La convalescenza di Seras e quella di Sebastian erano durate per un tempo quasi identico, ovvero fino alle cinque e mezza del giorno seguente. La prova, perciò, era stata rimandata fino a quel momento.
Erano tutti riuniti nella grande sala comune, quella munita di altoparlanti e di tabellone, e mentre gli Hellsing guardavano compiaciuti quest’ultimo, i Phantomhive si tenevano stretti intorno a Sebastian come per proteggerlo da un eventuale altro attacco di quella bestia in rosso che era Alucard.
Dal canto suo, il gigantesco vampiro lanciava continue occhiate eloquenti verso il maggiordomo, cercando di intimidirlo, ma sembrava che insieme alla buona salute, Sebastian avesse riacquistato anche il coraggio.
D’improvviso gli altoparlanti si animarono e la voce della giovane conduttrice risuonò allegra
«Buonasera a tutti, amici miei! Benvenuti alla prova del terzo giorno… una data fatidica, per voi e non solo, perciò abbiamo deciso di rendere abbastanza
… speciale anche la prova che dovrete subire. Si, esatto, dovete iniziare a preoccuparvi! Ma prima vorrei sincerarmi delle vostre condizioni di salute, ho saputo che ieri c’è stata una scaramuccia non di poco conto, insomma, le immagini mostravano sia Sebastian che Seras con le gambe spezzate. Vista la vostra tempra ferrea, di sicuro, il danno non è permanente, tuttavia vorrei sapere da voi se vi sentite pronti per la prova».
Seras balzò agilmente in piedi, poi saltellò sul posto, ondeggiando come un grosso budino vestito di giallo
«Io sono sana come un pesce!» gridò, tutta felice, poi lanciò un’occhiata acida a Sebastian «Ma spero che quel cattivone di Sebastian stia ancora male come quando il Mastah ha iniziato a rosicchiarlo»
«Mi dispiace per te» rispose il maggiordomo, passandosi un’esile mano guantata fra i capelli «Ma anche io ho una ripresa piuttosto veloce».
Alucard digrignò le zanne e si abbassò come se le spalle gli pesassero troppo
«Vuoi che ti faccia male di nuovo? Se ti esaurisco tutte le energie dubito grandemente che tu riesca a riprenderti… intendo, se io ti picchiassi di nuovo come ieri il tuo potere rigenerativo non ti permetterebbe di certo di rimetterti a posto in un giorno»
«Come puoi saperlo?» Sebastian era ironico
«Lo sento, sento che stai male, che stai soffrendo» Alucard emise uno sbuffo fra i denti, un verso animalesco, e sollevò entrambe le sopracciglia assumendo un’espressione folle «Io mi nutro di dolore, io mi nutro di paura, oltre che di sangue ovviamente. Oh, ma il sangue è espressione della nostra vita e il suo sapore è influenzato dalla paura e dal dolore, dalle secrezioni che il nostro corpo rilascia per calmarci o per avvertirci quando si soffre»
«Ma come puoi sapere quali sono le mie secrezioni?» Sebastian alzò fieramente il mento «Io non sono umano».
La servitù dei Phantomhive si allontanò leggermente dal maggiordomo: loro avevano sempre sospettato che Sebastian non fosse umano, ma non ne avevano mai avuto una conferma così diretta.
Alucard rise piano
«Io so tutto di te, sei un moccioso fra i demoni, Sebastian»
«Ohi ohi, potrei essere perfino più antico di te, lo sai?»
«Ah, ne dubito. Ai miei tempi uno come te se lo sarebbero mangiato i poveri per mancanza di cibo».
Le due creature demoniache si guardarono negli occhi. Sebastian distolse lo sguardo, come se fosse disgustato, e sospirò
«Allora, quale sarebbe la prova di oggi?»
«Non ve lo dirò ancora» la voce della conduttrice sembrava profondamente divertita, aveva assunto un’inflessione che a Sebastian non piaceva «Piuttosto ho notato che ieri sera vi sono stati dei fatti curiosi»
«Si!» Bard stava quasi per mettersi a piangere ed indico le sue occhiaie profonde «Ieri sera hanno fatto festa! Per tutta la notte! Tutta! Come si fa a dormire? Come si fa? In questa casa non si può riposare… come fate?» il cuoco Bardroy fece un passo verso Integra e la puntò con rabbia «Come diavolo fai a stare così bene se non dormi la notte? Sei fatta d’acciaio? Sei anche tu un vampiro? Che cosa sei? Parla, parla, parla!».
Integra si tolse il sigaro dalle labbra con calma, guardò Bard con aria di superiorità, poi sorrise
«Faccio il pisolino pomeridiano» rispose.
