Una volta sul veicolo, il silenzio si fece ancor più pesante. Alex guidava tenendo gli occhi ostinatamente ancorati all’orizzonte e Craig faceva vagare distrattamente lo sguardo fuori dal finestrino, intento a scacciare la sensazione di tristezza che aveva provato pochi attimi prima e che gli si era incollata addosso suo malgrado. Avevano superato una manciata di cottages, poi non avevano più incontrato segni di civiltà: le uniche forme di vita erano le pecore che brucavano l’erba sul ciglio della strada, oppure cavalli che galoppavano liberi sulla scogliera o stormi di gabbiani che volteggiavano sopra le loro teste. La strada era sconnessa, cosparsa di buche: spesso Craig si doveva aggrappare alla maniglia della portiera per non sbattere la testa contro il tettuccio a causa di qualche salto. Il sole era sorto ma restava nascosto dietro una coltre di nubi grigiastre; il paesaggio era monotono e affascinante al tempo stesso: più andavano verso nord e più i colori si facevano netti, cupi... A tratti, perfino, sembravano pennellate di un dipinto di Constable.
La tristezza era man mano scivolata via, lasciando dietro di sé soltanto un lieve strascico che Craig si impegnò a ignorare; gli era stato d’aiuto anche il piacevole torpore che lo aveva pervaso da quando si erano inoltrati in quel territorio selvaggio. Ormai erano in viaggio da almeno un’ora e secondo i suoi calcoli il cottage in cui aveva vissuto doveva esser vicino. Si fece più attento, scandagliando i dintorni in cerca di un qualsiasi particolare che potesse essergli familiare; Alex aveva rallentato e poi svoltato in un sentiero secondario addentrandosi in un bosco; fu in quel momento che Craig provò una sorta di vertigine: ecco, quel posto, quella strada, sapevano di casa. Era una sensazione intensa al punto di stordirlo e renderlo incapace di capire se fosse piacevole o meno. «Fermati. Voglio andare a piedi» si voltò a guardare Alex. Sentiva il bisogno di immergersi in quella realtà, di respirarla, toccarla. Al tempo stesso provava qualcosa di molto simile al timore, al pensiero di arrivare troppo in fretta alla meta. Non era preparato e la cosa che lo preoccupava di più era che non si aspettava che gli avrebbe fatto quell’effetto.
Alex lo guardò con la coda dell’occhio, la fronte aggrottata «Qualcosa non va?» gli chiese, rallentando fino a fermarsi sul ciglio della strada; spense il motore e Craig slacciò la cintura, aprendo la portiera subito dopo «è solo che ho bisogno di sgranchirmi un po’» mentì. Non aveva intenzione di confidargli quello che provava in quel momento: non era da lui parlare dei propri sentimenti, tanto meno con degli sconosciuti «Se hai altro da fare, vai pure. Io posso cavarmela» aggiunse, guardando il pompiere mentre richiudeva la portiera del pick up; ma Alex scese a propria volta «questi sentieri sono pericolosi. Preferisco accompagnarti piuttosto che doverti recuperare quando ti sarai perso» Craig sbuffò un sorriso sollevando le sopracciglia e gonfiando il petto «Sono stato in luoghi molto più pericolosi di questo e sono sempre riuscito a tornare alla base. Ho un buon senso dell’orientamento e so badare a me stesso» «Qui è diverso. Muoviti, andiamo» insistette l’altro ostinatamente, incamminandosi lungo il sentiero «e fai attenzione a dove metti i piedi.» con un altro sbuffo, Craig lo raggiunse e affiancò.
«Perché diverso?» tornò alla carica, curioso e desideroso di rompere il silenzio che li aveva accompagnati per l’intero tragitto «Questo bosco è maledetto» Craig si girò a guardare Alex con un sorriso divertito «Non dire cazzate...» ma il sorriso gli si spense sulle labbra quando vide che l’altro aveva un’espressione serissima. Se stava scherzando, era bravissimo a fingere il contrario «Mi stai dicendo che credi davvero in queste cose?» gli chiese, incredulo «Perché, tu no?» rispose l’altro, senza ricambiare la sua occhiata. «Ovviamente no. Le leggende dei boschi maledetti di solito vengono inventate per tenere lontani i bambini dai pericoli, o cose così.» si strinse nelle spalle e Alex fece altrettanto.
