«Mio master… mio master… perché mi fai questo? Io non ci volevo andare con quel pezzo di…»
«Alucard!»
«Copione di un maggiordomo. “Io sono un maggiordomo perfetto, gna gna gna”» disse il vampiro, facendo una vocetta stridula « “Vero, boccino?” Manco fossimo ai campionati di Quidditch!» ringhiò, rabbioso.
«Alucard, Alucard, sai perché l’ho fatto, vero?»
«L’Hellsing è a corto di fondi?» disse, usando una voce dolce e ingenua che strideva in modo fin troppo evidente con il suo aspetto.
«No, Alucard. Ti sei schiantato con il mio preziosissimo caccia contro una portaerei. E io questa non te la perdono. Oh, no. È un modo per scusarti. Vero?» i suoi occhi si ridussero a fessure.
«Giusto, Master» il vampiro chinò la testa, dispiaciuto «Sorry»
«Bene. Fai in modo di vincere. Search and destroy!» urlò all’improvviso il Boss
«Cosa?Posso davvero distruggere quel maggiordomo di …»
«Alucard …»
«… Cavolobroccolo? È fantastico!»
«No, Alucard. L’ho detto tanto per. E ora vai»
«O. K. Master, no problem» e detto questo si girò e a passi ritmici imboccò l’uscita.
La donna sorrise compiaciuta. E, si, perché il “Master” era una donna. Avrebbe dovuto chiamarsi Mistress, lo sappiamo tutti, ma la chiamavano master comunque.
Certo, da quand’era piccola era sempre stata un pò … ehm … mascolina, ma Integra non sembra un nome molto maschile, vi pare?
E in effetti era questo che era la donna. Integra. Decisa. D’acciaio. E, soprattutto, imbattibile. I giochi da tavola erano la sua specialità, la lotta era la sua specialità, le gare a chi mangiava di più erano la sua specialità, qualunque cosa era la sua specialità.
E la cosa più “specialità” di tutte era umiliare la gente dopo averla battuta. Cose come farla vestire per una settimana da camerierine francesi, o ciò che le faceva arrabbiare tanto da piangere.
Quindi, la cosa che sapeva fare meglio era vincere.
Aveva i capelli lunghi (con una pettinatura impossibile da descrivere sulla fronte) di un biondo scuro, che le ricadevano morbidamente sulle spalle fin troppo larghe, da lottatrice di wrestling o praticatrice di sport estremi (cosa che, come le altre, era la sua specialità). Il corpo era snello ma muscoloso, cosa che faceva pensare che un suo pugno avrebbe fatto qualche offesa non indifferente alla tua faccia.
Portava occhiali, di quelli tondi senza speciali montature, quelli che oggi come oggi sono stati sostituiti dagli occhialoni a mandorla con una montatura bianca spessa nove metri e le lenti da vista, nere, quelli con cui non ci vedi un fico secco. Le lenti di questi occhiali che non si trovano al giorno d’oggi celavano i suoi occhi, di un blu intenso, penetranti e con la possibilità di piegarti automaticamente al volere di quella donna.
Aveva un fazzoletto al collo, blu, con sopra appuntata una lucente croce dorata. E meno male che lei era la donna e portava il fazzoletto blu, e Alucard l’uomo e portava il fiocco rosso… Il resto era una divisa monocromatica, di uno stranissimo… blu.
Era, leggermente, un pò blu.
Si girò, soddisfatta, e ricominciò a scarabocchiare alcune scartoffie puzzolenti, di quelle scartoffie puzzolenti che al giorno d’oggi nessuno scarabocchia più.
Era un tipo strano, Integra Farburke Wingates Hellsing, non vi pare?
Ah, cosa più importante: era il Boss dei Boss.
Fuori nel corridoio, Alucard fu assalito da un vortice che scaraventò con perizia ogni singolo oggetto sul pavimento, un vortice leggermente giallino con occhi (e anche altro) troppo grandi.
«MASTAHH!»
«Eccola» si rassegnò Alucard, mentre il maggiordomo cornuto di turno, Walter Cam Dorneaz, (eh, si, in questa casa nessuno aveva dei nomi normali) era ugualmente rassegnato e raccoglieva le cose in frantumi a terra. Il suo volto si illuminò quando trovò qualcosa (un piatto) di non ancora in pezzi, ma la ragazza (perché il vortice era una ragazza) tornò indietro e lo calpestò con cura, poi si guardò intorno, con sguardo spaesato, e ritornò urlando da Alucard
«Mastah!» la ragazza non riusciva a dire parole come “mio signore”, “master”, “maestro”, o altro. Il suo era il linguaggio “Mastahese”.
«Si, police girl?»
«L’altra volta mi avevi chiamato Seras!» urlò, indignata, aggiungendo subito dopo un lunghissimo “Mastaaahh!”.
