Quando il mondo sembra andarti contro, puoi solo puntare i piedi. È questo, quello che direbbe un vero eroe. Per lui, invece, questa era il perfetto esempio di stronzata da poter trasmettere alla radio, magari durante il primo programma del mattino. Immaginate che bello: una massa di lavoratori svogliati che si trascina fuori dai propri letti per cominciare una nuova giornata; persone che prendono il tram, o che entrano in macchina, e vengono assaliti dal suono improvviso della radio - meglio se a tutto volume - e sentono questa frase. A quanti è già salita la bestemmia? A me, onestamente no, ma io non mi alzo alle cinque del mattino con la consapevolezza di dover passare dalle quattro alle dodici ore con persone che detesto, a fare un lavoro sottopagato e a mangiare cibo d'asporto. Il mio compito è solo quello di raccontarvi i movimenti e le eroiche gesta dei più forti tra tutti gli eroi!
«Stai decisamente esagerando» disse il ragazzo, mentre si rimetteva in piedi e prendeva a camminare sul marciapiede. Era rimasto seduto a lungo sul ciglio della strada, ignorando la possibilità di essere investito. Non gli andava di rimanere in quel punto della città più del dovuto, non voleva incontrare gli studenti che si sarebbero accalcati per prendere l'autobus. Vederli lo faceva sentire escluso, come se non facessero parte della stessa realtà. E un po' era vero.
Fiore Xavier - che aveva un nome grazie alla suora che lo aveva raccolto tra i cespugli dell'orfanotrofio e un cognome per merito della donna che lo aveva adottato un paio di anni prima degli eventi narrati - era un ragazzo di sedici anni, statura media e corporatura sottile, ma non esile. Aveva cominciato a farsi le ossa con i bambini dell'istituto nel quale aveva passato i primi sei anni della sua vita. Non che le suore fossero da meno, soprattutto la Madre Superiora, che in diverse occasioni aveva tentato di colpirlo con i grani del grosso rosario che si portava sempre appresso. Avrebbe potuto farne una disciplina olimpionica, dopo tutte le volte che aveva evitato i suoi fendenti. La vera resa era arrivata quando la suora era passata al battipanni. Caspita, se quello faceva male! In alcune occasioni aveva anche pensato di essersi meritato le punizioni che aveva ricevuto, ma aveva comunque sviluppato un astio viscerale nei confronti delle monache e dei mocciosi. Poi era successo quello che era successo e, beh...
«Sta' attento, ragazzino!» lo rimproverò un uomo con il quale aveva rischiato di scontrarsi.
"Nona regola: non fissare il marciapiede mentre si cammina", pensò, ma non si scusò, continuando a camminare. Aveva voglia di un tè, magari avrebbe potuto prendere qualcosa anche per Betsy. Una ciambella, o uno di quei krapfen pieni di crema e coperti di zucchero a velo che aveva visto il giorno prima. Forse sarebbe persino riuscito a farselo correggere, il tè. L'idea fu abbastanza da fare alzare l'asticella del suo indice di interesse.
Infilò una mano nella tasca destra dei jeans e ne estrasse qualche moneta, contandole sbrigativamente e rimanendo soddisfatto del risultato, quindi sollevò lo sguardo e aumentò la velocità dei suoi passi, diretto verso la caffetteria. Solo al pensiero, aveva l'impressione di poter percepire l'odore di dolci caldi, zucchero e caffè. Betsy sarebbe stata molto contenta di ricevere un bel dolce per colazione e di sicuro avrebbe voluto dividerlo con lui. Fiore, al contrario, detestava i dolci, ma le voleva troppo bene per dirle di no e quei krapfen erano davvero troppo grandi per una sola persona. Naturalmente, Egle non avrebbe dovuto saperne niente. Ingordo com'era, quel tipo avrebbe potuto scofanarsi l'intera caffetteria, con cameriera annessa!
Non mancava molto, conosceva bene la strada, avrebbe potuto percorrerla anche a occhi chiusi. O almeno era quello che pensava; le sue orecchie colsero un suono nuovo per quella zona, qualcosa di intenso e viscerale che arrivava dall'altro lato della strada, attraversando le sue membra e colpendolo dritto al cuore. Comprese subito di cosa si trattava e avvertì il timore tipico delle imprese ad alto rischio di fallimento. Sapeva di doversi allontanare, ma non poteva ignorare quel richiamo, era più forte di lui!
Deglutì a vuoto, scoprendo di avere la bocca arsa, e non poté fare altro, se non accontentare l'impulso che desiderava spingerlo al di là della strada. Scese dal marciapiede e mosse un passo dopo l'altro, ignorando i clacson e le imprecazioni degli automobilisti, terrorizzati nel vedersi un ragazzo comparire di colpo davanti alle proprie auto. Per lui era come se tutto fosse ovattato, leggero, perdendo di significato. Nella sua mente c'era un unico, dolce suono a guidarlo. I krapfen e il tè avrebbero potuto aspettare ancora un po', prima avrebbe potuto spendere qualche minuto del suo tempo per ammirare la bellezza che era riuscito a cogliere mentre seguiva il suo istinto.
Balzò sul marciapiede opposto e raggiunse la vetrata in un solo passo, sollevando le mani e schiacciandole a palmi aperti contro di essa. Dall'altra parte, dei cuccioli di gatto himalayano si davano zampate con movimenti scoordinati e miagolavano a squarciagola. Fiore moriva dalla voglia di coccolarli, sapeva che avrebbe potuto tenerli in braccio tutti e cinque in una sola volta, tanto erano piccoli, ma conosceva bene il proprietario del negozio. Quell'uomo non glielo avrebbe mai permesso. Già era insolito che avesse preso dei gatti!
Neanche il tempo di pensarlo, che se lo ritrovò di fronte, dietro il cubo di plexiglass nel quale erano contenuti i cuccioli. Si muoveva come un cavernicolo, indicandogli di levare le mani dalla sua vetrina e urlando cose che il ragazzo preferì ignorare. Sapeva che, se non si fosse allontanato subito, l'uomo non avrebbe esitato ad afferrare la scopa che teneva dietro la porta per tentare di scacciarlo con le cattive. Doveva agire velocemente; staccò una mano dal vetro e la mosse in segno di saluto, abbozzando un sorriso - solitamente funzionava - poi staccò l'altra e si sfilò dall'indice un sottile anello di metallo scuro. Non dovette sforzarsi per manipolarlo e allungarlo, creando un'asticella appuntita. L'uomo sgranò gli occhi e si lanciò verso la porta, allungandosi per afferrare la scopa, quindi Fiore abbatté la punta della sua arma sul vetro. Questo venne attraversato mollemente, come se fosse fatto d'acqua, per poi creparsi in tante piccole parti che rimasero sospese in aria. Il ragazzo ritirò l'asticella e spostò le schegge usando il dorso delle mani, si allungò in avanti e raccolse i cuccioli, avvolgendoli cautamente tra le braccia e accostandoseli al petto. Nonostante stesse indossando una felpa abbastanza pesante, riuscì a percepire il calore di quei piccoli corpicini.
«Maledetto!» urlò il proprietario del negozio, muovendo verso di lui il manico della scopa con l'intenzione di colpirlo. Mollò un fendente, poi un altro, al terzo tentativo l'asta si abbatté con tanta forza sul marciapiede, da spezzarsi in due. Era decisamente il momento di ritirarsi!
Senza troppe cerimonie, Fiore girò i tacchi e si mise a correre verso la tana, dove sarebbe potuto stare tranquillo per un po'. Il tè lo avrebbe preso un altro giorno.
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