e non le andava di prendere i mezzi pubblici. Se qualcuno lo avesse detto a suo padre, come minimo avrebbe terminato gli studi a casa e avrebbe rivisto l'esterno solo per prendere servizio nella tana. A lei non piaceva l'idea di dover lavorare alle dipendenze di suo padre e detestava i suoi colleghi, fatta eccezione per Raphael. Lui era l'unico a non trattarla come la figlia di Abro Maigret, uno dei migliori e più influenti consiglieri del Ministro. Quando la incontrava tra i corridoi degli uffici, la salutava sempre mostrandole un sorriso sincero (in qualsiasi forma si trovasse in quel momento) e spesso le aveva offerto dei muffin che preparava lui stesso. Egle sembrava soffrire meno la sua presenza, lo aveva notato sia incontrandolo alla tana, sia quando era stata a casa loro. Silene aveva sempre avuto l'impressione che si sforzasse di tollerarla esclusivamente perché era molto amica di Fiore.
Salutò distrattamente una sua compagna di classe che era appena passata sulla strada, lasciando uscire una mano dal finestrino dell'auto di sua madre. La ragazza badava bene a mantenere vivi i rapporti sociali con gran parte delle persone che conosceva, considerando ognuna di esse come un possibile buon contatto per il suo futuro. Non le importava davvero di loro, proprio come sapeva che a loro non interessasse molto di lei. Tutto girava sempre attorno al nome della sua famiglia. Una volta, Fiore le aveva chiesto se pensasse che le cose sarebbero andate diversamente, se sua madre fosse stata ancora viva e suo fratello non fosse fuggito. Lei non aveva saputo come rispondere. Forse perché sapeva che sua madre non fosse molto diversa da suo padre, nonostante possedesse più empatia di lui. Per quanto riguardava suo fratello, preferiva sempre non toccare l'argomento.
Mentre mandava giù l'ultimo morso del suo antipasto, sentì un clacson suonare poco più indietro di lei. Si fermò e osservò un'auto che si accostava al marciapiede, dal finestrino abbassato si affacciò Egle. «Vuoi un passaggio?» le chiese. Sembrava meno stanco di quanto ricordasse e aveva l'aria di essere di buon umore. La ragazza annuì e trotterellò dalla parte del passeggero, sedendosi e allacciando la cintura. «Posso partire?» le chiese ancora.
«Signorsì!» rispose lei, mimando una sottospecie di saluto militare. Non era insolito che l'uomo si fermasse per darle un passaggio, ma le altre volte c'era sempre stato Fiore con lei, quindi rimase abbastanza sorpresa della faccenda. «Dove mi porti, paparino?» azzardò.
Egle non sorrise, né distolse lo sguardo dalla strada. «Ti lascio a casa» rispose seccamente «sei passata da Fir?»
«Mi hai raccattata per chiedermi di lui?» ribatté.
L'uomo mugugnò qualcosa, prima di rispondere «certo che no. È pieno pomeriggio, fa caldo e ci metteresti un'ora per arrivare a casa a piedi».
«Quindi è per contraddire mio padre?» ritentò. L'idea che fosse vero le dava una sorta di soddisfazione. Era proprio il concetto che qualcuno volesse contraddire un uomo influente come suo padre a migliorarle l'umore.
Egle non rispose.
«Vuoi che gli dica che mi hai accompagnata a casa, mentre lui mi avrebbe fatta tornare a piedi?» pensò che forse era l'occasione buona per rivalutare quel tizio.
«No» rispose lui, con la stessa secchezza di poco prima.
