Mentre gli umani si ritiravano nelle loro stanze per dormire, la notte calava ed iniziava il periodo in cui erano le creature demoniache a farla da padrone. Il momento di Sebastian, certo, ma anche di Alucard e di Seras.
Questi ultimi camminavano per il corridoio del piano superiore. Alucard era ancora schiumante di rabbia, Seras saltellava con i capelli sparati che saltavano insieme a lei (e non solo).
All’improvviso spalancò gli occhi rossi e lanciò un acuto e lunghissimo «MASTAAAHH!» e si voltò verso il suddetto, provocando la caduta di un mobile e il gemito di Walter nella stanza vicina
«Cos’hai, Police Girl?»
«Seras» corresse automaticamente lei «Ho un impegno urgente, Mastah!»
«Ma mi avevi promesso che giocavamo insieme!»
«Non posso, Mastah, è urgentissimo!»
«Va bene» sbuffò «Di che si tratta?»
«Di un impegno» disse, guardandolo con incredulità, come se fosse strano che il suo Mastah non afferrasse subito ciò che doveva fare
«Cosa? Così ti aiuto»
«Noooo!» Seras levò la mani a palmo aperto contrò il Master, come a dire “Stop!” «Non puoi, Mastah!»
«Perché?»
«Perché no» la Police Girl iniziò a indietreggiare «Perché no … significa perché no, perché no, perché no perché no … perché no, perché no, perché no … perché no, perché no perché no … perché no» disse titubante, poi abbozzò un saluto alzando velocemente la mano e sorridendo imbarazzata. Poi la vampira svanì nei corridoi bui. Alucard si grattò una tempia. Scrollò le spalle e sbadigliò, poi si voltò e cominciò a camminare, anzi a caracollare dall’altro lato.
Nel frattempo, Sebastian stava vegliando sul suo Bocchan. Era divertente. In realtà, a insaputa del suddetto, parlava nel sonno e diceva un mucchio di cose che nella realtà non avrebbe, quasi sempre, mai detto. Una specie di modo di liberarsi, per lui, ma per Sebastian uno spettacolino divertente, seppure lui si limitasse a sorridere sdentatamente. No, non stentatamente, proprio sdentatamente.
Osservava con divertita premura il suo piccolo padroncino che si agitava nell’enorme letto matrimoniale a baldacchino, munito di tende bianche con lenzuola bianche e materasso bianco. Invece, Ciel aveva un pigiamino morbido azzurro chiaro con la sua faccia gigantesca chibi stampata davanti e dietro il Totengrammaton, il simbolo del patto stipulato fra lui e Sebastian.
Il maggiordomo stava seduto su una semplice sedia accanto al letto.
«Ti voglio bene!» continuava a urlare a squarciagola il conte, con il viso tondeggiante dalla tipica espressione “X3” «Lizzieee!»
Sebastian rise argentinamente a bassa voce, incapace di ridacchiare.
All’improvviso il piccolo Phantomhive abbracciò il cuscino e assunse un’aria seria «Sebastian. Ti ordino di prepararmi il thè, ora!» e detto questo stese il braccio tirando un pugno micidiale in bocca a Sebastian che, se non avesse avuto i denti per fatti suoi, li avrebbe persi o avrebbe rischiato di fare male alla manina delicata del suo teinomane Bocchan.
Sebastian si ritrasse con gli occhi spalancati, temendo di aver svegliato il signorino. Era solo colpa sua se Ciel tirava pugni mentre dormiva!Solo colpa sua se lo aveva preso in faccia!Solo sua se abbracciava un cuscino … mentre ordinava a lui di portargli un the?!
Il Phantomhive riprese a strizzare il cuscino urlando «Lizziee!».
Dall’altra stanza un mugolio sommesso. Poi una vocina. Dall’altra stanza si udì «Kawai?». Poi piccoli passi.
Apparve sulla soglia la figura di Lady Middford, stropicciandosi con fare assonnato un occhio
«Cosa vuole Shieru, Sebastian?»
«Nulla» disse, sorridendo amorevolmente. Si alzò dalla sua sedia e spinse delicatamente fuori Elizabeth «Il signorino sclera durante il sonno»
«Mi vuole bene, allora!Non pensa che io sia un cesso!» commentò la micidiale belva, raggiante della conclusione appena raggiunta
«Esatto. Vada a letto, Lady Elizabeth Cornelia Esthel Middford»
«Va bene. Posso chiamarti Sebas-chan? O ti da fastidio?» chiese lei con aria ingenua.
Gli occhi di Sebastian si riempirono di un flashback, nella sua testa risuonò una voce altalenante, fin troppo conosciuta.
“Sebas-chaaan!”
Quel dannato Shinigami rosso …
Sebastian rimase paralizzato con le mani sulle spalla della fidanzatina di Ciel. Questa sgusciò via, ma Sebastian rimase fermo, appoggiato al vuoto, come se la ci fossero ancora le sue spalle sotto i guanti bianchi. Elizabeth gli sventolò una mano davanti alla faccia «Sebastian-san? Yuhhuu? Sebastian? Sebby? Sebas-chan?».
