Qualche ora prima.
«Fiore! Svegliati!»
Il ragazzo venne scosso violentemente, destandosi di soprassalto.Silene era accanto a lui, all’erta. Da fuori l’ufficio si sentiva una grandeconfusione, qualcuno stava urlando, ma non riuscì a capire di cosa potessetrattarsi. Era ancora assonnato e l’effetto dell’alcol non era svanito deltutto, ogni tonfo gli risuonava nelle orecchie come un boato. «Cos’è?» lechiese.
All’ennesimo rumore, la ragazza balzò in piedi e andò ad afferrare lasua uniforme scolastica, cominciando a rivestirsi. «Non ne ho idea, quando misono svegliata era già così. Non so se abbiano suonato la sirena» la sua voceera colma di paura. Se fossero stati sotto attacco, la sirena non avrebbesmesso di suonare, lo sapevano entrambi, ma se fossero stati assediati qualcunoavrebbe anche potuto disattivarla.
Anche Fiore si alzò e si avvicinò alla porta, cercando di capirequanto distassero i rumori dalla loro postazione. Raphael gli aveva insegnatocome fare, pur non possedendo il suo udito da canelupo. Appena si accostò albattente di ferro, però, questo venne spalancato, colpendolo in pieno efacendolo cadere a terra con un lamento di dolore. Silene lasciò cadere lacamicetta che stava per indossare e si volse in direzione della porta,raccogliendo in bocca il liquido viscoso prodotto dalle ghiandole che avevapoco più avanti delle sue tonsille, pronta a sputarlo contro un possibilenemico. Si fermò appena in tempo; a entrare fu un uomo con una tuta bianca chelo copriva da capo a piedi, in faccia portava una maschera antigas e degliocchialini isolanti e sulle spalle aveva una bombola di metallo dalla qualespuntava un bocchettone. Quando si rese conto di essere sotto attacco, sollevole mani e mise in mostra il cartellino che aveva sul fianco e che attestava chefacesse parte del reparto di tossicologia. A quel punto, la ragazza inghiottìla sostanza che aveva in bocca e si sentì più tranquilla.
«Signorina Maigret, deve venire con me» le disse l’uomo, con la voceovattata dalle protezioni che indossava. In quel momento, Fiore emise unsecondo lamento mentre si tirava su e l’uomo parve imbarazzato. Probabilmenteaveva pensato che si fossero appartati per fare chissà ché.
«Cosa sta succedendo?» chiese lei.
«C’è stato un attacco nel livello delle celle, abbiamo l’ordine disanificare l’edificio e chiunque vi sia al suo interno» le rispose l’uomo.
La ragazza andò ad aiutare il suo amico e non fece altre domande, nonsi preoccupò neppure di finire di vestirsi, tanto avrebbe dovuto spogliarsi dinuovo di lì a poco. Suo padre le aveva fatto studiare tutti i possibiliprotocolli di sicurezza ed era consapevole di ciò che sarebbe successo.Seguirono l’uomo fuori dall’ufficio e quello che videro li lasciò senza parole:tutte le porte erano state spalancate di forza dall’esterno. Le serrature eranostate fatte esplodere, mentre i segretari e gli impiegati di ogni gradovenivano trascinati fuori, palesemente sotto shock. Entrambi compresero che iltrattamento meno cruento riservato a loro due dipendeva dal fatto che Silenefosse la figlia del Consigliere.
Vennero condotti al piano terra, nell’atrio d’ingresso, dove eranostate allestite delle tende enormi dalle quali spuntavano dei tubi. Alcuni diessi erano collegati a dei grossi serbatoi, mentre altri erano stati collegatiai condotti di areazione. Tutto attorno erano stati raggruppati coloro che sierano trovati nella tana. Non erano in molti, la maggior parte di loro erafuori per le ronde, ma quelli che c’erano avevano tutti l’aria confusa espaventata. La ragazza si avvicinò a Fiore, prendendolo per mano. Entrambierano scossi da un lieve tremore. Dalle tende uscirono altri addetti in tutabianca e fecero un cenno a quelli che erano rimasti fuori. «Prego, signorina.Lei e il suo amico sarete i primi, entrate nelle due tende in fondo a sinistrae gettate fuori i vestiti, al resto penseremo noi» disse l’uomo che li avevaprelevati.