A quella risposta, Silene perse completamente l'interesse per il dialogo e lasciò vagare lo sguardo sulla strada. Come aveva immaginato, non avrebbe trovato dei punti di incontro con Egle. L'unica cosa che la consolava era il fatto di essersi risparmiata buona parte del tragitto a piedi. Adesso che era ferma, si rese conto che le scarpe nuove le avevano fatto male ai piedi e che l'uniforme, nonostante fosse quella estiva, fosse troppo pesante. Per un attimo contemplò l'idea di togliere la giacca e il gilet, magari sbottonando la camicetta fino al seno, ma non sapeva come l'uomo avrebbe potuto interpretare il suo gesto. Non si preoccupava di poter essere molestata da lui, sapeva che non fosse il tipo da fare certe cose ed entrambi erano consapevoli che, in una possibile colluttazione, nessuno dei due ne sarebbe uscito illeso. Si trattava di qualcosa di diverso, che riguardava l'opinione già discutibile che Egle aveva nei suoi confronti. Non voleva dargli l'impressione di qualcuno che si prendeva troppe confidenze o che sentisse che tutto le fosse dovuto. Non voleva essere accomunata a suo padre più di quanto già non accadesse.
«Se hai caldo, puoi aprire il finestrino» le disse l'uomo, come se avesse percepito il suo bisogno.
Silene pigiò il pulsante integrato nello sportello e abbassò il vetro, venendo inondata dall'aria fresca prodotta dal movimento dell'automobile. «Perché Fir è in punizione?» chiese distrattamente.
Egle si prese il tempo di effettuare una svolta e di immettersi nella stradina che portava alla villa della famiglia Maigret. «Ha rapito dei gatti e ha tentato di nasconderli in ufficio» rispose infine.
La ragazza si passò una mano sul viso, rassegnata, prima di scuotere la testa e ridacchiare. «Che idiota...»
L'uomo non rispose, fermando l'auto a pochi passi dal cancello bordeaux che delimitava la proprietà privata di una serie di villette, quindi Silene aprì lo sportello, afferrò il suo zainetto e fece per scendere, sentendo una mano che le sfiorava appena una spalla, per fermarla. Quando si voltò di nuovo verso Egle, lo trovò con un'espressione talmente seria da farla preoccupare. «Mi trovavo a passare e ti ho dato un passaggio, tutto qui. Però, se Fiore non è con te, dovresti farti accompagnare da qualcuno. In città ci sono dei movimenti poco chiari e tu sei la figlia di un uomo influente. Cerca di non rimanere da sola, ok?» le disse.
La ragazza rimase sbalordita da quelle parole. Si stava preoccupando per lei? Davvero quell'uomo si era dato la pena di darle un passaggio perché aveva paura che potesse accaderle qualcosa di brutto? Tra tutte le cose che le erano passate per la testa, quella non era rientrata neppure per scherzo tra le opzioni e percepì delle sensazioni contrastanti: incertezza, paura, piacere nel sapere che si fosse interessato a lei. Pensò che forse Fiore aveva ragione quando diceva che Egle era una persona insolita, capace di ignorare gli altri e di preoccuparsene allo stesso tempo. Era una cosa che andava ben oltre la sua comprensione. Lo ringraziò e scese dall'auto, oltrepassando il cancello e dirigendosi verso casa. L'uomo rimase in attesa di vederla entrare, poi ripartì.
Mentre lasciava le scarpe e lo zaino all'entrata, continuò a rimuginare su ciò che era appena successo. Possibile che suo padre non le avesse detto nulla in proposito? Per quanto avesse una bassa considerazione di lui, non credeva che fosse capace di trascurare la sua sicurezza in quel modo. In fondo, lei era l'unico membro della famiglia a essere rimasto in vita e con una valida reputazione, lei gli serviva per garantire la continuità del buon nome dei Maigret. Era l'unica a poter ambire al suo posto nella gerarchia della tana, quando lui si fosse ritirato.
Appese la giacca all'appendiabiti e si diresse in cucina, dove si lavò le mani e andò ad aprire lo sportello del forno. La signora delle pulizie le aveva lasciato le lasagne. Prese il piatto, recuperò una forchetta e si mise a sedere a tavola. In casa, come sempre, regnava il silenzio e non le andava di accendere la TV per avere l'impressione di essere in compagnia. Aveva sempre detestato le bugie.
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