Il maggiordomo rimase immobile con gli occhi spalancati. Elizabeth scrollò le spalle, scuotendo la testa e cominciò a saltellare verso la sua stanza cantando il suo motivetto preferito sotto le note di “London Bridge is falling down”
«Kawai, kawai kawai, kawai kawai, kawai kawai, kaaawaii kawai kawai, kaaaaww» uno sbadiglio la colse nel bel mezzo della sua allegra canzoncina.
Lady Elizabeth Cornelia Esthel Middford precipitò al suolo senza un apparente motivo e cadde in un sonno profondo, russando in modo fastidioso e sonoro che rimbombava inquietantemente per tutta la casa, quasi fosse il rauco respiro di un animale gargantuesco.
Ciel iniziò a urlare dal suo letto scalciando «Sebastiaaan!Difendimi, è un ordine!» e il maggiordomo dovette accorrere producendo con le corde vocali un combattimento fra lui e un mostro di proporzioni inimmaginabili fin nei minimi particolari. Ovviamente, lui non ebbe nemmeno un graffio. Alla fine della sua riproduzione sonora impeccabile, il piccolo Phantomhive si acquietò abbracciando il cuscino e mormorando con la faccia da “X3” «Sebby. Lizzie. Vi voglio bene!» concluse, sfregando la guancia contro il morbido cuscino.
Sebastian sorrise, mormorando con affetto spropositato (forse un pò troppo) «Bocchan».
Questa scena vi ricorda qualcosa?Anche a me...
Non sarà mica … mio Dio! Twi … Twi … light? Sapevo che Sebastian era un demone e Ciel un indifeso umano rompiscatole, ma è impossibile paragonarli a pieno con Edward e Bella!
Bhè, sappiate comunque che Ciel non è categoricamente Isabella Cigna e non osate paragonare Sebastian Michaelis con Edward-dalla-faccia-da-un-lato-e-di-Cul-len!
Comunque, dall’altro lato della casa due esseri si davano la buona notte. Uno si avviò da un lato, l’altro prese un’altra strada.
Alucard, nel mentre, per ingannare il tempo, giocava ai videogiochi. Nel lato lucente della casa, ovviamente, e a tutto volume.
«Ya! Ya! Baaamm!Beccati questo! Tush, tush! Onda energeticaaaaa!» e i personaggi nello schermo luminoso gli facevano eco urlando a squarciagola «Kamehamehameha!» e vari gridi di battaglia, forse per gasarli, forse lo facevano apposta per la servitù Kuroshitsujiana. Nella parte luminosa della casa (chissà perché, in quella oscura non si sentiva volare una mosca) rimbalzava per le pareti il meraviglioso audio di “Dragonball Z Budokai Tentaichi” che non è più tanto bello se te lo senti la notte mentre dormi.
Meirin urlava «E arigatò cosaimas al mondo intero, però! Qui dentro ci sono persone che dormono!»
«Già» strillò Bard «Non si riesce a sonnecchiare con Vegeth Super Sayan di terzo livello che urla contro Hildegarn! Senza parlare di come strilla Vegeta quando Big Bang Attaccka!»
«Quando Big Bang Attaccka?» gli sussurrò stupita Meirin «Ma si può dire?»
«Certo che si può dire» il cuoco si indicò il petto, sorridendo con fare baldanzoso «Io so tutto!»
«Wow, Bard! E ma … » si aggiustò gli occhiali, pensierosa «Come hai fatto a capire che c’era Vegeth e il suo livello di SS?»
«Di SS?»
«Si, Super Sayan. SS»
«Dove?!» urlò Alucard da fuori abbandonando il gioco e tirando fuori le sue fidate Jackall e Casull, le pistole impossibili da maneggiare per un essere umano, con un espressione a metà fra il divertito e il sadico furioso. Si guardò intorno, aspettandosi probabilmente un attacco a sorpresa «Dove siete, eh? Non volete venire da me? Verrò io da voi!» e cominciò a sbirciare dietro tutte le colonne della casa, nei buchi e negli angolini possibili. Era deluso, ma non si capiva a causa della paralisi facciale perenne.
«Dove sono?!» Disse, quasi piagnucolando. Se ne tornò caracollando nel lato oscuro, quando il primo raggio di Sole illuminò la parte oscura della casa e si sentì una voce disincarnata, possente, iniziare a cantare «Aaanzpnegna! Mamakitiaba!».
Insomma, si trattava dell’introduzione maestosa, evocativa, della famosa canzone del “Re Leone”, il Cerchio della Vita. Alucard, terrorizzato, fuggì dal suo Master.
Chiariamo subito che la sua paura non era il Sole, bensì qualcosa di estremamente più temibile. L’alba, The Dawn. Lui era sempre morto all’alba, ogni qual volta era stato sconfitto, in tutte le sue forme, era stato nel momento in cui era sorto l’astro diurno, quando l’oro tingeva i monti e si rifletteva nei suoi occhi rossi, distruggendo le tenebre. E, dannazione, anche prima che facessero il Re Leone, Alucard aveva sempre avuto in testa quella canzoncina mezza africana e mezza italiana
“E un bel giorno ti accorgi che esisti …”
«Masteeeeer!»
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