Alucard sospirò, rassegnato, e si strinse nelle spalle. Faceva uno strano effetto su uno come lui. Guardò la ragazza che aveva davanti e si chiese come avesse potuto essere tanto idiota da scegliere una altrettanto idiota da vampirizzare. Lei, al tempo del suo “passaggio alle tenebre”, aveva solo diciannove anni, capelli biondi sparati in tutte le direzioni e due enormi occhi azzurrini che non erano la sola cosa enorme in lei. Chiariamo subito che la cosa enorme non era la sua altezza, perché arrivava si e no al fianco di Alucard con la testa. Non era neanche grassa. Cosa aveva di enorme, allora, di gigantesco, di …
“Questa ha due airbag davanti. Sul serio. E fanno solo danno, con questi ci colpisce i piatti di ceramica in giro per casa e frantuma le porte delle camere” Pensò Alucard, poi si passò una mano sul volto pallido
«Seras, fintantoché sarai solo una molesta rompi …»
«Mastah! Non si dicono le parolacce!»
« … piatti, per me non sarai altro che una police girl. Non meriti di essere chiamata con il tuo nome, mero agente di polizia»
«Giochiamo a guardie e ladri?»
«A … a guardie e ladri?» Alucard digrignò i denti ancora di più di come era possibile con la sua paralisi facciale di tutti i giorni «Il fatto che tu sia una poliziotta non significa che anche questa volta farai la guardia»
«Come no, Mastah? Io faccio sempre la guardia, Mastah!»
«Lasciamo perdere … dov’è Walter? Dov’è il mio chiccolino di ribes?».
Walter Cam Dorneaz aveva ottant’anni, ma era diventato ufficialmente il “chiccolino di ribes” della casa per via dell’aspetto che aveva quando era molto giovane, tenero e con i capelli scuri e lucidi che somigliavano, per l’appunto, al colore della superficie di una bacca di ribes.
Il maggiordomo spuntò da dietro una libreria, con una faccia tanto triste che sembrava sul punto di staccarsi e spiaccicarsi a terra con un sonoro “splaf”. Non sembrava avere ottant’anni, visto che aveva la faccia tirata, due grandi occhioni azzurri con folte ciglia nere e un fisico da modello indossatore di costumi.
«Sei di nuovo bambino?» Chiese Alucard, indicandolo
«Non sono “bambino”, sono solo giovane»
«Quando la smetterai di regredire? Ormai avrai ottantacinque anni e hai ancora l’altezza di un bonsai … chiccolino di ribes …»
«Non chiamarmi con quello stupido nomignolo!» Walter serrò i pugni con rabbia finché le nocche non gli diventarono bianche «Se lo fai ancora giuro che …»
«Che cosa, mio dolce, piccolo, edibile, chiccolino di ribes? Mi ucciderai?» sollevò le mani come per schermarsi da dei colpi «Oh, che paura, chiccolino di ribes mi assale! Non vorrai mangiarmi!»
«Alucard» Walter aveva il volto annoiato «Sei patetico quando fai così»
«Ah. Beh, senza dubbio, mio piccolo ribes, litigare non ci aiuterà a vincere. Ricordati che adesso viviamo insieme con quei … con quei … mostri di casa Phantomhive. Perciò dobbiamo essere uniti, molto uniti, appiccicati, quasi uno dentro l’altro»
«Alucard, ma ti rendi conto di quello che dici?» Walter, come al solito, cercò di correggere il linguaggio troppo enfatico del vampiro di casa con parole leggermente più consone a quelle del rango di servo della nobile famiglia Hellsing «Non siamo mica scatole cinesi»
«Cosa?»
«Hai detto che dobbiamo stare uno dentro l’altro»
«Sii!»
«Maastah!» gridò Seras, cercando invano di fermare il gigantesco vampiro
«Sii!» proseguì Alucard, con gli occhi rossi spalancati che brillavano nell’oscurità come due fari «Voglio entrare con le zanne nel tuo collo, voglio bucare la tua pelle e le tue vene, sentire il sapore del tuo sangue!»
«Sarà solo succo di ribes» sdrammatizzò Walter, in realtà piuttosto terrorizzato «Niente di che»
«Uhm» Alucard tornò in un istante normale, se normale si può definire il fatto che non riuscisse mai a chiudere del tutto la bocca avendo come risultato di mostrare i denti affilati come se sogghignasse ogni singolo istante della sua vita «Beh, e considerando che dobbiamo essere molto uniti, non sarà bello se ti ammazzo prima dell’alba»
«Oh, questo è senza dubbio un punto a mio favore» Walter si accarezzò il mento completamente glabro «Ma, di grazia, potrei sapere perché partecipiamo a questo reality?»
«Per la somma, eccelsa, volontà del Master Integra Farburke Wingates Hellsing»
«Ah» dissero all’unisono Seras e Walter.
Perché gli ordini del master non si discutono, era ovvio come è ovvia la morte, come è ovvio che nelle vene di Walter non scorreva succo di ribes o che Seras non era una ragazza poco rumorosa. Voi disobbedireste se fosse Dio a ordinarvelo?
Il master dell’Hellsing era la sua coesione, il suo fulcro, e mai nessuno avrebbe osato disobbedire, perlomeno non se ci teneva a non essere umiliato pubblicamente fino alle lacrime e bollato a vita come il debole, il perdente, il traditore. Integra era la forza del gruppo e il leader, sarebbe stata lei a tenere uniti quei tre strani soggetti fino alla fine del reality, quando il migliore, e solo il migliore, avrebbe vinto.
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