Cosa c'era in me che non andava? Ero così... inutile? Oppure ero semplicemente indesiderato? Beh, forse era così...
Nessuno mi aveva mai dato l'amore e l'affetto di cui avevo bisogno, nemmeno i miei stessi genitori, per loro non ero altro che una zavorra, un inutile peso che si sarebbero portati dietro fino alla morte. Ma perché ero un peso? Perché un indesiderato? Non mi sembrava di aver fatto qualcosa di male. Beh, per colpa mia, i miei genitori, si erano dovuti sposare, costretti a loro volta dai loro genitori, perché volevano darmi un padre e una madre... perché non fossi stato un figlio di nessuno, ma io ero solo il frutto di un incidente. Quegli incidenti che capitano spesso ai giovani... io ero uno di quelli. Ma non era colpa mia se ero nato! Quindi, perché? Perché tutto questo odio? Io volevo solo vivere una vita normale! Tutti abbiamo il diritto di averne una, no? Allora, perché io non potevo averla?
Neanche il mio aspetto aiutava.
Anche se avevo ormai 14 anni, ero così magro che sembrava potessi spezzarmi da un momento all'altro. I capelli erano corti e nero pece. Il viso come quello di un bambino e la pelle così pallida da sembrare quella di un cadavere. Gli occhi, invece, erano di un grigio tanto chiaro da sembrare quelli di un cieco.
Era questo il mio errore? Il mio aspetto? O il mia atteggiamento goffo e impacciato?
A casa era un inferno. Ognuno viveva per conto suo, come se gli altri non esistessero. Se non avessimo vissuto nella stessa casa, nessuno ci avrebbe mai scambiati per una famiglia. Non esistevano parole dolce, non esisteva il calore della famiglia, esisteva solo un monotono e continuo silenzio intramezzato da violenza.
Eppure... quello sembrava un giorno qualunque, uno come gli altri, ma non avrei mai potuto commettere un errore così grande.
Era una semplice giornata primaverile, mi ero svegliato, vestito e uscito cercando di non incontrare gli sguardi dei miei genitori, camminando a testa bassa, proprio come mi era stato insegnato.
Le ore trascorrevano lente e noiose, soprattutto a scuola: coma al solito, d'altronde.
Non mancarono nemmeno i quotidiani insulti, ormai mi ero abituato ad ogni cosa: gli insulti, le minacce, gli sguardi ostili.
Ero così sbagliato?
Quello era l'unico giorno della settimana in cui si usciva alle sette, a causa di due progetti che impiegavano molto tempo.
Non appena la campana suonò, uscii quasi di corsa dalla classe e poi dalla scuola. No, non volevo farmi picchiare ancora una volta, non quella volta.
Uscito in strada, il rumore dei clacson delle macchine mi investii con tutta la sua potenza e l'aria era fresca. Era già buio e i lampioni non bastavano per illuminare completamente le strade, infatti, piccole zone erano avvolte nell'ombra, ma non per questo la città si sarebbe fermata: le macchine correvano sulla strada come se stessero partecipando ad una gara.
Presi la solita strada, era la più corta ma anche la meno sicura poiché non erano presente illuminazioni affidabili, inoltre un lato della strada era costeggiato dal bosco. Nessuno metteva piede lì, era buia e anche pericolosa. C'era persino che diceva di aver visto degli occhi luminosi al suo interno.
Brrrr... mi vennero i brividi al solo pensiero.
Aggiustai la tracolla sulla spalla e camminai più veloce, non volevo fermarmi in un posto del genere.
Un tonfo improvviso e una sirena d'allarme mi fece sobbalzare. Mi girai e li vidi...
Tre uomini, uno dietro l'altro, uscire dalla banca che dava sulla strada con in mano dei borsoni pieni di quelli che dovevano essere soldi...
Uno dei tre non portava il passamontagna e nonostante il buio riuscii a distinguerne i lineamenti.
Ero impietrito da quella scena, non riuscivo a muovermi, nemmeno un muscolo. Inoltre erano armati. Cosa dovevo fare?
Tremando, riuscii a fare un passo indietro, ma caddi per terra, portando su di me l'attenzione su di me.
«Ehi tu!» gridò quella senza nessuna protezione.
Mi puntò la pistola contro munita di silenziatore. Anche se fossi morto, nessuno sarebbe riuscito a fermarli... Ma cosa mi importava di fermarli?! In quel momento m'importava della mia vita!
Il coraggio che non credevo di avere mi diede la forza di alzarmi da terra e correre il più lontano possibile. Purtroppo l'unica via che poteva prendere e dove sarei stato al sicuro era la foresta.
