«Credevo che tu adorassi di me anche le mie …» sussurrò qualcosa, poi riprese «Ad ogni modo credo che per questo argomento ci sarà tempo …»
«Declama pure adesso»
«Parole, parole … ah, non è facile non avendo nulla su cui poetare»
«Potresti poetare, per esempio, sul maggiordomo che ci sta ascoltando in questo momento» Integra iniziò a ridere.
Sebastian sfrecciò via verso le dimore dell’Hellsing, incredulo. Come diavolo aveva fatto quella diavolessa a scovarlo? Aveva una vista a raggi X? E se anche così fosse stato, come cavolo aveva fatto a sapere esattamente dove guardare? Neanche con un super udito si sarebbe potuto intercettare un uomo così silenzioso come lo era lui.
Alucard si grattò una tempia
«Quale maggiordomo?» chiese
«Niente» Integra si tolse il sigaro dalle labbra «Dicevo così per dire. Ma se ci fosse stato un maggiordomo, intendo, insomma, Sebastian, tu lo avresti distrutto, vero?»
«Sicuro, mio Master. Avrei preso il suo esile corpo e lo avrei reso ancora più esile … se tu avessi voluto avrei lentamente smerigliato la sua pelle fino ad esporre le ossa e lucidarle. Dopotutto i demoni sono molto resistenti, non si uccidono facilmente. Ma io … io lo avrei ucciso, avrei preso la sua anima piena di altre anime, gli altri scambi … ecco, forse è questa la differenza fra me e lui, che lui, gentile e subdolo al tempo stesso, ruba le anime delle sue prede attendendo, preparandosi, circuendo la sua preda, servendola, allettandola, e poi, alla fine, dopo aver dato ad essa una speranza di salvezza, ecco che la sua vera natura esce e si nutre. Un demone maggiordomo, sono anche peggio dei vampiri, per certi versi! Ed io, invece … oh, a volte penso di essere così ingordo, così avventato. Amo il sangue caldo, bagnarmi in esso le dita e le labbra, vederlo scorrere sulle mie mani, sporcarmi la pelle, ma sopra ogni cosa amo il terrore che si dipinge negli occhi delle mie vittime ogni qual volta essa sta per morire, gli ultimi aneliti, gli ultimi palpiti del suo cuore …».
Alucard alzò lo sguardo al soffitto e socchiuse gli occhi rossi, brillanti, poi emise una specie di lungo sbuffo, quasi un appassionato sospiro
«Oh, amo vedere la bellezza di una vita che muore. Ma ecco, Master, continui ancora a preferire me, seppure io sia così perversamente … ingordo?»
«Hai proprio ragione, Alucard» Integra soffiò del fumo in direzione del volto del vampiro, il quale rimase immobile, poi rise sommessamente «Si, Alucard, quello che mi piace di più di te sono le tue parole. Sei proprio un poeta …».
Alucard si inchinò, poi uscì fuori. E non appena fu fuori dalla porta fiutò l’odore di Sebastian. Credete che quel grosso nasone affilato non serva a niente, stia lì solo per ornamento? Beh, vi state sbagliando: l’asso nella manica dell’Hellsing aveva un ottimo fiuto e non ci mise che qualche millesimo di secondo per individuare la scia olfattiva del maggiordomo dei Phantomhive. Così Alucard si mise all’inseguimento, mentre Sebastian continuava a destreggiarsi come un ninja di corridoio in corridoio, cercando di raggiungere la stanza delle bare di Seras e Alucard. Peccato che nella stanza delle bare, per l’appunto, ci dormisse Seras …
«Ehi!» Gridò la Police Girl, quando Sebastian colpì il fianco della sua bara con l’intendo di distruggerlo «Qui c’è gente che sta cercando di riposare! Volete fare silenzio?».
Sebastian ebbe un trasalimento improvviso che lo fece sbiancare più di quanto non fosse già. Doveva mettere a tacere quella giovane vampira prima che avesse chiamato quello grosso! Così scoperchiò la bara e afferrò per le ascelle Seras.
La vampira stava per strillare quando Sebastian la sbattè di petto contro la parete, mozzandole il fiato e non permettendo alle sue parole di uscire. Seras si dibatté selvaggiamente, ma Sebastian rimaneva comunque troppo forte per lei e la colpì con forza alla gola, lacerandogliela: in breve le corde vocali della vampira furono inutilizzabili.
Seras riuscì a liberarsi e rimettersi in piedi, con il petto sporco di sangue e la bocca ancora spalancata di stupore e di dolore. Avrebbe voluto correre dal suo master e raccontargli tutto, anche solo scriverglielo, e fargliela pagare a quel mostro del maggiordomo dei Phantomhive, ma Sebastian le si scagliò contro, si abbassò repentinamente e le ruppe le ginocchia con una spallata.
Il rumore delle ossa che si spezzavano fu come quello di un grosso ramo che si rompe sotto i piedi e Seras non capì da dove quel suono provenisse finché, d’improvviso, non si accasciò al suolo. Non aveva voce per urlare, non aveva piedi per correre, e vedeva di fronte a se la figura alta e magra del maggiordomo che sogghignava in quel modo orrendo, senza mostrare i denti.
Sebastian si diresse tranquillo verso la bara di Alucard, con il chiaro intento di distruggerla. Il vampiro in rosso aveva detto di non essere materialista, che non gli importava se distruggevano la sua bara … ma bene, Sebastian voleva ben vedere quale sarebbe stata la sua reazione sapendo di non avere più un posto dove riposare durante le ore diurne.