I due ragazzi raggiunsero lo spazio che era stato loro indicato e sidivisero nel momento in cui dovettero entrare nelle due tende. Fiore, alcontrario di Silene, non sapeva cosa sarebbe accaduto di lì a poco e non silamentò del fatto che dovesse spogliarsi. La sua amica non si era lamentata,quindi per lui poteva andare bene. Quando ebbe fatto, raccolse tutto, scarpeincluse, e li gettò fuori dalla tenda. In quel momento, uno degli uomini intuta chiuse la cerniera dei lembi dai quali lo avevano fatto entrare e gliordinò di posizionarsi al centro dello spazio delimitato, proprio sotto ungrosso doccione di metallo collegato a due tubi. Lui seguì l’indicazione erimase in attesa. Sentì qualcosa cadergli sulla spalla sinistra e vi portò unamano per capire di cosa si trattasse, sentendosi gelare nel comprendere che fosseacqua. Dalla tenda accanto, quella nella quale era entrata la sua amica, sentìarrivare un rumore simile a quello di un ferro da stiro che getta il vapore.Ebbe appena il tempo di realizzare cosa sarebbe successo, che anche daldoccione che aveva sulla testa esplose un potente getto di vapore caldo. Nonera bollente, ma sapeva che tra non molto avrebbe avuto la sensazione di esserebruciato vivo. Resistette per qualche minuto che a lui parve interminabile,prima di rannicchiarsi su sé stesso, finendo in finocchio sulla plastica cheera stata stesa anche sul pavimento. Le goccioline d’acqua vaporizzata che glistavano ricadendo addosso stavano ustionando la sua pelle e lui non sarebbepotuto uscire fino a quando non avessero chiuso l’erogatore. Quando sentì dinon potere più sopportare quel contatto, urlò. Nessuno si avvicinò alla suatenda, né accennarono a fermare la procedura, e lui rimase a contorcersi per ildolore, credendo che sarebbe morto con estrema lentezza. Non era mai stato acontatto con l’acqua per più di dieci minuti, quello era il lasso di tempo chedelimitava il suo grado di tolleranza a quella sostanza, l’unica che lui nonaveva mai osato manipolare. A un certo punto ebbe persino l’impulso di usare ilsuo potenziale e aprirsi un varco attraverso la tenda. Sarebbe persino potutofuggire con facilità dall’edificio, manipolandone le pareti. A fermarlo fu lapaura di mostrare cosa sapeva fare. Manipolare le mura della tana non era comefarlo con una vetrina, si trattava di elementi completamente diversi, avrebbedi sicuro attirato l’attenzione di tutti coloro che lo circondavano. E se cifosse stato anche il Consigliere, sarebbe stato un guaio per lui e forse ancheper Egle e Raphael, che lo avevano tenuto nascosto. Ricadde sul fianco destro, ancorarannicchiato, mentre sentiva il suo corpo che tremava e cominciava ad emetterelui stesso del vapore. Non riusciva più a respirare con facilità, sentendo lapelle dello sterno che tirava ogni volta che i polmoni si espandevano e la suacassa toracica tentava di fare loro spazio. Poco dopo, proprio come eracominciato, il getto venne interrotto e il vapore venne aspirato dallo stessodoccione dal quale era uscito. Se solo avesse potuto, avrebbe tirato un respirodi sollievo.
Quando la cerniera della tenda venne aperta, due uomini siaffacciarono all’interno e gli gettarono contro una tuta bianca simile allaloro, della scarpe bianche e un sacchetto che conteneva qualcosa che il ragazzonon riuscì a identificare. Non si preoccuparono minimamente del fatto che fossedisteso a terra e che la sua pelle fosse chiazzata di rosso, ma lui, in uncerto senso, sentì di essere abituato a quel tipo di trattamento. Si trascinò afatica, ripetendosi che avrebbe potuto farcela anche quella volta, e si infilòla tuta e le scarpe, poi aprì il sacchetto e ne estrasse una mascherina e unpaio di occhiali isolanti. Uscì sentendo che sarebbe potuto ricadere a terra daun momento all’altro e fu sollevato nel trovare Silene che lo stava aspettando.La ragazza gli corse incontro e lo sostenne, mentre uno degli addetti indicavaloro un percorso che portava all’esterno. Mentre lo seguivano, Fiore vide degliuomini che trascinavano dei corpi su per le scale che portavano alle celle,posizionandoli su dei teli bordati con delle cerniere. Seppure fosserodistanti, riuscì a riconoscerne uno: era Stramonium! Non aveva dubbi, eraproprio lui! Si bloccò e si staccò da Silene per muovere qualche passo nelladirezione del corpo, venendo bloccato da tre uomini in tuta bianca. Guardandotra gli spazi lasciati liberi dalle tute bianche, vide il busto scopertodell’uomo e la sua pelle traslucida che era quasi completamente coperta da unalone giallo intenso. Subito dopo si sentì trascinare via e si lasciò guidaredalla sua amica.
Sbucarono fuori da un’uscita di sicurezza, dalla quale poteronointravedere una calca di giornalisti e forze dell’ordine che tentavano diraggiungere l’entrata principale. Conciati in quello stato, non avrebberopotuto riconoscere la figlia del Consigliere Maigret, ma decisero comunque diincamminarsi per raggiungere un posto sicuro dove fermarsi. Fiore aveva bisognodi riprendersi e di asciugarsi al più presto possibile, il suo corpo nonavrebbe retto ancora a lungo il dolore che stava provando. «Ti porto a casa mia,prendiamo un autobus» propose lei, preoccupata per il suo amico. Se anche suopadre fosse venuto a saperlo, avrebbe trovato una scusa per limitare la suapunizione.
«No, portami da Egle» le disse lui. Casa sua era decisamente piùvicina di quella dei Maigret e avrebbero potuto raggiungerla a piedi nellostesso lasso di tempo che avrebbero impiegato ad arrivare alla villa prendendoi mezzi pubblici.
La ragazza provò a protestare, ma lui non gliene diede modo,cominciando a trascinarsi a fatica nella direzione che aveva scelto. Tutte legiunture, dove la pelle sfregava, sembravano ardere. La stessa cosa, anche secon minore intensità, accadeva nei punti in cui la tuta aveva aderitomaggiormente. I capelli, essendo corti e a contatto con l’aria, avevano giàcominciato ad asciugarsi. Per sua fortuna, il temporale era passato e le nuvoleavevano lasciato spazio ai raggi del sole, nonostante fosse tardo pomeriggio.Durante tutto il tragitto non dissero una sola parola e Fiore congedò Sileneappena raggiunsero il portone del palazzo nel quale abitavano i suoi amici. Leiattese di vederlo entrare nell’ascensore e lo salutò, raccomandandosi ditelefonarle a casa per farle sapere come stesse, visto che i loro telefonierano rimasti nel suo ufficio e che probabilmente non li avrebbero più rivisti.
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