Fu come se il gelo fosse calato sulla stanza, un gelo da lungo inverno russo. Walter e Alucard iniziarono a ridere, poi il vampiro battè due volte le mani
«Il mio master è un genio!» tirò fuori la grossa lingua rossa, lunga il doppio di quella di un normale essere umano «E voi siete solo dei poveri sfigati che non approfittate della giovane notte per godervi la vita! Ah ah!»
«Bene» tornò a parlare la conduttrice «Ora vorremmo sapere, Alucard, come diavolo hai fatto a introdurre un impianto stereo in casa».
Di nuovo il gelo. Stavolta Sebastian sorrise
«Ohi ohi, mi sa che sei nei guai, Alucard»
«Può darsi» il vampiro non si perse d’animo e gonfiò il petto «Ebbene, io e Walter abbiamo costruito quell’impianto stereo!»
«Due punti in più all’Hellsing, per spirito di iniziativa e capacità manuali!» fece la voce della conduttrice, allegramente «Scommetto che è stato Walter a fare tutto, ma bravo lo stesso, Alucard»
«Troppo buona» commentò Walter, mentre il gigantesco vampiro sghignazzava fissando Sebastian come per dirgli “ehi, ti ho beffato anche questa volta!”
Il tabellone dei punteggi fu immediatamente aggiornato:
Hellsing - 9 punti
Phantomhive – 2 punti.
Ciel divenne rosso di rabbia e pestò il bastone su un piede di Sebastian, caricandosi con tutto il peso del corpo in modo da fare male
«Buono a nulla!» gridò forte «Scemo che altro non puoi essere! Com’è possibile che abbiano tanto vantaggio su di noi? Sei un idiota! Un vero incapace! Un … un … non vale nemmeno la pena che io mi sgoli per capire quanto sei idiota. Sebastian, trovati da solo degli aggettivi infamanti, è un ordine!»
«Si, Bocchan … sono riprovevole, vile, menzognero, inutile, basso, ignobile, spregevole, meschino …»
«Va bene così, Sebastian. Adesso, vile, cerca di vincere la prossima prova che ci verrà proposta oppure non credo proprio che rinnoverò i termini del nostro contratto».
Sebastian era raggelato: se Ciel avesse rotto i termini del contratto, lui avrebbe faticato fino a quel momento, umiliandosi, per nulla! Lui doveva ottenere l’anima di Ciel, era categorico.
Alucard ridacchiò
«Oh oh, a quanto pare il mio padrone, anche quando mi picchia mi tratta meglio …» disse, accarezzandosi il mento fra pollice e indice, con aria furbesca
«Ma certo, ma certo, vampiro mio» Integra gli cinse la vita con un braccio, un gesto dall’apparenza piuttosto possessiva «Quel nanerottolo non dovrebbe neppure poter essere chiamato Master!».
Ciel saltò su, arrabbiato, e pestò i tacchi delle sue spesse scarpe dalle suole di legno con i fiocchetti in cima
«Come ti permetti, sgualdrina!» ruggì «Non osare paragonare il mio modo di dirigere la squadra con il tuo! Tu e quel mostro siete, siete … Sebastian, trova degli aggettivi infamanti, subito!»
«Riprovevoli» disse il maggiordomo «Disgustosi. Non sembrate neppure master e servo»
«Davvero?» Alucard battè le palpebre «Io ho sempre avuto l’impressione di essere piuttosto sottomesso. Non è vero Integra, che sono sottomesso?»
«Ma non come Sebastian» Lady Hellsing, mentre rispondeva, spense il sigaro sul petto di Alucard, che rimase completamente immobile anche mentre la sua camicia veniva bruciata e la pelle toccata dal fuoco «Alucard, tu sei il servo perfetto. Servizievole, sicuro, e sottomesso, ma non sei così disgustosamente viscido»
«Hai sentito» il gigantesco vampiro in rosso gongolava «Io sono il servo perfetto!».
Poi qualcosa cambiò nel suo volto. Gli occhi si spalancarono, i denti si misero in mostra
«Tu» disse, rivolto a Ciel «Hai dato della sgualdrina al mio master? Piccolo bastardo, ora ti faccio vedere io … come se tu non fossi uno sgualdrino!».
Integra diede una pacca sul fianco al vampiro
«Lascialo stare, è solo un bambino che non sa quello che dice. Penso che a questo punto ci siamo chiariti, la terza prova può aver luogo, non trovi?»
«Sicuro, Master» Alucard si calmò all’istante e sorrise, quasi amichevole «E adoro quando mi abbracci»
«Io non ti sto abbracciando, io sto rivendicando il mio possesso su di te»
«Sei sempre così crudele, Master … cavolo, per questo mi piaci!».
La voce degli altoparlanti si animò di nuovo.
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