Il maggiordomo dei Phantomhive si rimboccò le maniche immacolate: non voleva lasciare una sola scheggia di legno di quella che ora era una gigantesca bara nera e lucida di fronte a lui.
Lesse le parole sul coperchio:
The bird of Hermes is my name
Eating my wings to make me tame.
Scosse la testa, poi mormorò sottovoce
«Ebbene, uccellino di Ermes, sto per distruggere il tuo nido …»
Seras spalancò gli occhi, ma non si mosse dal punto in cui si era accasciata. Persino lei, che era una Police Girl così stupida, capiva che non sarebbe servito proprio a niente contorcersi in preda al dolore.
Sebastian, sogghignando in quel suo modo che molti definirebbero “delicato” ma Seras definiva ormai “disgustoso”, Sebastian fece scrocchiare le esili dita.
Il primo colpo che il maggiordomo inferse al lungo oggetto nero e lucido, fu una manata come quelle dei praticatori di karate contro i mattoni per romperli in due. La bara né risenti molto e bhè … diciamo che fece la stessa fine del mattone …
Crac.
Le prime schegge volarono tutt’intorno. Seras guardò malinconicamente un piccolo pezzo di legno, simile a un ago, che era atterrato a un soffio dalla sua gamba.
Sebastian, continuò serio, imperterrito, nel suo compito di sabotatore, mentre la stanza delle bare si riempiva di suoni secchi e duri.
Dapprima, come una specie di sottofondo, si sentì un continuo ticchettio.
Tic tic tic tic.
Poi, il ticchettio fu sempre più potente, risuonava fastidioso come un enorme sciame di ratti che attraversano le strade. L’aria veniva pervasa da un qualcosa, un qualcosa di strano. Un qualcosa di simile alla paura.
Sebastian, suo malgrado, si sentì obbligato a smettere e si guardò intorno.
Era circondato da un mucchio di animali dalla forma stretta e allungata, muniti di molte zampe, probabilmente le artefici del suono. Il colore era indistinguibile, perché tutt’intorno sembrava che il mondo avesse preso il nero che conteneva e lo avesse convogliato lì, in quella stanza, sottoforma di oscurità, con una sfumatura di rosso che colorava inquietantemente l’atmosfera.
Qualcosa danzava intorno, no, non danzava, si muoveva come un predatore…
“Tu …”
Paura, no, non paura, non era paura, terrore …
“Adesso …”
Il cuore … il cuore danzava con quello, con quelle cose …
“Morirai …”
Sebastian spalancò gli occhi, e si guardò intorno. Stavolta non passò il suo sguardo semplicemente, guardò davvero.
Vedeva nero, nero fino a dove arrivava il suo sguardo, nero come la pece, senza fine, nero come la morte e poi …
“Si, tu morirai …”
Quel rosso che donava colore, sembravano fiamme, il fuoco dell’inferno, e l’inferno era venuto a reclamarlo di nuovo. Involontariamente si rannicchiò, spiandosi intorno come un bambino spaventato.
“E non puoi farci niente”
Sebastian, nonostante fosse un demone, tremò.
“Ehi, gattino … che ne dici di venire a divertirti?”
«No!» Sebastian cercò l’uscita, ma non vide che nero a perdita d’occhio.
“Io sono … il cane. Sei pronto?”
«No, non sono pronto» disse chiudendo gli occhi e alzandosi, allontanandosi dalla bara che aveva comunque ricevuto seri danni a causa della forza del demone.
E Alucard finalmente comparve. Splendido e orribile, si ergeva di fronte a Sebastian. Non somigliava a niente che il maggiordomo avesse mai visto, nulla di umano, nulla di possibile.
Secondo il patto di Cromwell, elimino le restrizioni, lascio che il potere fluisca …
Il vampiro era stranamente più alto, ormai toccava il soffitto con la testa. E la parte inferiore del suo corpo … oddio, che cosa gli era successo? Laddove avrebbero dovuto esserci le gambe si allungava quella che sembrava una massa solida di tenebre intorno alla quale vorticava una nebbia scura e densa, inframmezzata di decine e decine di puntini rossi che … che sembravano proprio iridi dalle pupille ristrette.
Solo il busto sporgeva dall’oscurità lucente, i capelli neri che si scioglievano sulla schiena, i muscoli delle spalle in rilievo sotto il tessuto nero della camicia, incurvato verso Sebastian. I grossi denti affilati e ferini del vampiro erano scoperti in un ringhio vero, selvaggio, gli occhi erano spalancati e brillavano.
Alucard parlò e quando lo fece fu come se la sua voce risalisse dalle profondità stesse dell’inferno
«Tu …»
Sebastian indietreggio, schiacciandosi con le spalle contro la parete e tastando dietro di se alla ricerca di una qualsiasi arma da utilizzare
« … Hai … »
Il demone maggiordomo aprì la bocca per dire qualcosa ma si accorse di non sapere esattamente cosa volesse dire. Poteva forse discolparsi per quello che aveva fatto? Poteva dire “sei stato prima tu”? Il mostro non avrebbe capito.
« … Distrutto la mia …».
Seras sorrise anche nella dolorante agonia: il suo master era splendido quando faceva così, era una di quelle cose che la faceva sentire emozionata e, cosa rara per un vampiro, spaventata. Eppure era un timore così trascendentale, un’emozione così forte, che le faceva quasi bene …
«... Bara!».
Alucard si slanciò verso Sebastian. Ciò che accadde in seguito non poté essere filmato dalle telecamere: i loro obbiettivi erano offuscati di tenebre e di sangue.
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