Camminarono per qualche minuto in silenzio, uno accanto all’altro; la boscaglia si era fatta più fitta, tanto da impedire alla luce del sole di filtrare tra i rami; alcuni refoli di vento, smuovendo le foglie, producevano un suono simile a un mormorio incomprensibile e soffuso. Sicuramente quel luogo era inquietante e Craig non stentava a credere che gli abitanti del posto vi avessero ricamato sopra storie di spiriti maligni e chissà che altro. La curiosità ebbe la meglio e decise di volerne sapere di più «Sentiamo. Perché sarebbe maledetto?» Alex non rispose subito: era intento a guardarsi intorno, a controllare dove metteva i piedi «Si dice che le fate che lo abitano rapiscano gli umani per portarli nel loro regno dove le vittime dimenticano ogni cosa. A quel punto le fate si nutrono della loro energia, li prosciugano fino a ucciderli. Quindi diffida di ogni creatura eccessivamente amichevole, se dovessi trovarti da queste parti da solo.» Craig scoppiò a ridere, ma la risata gli morì in gola pochi attimi dopo: guardando Alex si rese conto che il pompiere gli stava rivolgendo uno sguardo intenso, strano e indecifrabile, che gli fece provare un certo disagio. «Stai parlando sul serio?» gli chiese, incredulo; ma l’altro aveva allungato il passo, lasciandolo indietro.
«Aspetta...» lo seguì, arrancando perché Alex si era allontanato dal sentiero e ora stavano camminando in mezzo alla boscaglia più fitta «Non ti sarai offeso? Ma scusa, mi stai raccontando una cosa incredibile, come puoi pensare che… » si zittì: la vegetazione si era diradata e Alex lo attendeva al limitare di una radura al centro della quale si ergeva un cottage in pietra apparentemente disabitato. Craig avanzò di qualche passo, con lo sguardo piantato su quella costruzione e il cuore in tumulto che gli martellava nelle orecchie.
Si trattava di una casa non troppo grande, quasi interamente ricoperta di un qualche rampicante cui non avrebbe saputo dare un nome; un edificio antico e composto di un solo piano, col tetto in ardesia; la porta e le tre finestre della facciata erano in buono stato e libere dalla vegetazione. Non riusciva a afferrare un singolo ricordo preciso di quel luogo, eppure al tempo stesso dentro di sé sapeva che quella era casa sua, quella in cui era cresciuto.
Si voltò a guardare di nuovo Alex, indeciso se chiedergli o meno notizie su quel luogo; sorprese il pompiere a fissarlo di nuovo con quell’espressione strana, che però sparì immediatamente dal suo volto non appena i loro sguardi si incontrarono, lasciando il posto alla solita imperscrutabilità «Tutto ok?» gli chiese il pompiere. Craig annuì e tornò a fissare la costruzione cercando di fare ordine in quel tumulto di pensieri e emozioni che lo avevano assalito. Non gli piaceva l’immobilità: lui era un uomo d’azione; tuttavia, c’era qualcosa che lo frenava e lo inchiodava al limitare di quella radura, quasi avesse temuto che fare anche soltanto un passo in più sarebbe stato l’errore più grande della propria vita. D’altro canto, era arrivato fin lì con lo scopo di recuperare i propri ricordi e per lo stesso motivo si era prefissato come prima cosa di andare a vedere quel posto. Andarsene non avrebbe avuto alcun senso.
«Questa casa… Sai di chi è?» Alex si strinse nelle spalle senza rispondergli e Craig osservò meglio l’edificio, muovendo finalmente qualche passo verso di esso; sembrava una casa di campagna come tante altre e da qualche piccolo indizio - fiori freschi sui davanzali, il prato ben curato - sembrava perfino abitata «Ci abita qualcuno?» chiese ancora, tornando a rivolgere lo sguardo al proprio accompagnatore il quale nel frattempo lo aveva affiancato «Non proprio...» il pompiere appariva teso e sulla difensiva e Craig era sul punto di afferrarlo per le spalle, scuoterlo fino a costringerlo a parlare, esasperato da quelle mezze risposte e da tutti gli interrogativi che generavano, ma la porta si spalancò distogliendolo dal proprio intento.
Comments (0)
See all