Quel buio era così confortante, anche più della luce, eppure io odiavo il buio, ne avevo paura. Non mi sarei mai più voluto svegliare, era veramente silenzioso e non era poi così freddo come tutti lo descrivevano, anzi era addirittura tiepido e anche morbido, più del mio letto.
Allora, quello non era il buio della morte. Era semplice buio, lo stesso di quando ti addormenti, quello di cui hai bisogno, quello che dura solo poco tempo, quel buio che ti costringe ad incontrare la luce, alla fine.
Aprii lentamente gli occhi. La confusione sovrastava ogni mio singolo pensiero. Mi sollevai sui gomiti, massaggiando la testa, avevo sbattuto da qualche parte? Mi faceva male e la sentivo pesante. No... non avevo sbattuto... ero caduto, mi avevano sparato...
Portai la mano alla spalla destra, dove ero stato colpito, ma non c'era niente, nemmeno un graffio.
Dovevo aver sognato tutto! Ma, se era così, dov'era la mia maglietta? Me l'avevano strappata quei due...Un brivido mi corse lungo la schiena al pensiero della notte precedente. Stavo per essere... Non trovavo nemmeno il coraggio di dirlo...
E poi... dove mi trovavo?
Quella non era la mia stanza, non conoscevo nemmeno quel posto. Era una stanza quadrata completamente bianca, non era né piccola né grande, le pareti erano foderate di cuscini, come quelle stanze al manicomio, le celle di isolamento. In fondo c'era un solo punto non foderato, una fessura che permetteva di vedere all'esterno. L'unica fonte di luce era una lampadina posizionata sul soffitto a molti metri di distanza da terra, per non poterla toccare.
Ero confuso, cosa ci facevo lì dentro? Ero morto? O stava ancora sognando? E se mi avessero rapito? No, la ferita non poteva essere scomparsa così in fretta.
«C-c'è qual-qualcuno?» azzardai a sussurrare.
Ricevetti solo silenzio. Beh, ovvio, nessuno mi avrebbe sentito se avessi parlato in quel modo. Dovevo parlare più forte, anzi, prima dovevo trovare il coraggio di farlo: avevo troppa paura.
Però dovevo provare!
Mi sollevai da terra, stando attento a noi inciampare, camminare su quei cosi era molto più difficile di quel che pensassi. Solo in quel momento mi resi conto di essere anche scalzo, non avevo neanche i calzini.
"No! Concentrati Rei, non pensare ai calzini!" Mi rimproverai mentalmente.
Mi avvicinai alla porta e presi un gran respiro.
«C'è qualcuno?» ripetei a voce più alta.
L'eco della mia voce riecheggiò per tutto quello che doveva essere il corridoio.
Subito dopo l'eco fu spezzato dal rumore di una porta che veniva spalancata.
Indietreggiai, allontanandomi il più possibile da quella porta. C'era veramente qualcuno. Chissà cosa poteva apparirmi di fronte. Forse, quello strano e misterioso uomo di ieri sera. Ma era veramente un uomo?
I passi si avvicinarono sempre di più, fino a fermarsi di fronte alla mia "cella". Anche se avevo paura, aspettavo con impazienza di vedere il mio carceriere. Chi era in realtà? Un salvatore? Oppure...
Un paio di occhi si affacciarono da quella fessura e mi osservarono severi, scrutando ogni centimetro del mio corpo. Erano bellissimi! Ma anche spaventosi. Quel colore oro era ammaliante, ma il suo sguardo mi trafiggeva come se fosse una lama. Un incontrollabile tremore mi invase facendomi cadere per terra. Avevo tanta paura.
Il rumore della serratura mi fece spostare lo sguardo da quegli occhi, non sarei riuscito a reggerlo ancora a lungo.
La porta si aprì lentamente, producendo un fastidioso cigolio, mostrando la figura di un uomo imponente.
Era alto e snello, completamente vestito di nero, come se le ombre e l'oscurità l'avessero avvolto creando un abito perfetto, il viso era pallido e dai tratti delicati, i lunghi capelli neri gli ricadevano sulle spalle, confondendo con il nero dei vestiti, mentre alcuni ciuffi ribelli gli ricadevano sul viso creando il contrasto con il nero e il bianco. E gli occhi? Quei meravigliosi occhi erano ancora incastrati su di me. Era una creatura perfetta, elegante e fredda. Sì, la sua figura mi incuteva terrore ed emanava un freddo innaturale ma aveva anche un qualcosa di ammaliante.
Solo un particolare "rovinava" quella perfezione: le labbra rosee e sottili, leggermente dischiuse mostravano un paio di canini lunghi e affilati.
Caddi per terra e mi misi a gridare.
Quello, disturbato dalle mia grida, si avvicinò minaccioso e mi prese per il braccio sollevandomi da terra con un strattone. La sua mano era gelata, più fredda del ghiaccio e pallidissima, come il latte, come quella di un cadavere...
