Craig aveva ancora molti interrogativi da risolvere, ma lo stufato era talmente buono che decise di seguire il consiglio di Maude e dedicarsi interamente al pasto. Mentre mangiava, osservò la donna intenta a preparare uno strano intruglio dal colore rossastro; persisteva in lui la sensazione di vivere qualcosa che già conosceva, ma al tempo stesso non riusciva a afferrare un ricordo preciso, netto e definito, che lo aiutasse a far chiarezza; e siccome non era molto paziente, quella situazione gli faceva rabbia e lo confondeva, spingendolo a tornare a pensare che si trattasse di una marea di assurdità e niente più. Tuttavia, se provava a convincersi che fosse così il Vortex sulla propria mano sembrava volergli ricordare della propria esistenza, prender vita e richiamare la sua attenzione con un leggero pizzicorio; era successo anche quando quella mattina aveva litigato con Alex, nella casa in cui avevano incontrato Murdo, solo che non vi aveva fatto troppo caso, intento com’era a discutere con il pompiere.
«Ecco, ti ho preparato una specialità della nostra gente» Maude interruppe i suoi pensieri portandogli una tazza ricolma di quel liquido rubino che aveva preparato mentre lui mangiava. «Quando eri bambino chiedevi sempre di poterlo bere e non ti era permesso perché eri troppo piccolo. Ma ora...» la ragazza ammiccò e tornò a sedersi al suo fianco, al tavolo. Craig prese la tazza calda tra le mani, inalò l’odore che emanava la bevanda; sapeva di bosco. «Cos’è?» «Semplicissimo Mulled Wine. Vino cotto e speziato.» Craig bevve un sorso, scoprendo di apprezzare quel sapore dolce e pungente allo stesso tempo. «C’è una cosa che non capisco.» esordì, abbassando la tazza e tornando a guardare la donna «Sapevate che ero in America e siete rimasti in contatto con Pratt. Perché né lui mi ha mai detto nulla, né voi avete mai cercato di contattarmi?» Maude non fece in tempo a rispondere che la porta della cucina si spalancò rumorosamente e altrettanto rumorosamente un ragazzino di circa vent’anni tutto pelle, ossa e capelli - ne aveva tantissimi, corvini, sparati in mille direzioni - fece il suo ingresso correndo nella cucina «Sono sveglie! Camminano di giorno!» sembrava uno spaventapasseri, con abiti che gli stavano più grandi di almeno una taglia o due, i piedi scalzi e gli occhi verdi enormi che sembravano sul punto di uscire dalle orbite. Quando si accorse di Craig, si fermò di colpo a mezzo metro di distanza da lui, si zittì e inclinò il capo di lato piantandogli addosso uno sguardo dapprima stralunato, poi curioso. Aveva le movenze di un animaletto iperattivo, come uno scoiattolo o un topo; Craig si aspettava che da un momento all'altro iniziasse anche a annusarlo, aveva tutta l'aria di esser il tipo da fare qualcosa del genere. Ricambiò la sua occhiata in silenzio, con un'espressione truce, preso contropiede dal suo atteggiamento particolare; un secondo dopo il ragazzino sorrise, per nulla intimorito, mostrando una fila di denti bianchissimi.
«Sweeney, dove hai lasciato le scarpe?» Maude non si era scomposta; probabilmente era abituata alle stranezze di quel ragazzo. «Oh… Eh. Le ho tolte da qualche parte.» il giovane si passò la mano nel cespuglio di capelli e si strinse nelle spalle senza smettere di guardare Craig «Tu sei Lui! Allora è vero che sei tornato.» «Così dicono… E tu chi saresti?» Sweeney non lo ascoltava già più: aveva adocchiato una mela sul banco della cucina e si era fiondato a afferrarla, andando a sedersi con un balzo accanto ai fornelli, con le gambe penzoloni. «Sweeney...» Maude sospirò e dopo aver lanciato un’occhiata di rimprovero al ragazzo, tornò a guardare Craig «Scusa. È un terremoto. Lui è mio figlio» «Tuo figlio?» «Mi ha adottato. I miei genitori mi hanno abbandonato alla sua porta quando ero appena nato.» puntualizzò tranquillamente l’altro dando un morso vorace alla mela, masticando rumorosamente e facendo dondolare le gambe nel vuoto. «Sto imparando da lei e presto sarò anche io un Guaritore.» aggiunse con determinazione. «Sì, quando imparerai a concentrarti un po’ di più su quello che fai...» mormorò la donna con un lieve sorriso.
Craig era silenzioso, frastornato dall’ennesima novità. Maude si sistemò sulla sedia di modo da poter guardare sia lui che Sweeney e a quest ultimo rivolse l’attenzione, ritornando al motivo per cui avesse fatto irruzione nella stanza a quel modo «Cosa stavi dicendo quando sei entrato?» «Mh? Ah. Sì. Sono sveglie. Le ho viste. Le Ombre. È strano, di solito di giorno non si fanno vedere. Ma erano lì, davanti ai miei occhi. Mi sono nascosto e poi sono corso qui.» «Dove le hai viste?» il tono della donna era paziente, ma si avvertiva una punta di tensione in esso anche se palesemente Maude cercava di non farlo trapelare. «Al faro. C’era anche Alex. Lui è rimasto lì.» Craig rizzò la schiena sulla sedia e anche la donna si fece più attenta «Era solo?» «No, c’ero io con lui.» «Sì, ma tu ora sei qui.» «Lui mi ha detto di scappare e di dirti di mettere al sicuro Craig» «Oltre a voi due e alle Ombre, non c’era nessun altro?» il ragazzo scosse il capo «No, c’eravamo solo noi.»
Maude si alzò in piedi; era preoccupata, ma il suo tono era ancora calmo, fermo «D’accordo. Vai a chiamare zio Gal e portalo qui.» Sweeney annuì e discese dal pianale della cucina correndo fuori. «Appena arriva mio fratello, vado con lui a cercare Alex. Tu faresti meglio a restare qui. Io…» Craig scosse il capo «Vengo con voi.» non gli piaceva l’idea che qualcuno decidesse per lui, tanto meno se questo qualcuno era Alex. «No, non credo sia il caso… Non è sicuro. Hai sentito cosa ha detto Alex?» «Appunto. Devo dirgli due parole sul fatto che non mi piace che decida cosa devo fare.» Craig fece un sorrisetto affilato, nascondendo dietro di esso la tensione. «Me la caverò. Sono stato nei Marines. E poi ...Sono un guerriero, giusto?» la donna lo guardò indecisa per qualche istante. Infine annuì, afferrando la giacca a vento e uno zaino «Voi ragazzi mi farete impazzire. Ho smesso di cercare di farvi ragionare molti anni fa.»
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