Grida di rabbia seguirono la mia fuga...
Corsi, corsi e corsi finché non sentii i polmoni esplodere, ma i miei inseguitori non si fermarono e non potevo permettere che mi raggiungessero.
Uno sparo.
Un grido.
Due risate.
Il proiettile si conficco nella spalla destra dolorosamente e con tanta forza da farmi cadere per terra. Rotolai su un tappeto di foglie producendo uno scricchiolio insopportabile.
Gemetti dal dolore e mi strinsi la spalla nella mano sinistra: faceva un male cane.Guardai la mano intrisa di sangue e sbiancai.
Le risate dei due uomini mi raggiunsero anche prima di quanto pensassi. Non avevo più speranze! Sarei morto! Mi avrebbero ucciso...
Forse quella era una delle cose meno terribili... nessuno si sarebbe accorto della mia mancanza, nessuno avrebbe pianto per la mia morte... Il solo pensiero mi fece piangere.
«Guarda! Che succede? Piangi?»rise uno.
L'altro mi premette la pistola contro il viso seguendo le risate del compagno.
«Ehi! Ma è un maschio! Mi sembrava una femmina!» si chinò su di me, riuscivo a sentire il suo alito sul mio collo. «E io che mi volevo divertire un po!»
«Perché ora non ti vuoi divertire più?» una luce di follia si accese negli occhi dell'uomo. «Non dovrebbe essere così diverso e poi sembra proprio una ragazza.»
Gettò la pistola per terra e si inginocchiò per terra, si leccò le labbra e accarezzò le mie con le dita; mentre l'altro mi aprì con forza le gambe e si infilò tra di esse.
«N-no, v-vi prego, no» balbettai tremando.
L'unica risposta che ricetti furono delle risate divertite da parte dei due.
Cercai di scappare, ma era tutto inutile. Il mio corpo, debole e ferito, non poteva competere contro quei due.
Inoltre, il sangue non smetteva di uscire dalla ferita e lentamente tutte le forze che avevo, o che mi erano rimaste, resero la fuga ancora più impossibile, anche il solo ribellarmi era impensabile. I miei pensieri si offuscarono, ben presto sarei svenuto e non osavo nemmeno immaginare quello che avrebbero fatto quei due. Già mi era stata tolta la maglietta e le loro lingue danzavano fameliche sul mio corpo.
Oltre al dolore alla ferita, si aggiungevano il freddo della notte e il disgusto di quello che mi stavano facendo.
Improvvisamente sentii un grido.
Con le poche forze che mi erano rimaste mi girai verso l'origine di quel grido e ciò che vidi mi fece ritornare la forza per gridare.
Il corpo inanime dell'uomo che mi stava accanto era riverso per terra mentre la testa era a qualche metro più lontano. Ora, al suo posto, c'era un altro uomo, molto più grande e molto più terrificante.
L'uomo in mezzo alle mie gambe si alzò con in mano la sua pistola e indietreggiava tremando.
Ora, anche se ero libero, ora che nessuno mi teneva, non riuscivo lo stesso a muovermi, non ne trovavo la forza. Rimanevo fermo immobile ad aspettare una morte imminente. Cos'altro potevo fare?
«TU!» sbraitò l'uomo ancora vivo.
Si sentì uno sparo, poi un'altro e un'altro ancora, infine un grido e non di dolore, ma di paura.
«Ritenta, sarai più fortunato...» disse l'uomo misterioso.
Poco dopo, l'uomo che aveva sparato cadde per terra con un tonfo e potei vedere i suoi occhi senza vita.
«E ora tocca a te!»
Non sapevo se quell'uomo mi avrebbe salvato o mi avrebbe ucciso come aveva fatto con quei due, ma nessuna delle due opzioni sembrava la migliore.
«Vediamo se imparate finalmente la lezione! Questo è il mio territorio!»
Una grande mano mi afferrò per il collo e mi sollevo in aria come se pesassi meno dell'aria. Strinse con forze e presto mi ritrovai senza più ossigeno nei polmoni, faceva male, ma non mi ribellai, non mi restava altro che aspettare in silenzio la fine.
Nonostante stessi per morire, la cosa che m'importava in quel momento e che m'incuriosiva era vedere il suo volto, il volto di chi mi stava liberando.
Non ci riuscii, svenni ancora prima di intravedere i suoi lineamenti.
Finalmente il buoi eterno mi riempii gli occhi e potei lasciarmi andare una volta per tutte. Forse non sarebbe stato poi così male morire, è un po' doloroso, ma sarebbe stata finalmente la fine...
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