«Smetti immediatamente di gridare!» ruggì l'uomo soffermandosi su ogni parola.
Smisi subito, le sue parole non lasciavano scampo: mi terrorizzava.
Era la stessa voce di ieri.
Era lui! Lui aveva ucciso quei due uomini!
Sgranai gli occhi e cominciai ad agitarmi, cercando di scappare e di liberarmi da quella presa, ma quello che ottenni fu solo dolore. La sua presa si fece stretta ancora di più al mio braccio, facendomi male.
Senza dire niente mi trascinò fuori da quella "cella" e mi sbatté contro il freddo e ruvido muro del corridoio.
Non ebbi il tempo di reagire, o anche di capire quello che mi stesse succedendo, che mi ritrovai le sue mani accanto alla mia testa con i palmi che premevano contro il muro e i suoi occhi fissi sui miei. Mi spaventavano... mi facevano sentire piccolo ed indifeso, più del solito. Non sarei riuscito a reggere per molto tempo quello sguardo.
Infatti, qualche secondo dopo, spostai lo sguardo, ma quello non sembrò gradire, digrignò i denti e avvicinò di più il suo viso al mio, ringhiando.
Mi appiattii il più possibile al muro, non mi sarei stupito se un momento all'altro fossi stato inghiottito. Ma lui continuava a ringhiare e presto avrebbe fatto altro, quindi, continuando a tremare, posai di nuovo lo sguardo sui suoi occhi. Gelo...
Rimanemmo fermi come delle statue per qualche minuto finché, finalmente, la figura che avevo davanti e mi sovrastava aprì la bocca.
«Disgustoso... sei veramente disgustoso!»
La sua voce fece risvegliare di nuovo il mio tremore, calmatosi qualche minuto prima.
«I-io-»
«Non ti ho dato il permesso di parlare!» gridò con rabbia.
MI pietrificai all'istante. Lui non era come quegli altri due uomini, lui era molto diverso, era freddo. Il suo sguardo bastava per farmi sentire inferiore. Mentre il suo corpo così grande in confronto al mio faceva il resto.
«Sono stato veramente uno stupido a lasciarti in vita!» sussurrò guardandomi con superiorità «Anche se...» si avvicinò di più e annusò il mio collo «Hai un odore veramente irresistibile!»
«Cos-»
Mi morse con così tanta forza che ebbi paura che potesse staccarmi la carne dalla spalle. Un dolore lancinante mi trafisse la spalla e il grido che liberai fu talmente forte che mi feci male alla gola. Però lui mi tappò la bocca con la mano, mentre beveva assetato il mio sangue. Non era come quando ci si tagliava, era molto più doloroso, era come se mi stesse strappando via il sangue. Goccia dopo goccia.
La cosa peggiore era che stavo per svenire, di nuovo. No! Non potevo!
Cercai di implorarlo di smetterla, ma la sua mano non me lo permetteva, e poi, mi avrebbe ascoltato?
Mano a mano che il sangue mi veniva strappato via, le mie forze mi abbandonavano.
Mi lasciai andare, non riuscendo più a sorreggermi.
Quello, per tenermi, passò un braccio dietro la mia schiena e mi tirò a sé. I nostri petti si scontrarono, ma il suo era incredibilmente freddo e non riuscivo a sentire il suo battito.
Ormai era chiaro con chi avevo a che fare...
Le lacrime cominciarono a sgorgare dai miei occhi, bagnandomi le guance e la sua mano.
Finalmente sfilò i denti affilati dalla mia carne, liberandomi dal dolore.
«Così...» sussurrò dopo essersi leccato le labbra «...buono!»
Un rivolo di sangue era scappato dalle sue labbra, sporcandogli il viso pallido.
Tolse la mano dalla mia bocca e mi strinse ancora di più a sé mettendo poi la sua gamba in mezzo alle mie.
La mia testa era così pesante non riuscivo nemmeno a tenerla alzata, mentre la spalla doleva ancora.
Sentii la sua risata.
«D'ora in poi io sarò il tuo nuovo padrone, farai tutto ciò che ti dirò.» la sua lingua viscida mi leccò la guancia, la sua bocca sapeva di sangue «Se proverai anche solo a disobbedirmi verrai severamente punito! Capito?»
In quel momento non sarei riuscito a capire proprio niente, la mia mente era ancora immersa nell'oscurità e nella confusione totale.
Però lui non sembrò gradire la mia mancata risposta e mi afferrò per i capelli tirando con forza. Venni strappato dall'oscurità a causa del dolore e mi risvegliai con un grido.
«HAI CAPITO?» gridò quello.
«S-sì...» balbettai tra i singhiozzi.
Era quello il destino che mi aspettava?
Sarei stato sottomesso da un vampiro...
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