Non ebbi altro che incubi e non feci altro che piangere per tutto il tempo. I ricordi tornavano ad inseguirmi e a spaventarmi, ma anche se scappavo e mi nascondevo, loro mi trovavano sempre. Erano le ombre del mio passato, erano i miei incubi, erano il mio tormento e non avrebbero mai smesso di inseguirmi. Tutto quello che potevo fare era sopportare, con le lacrime agli occhi, finché i miei occhi non si sarebbero aperti.
Ma ecco che, appena li chiudevo, loro ritornava, più forti e più spaventosi di prima, pronti ad inghiottirmi in un turbine di paura, terrore e dolore. Quanto avrei voluto cancellarli?! Ma facevano parte di me e io di loro. Cancellarli sarebbe significato cancellare una parte di me stesso.
E per quanto dolorosi, non potevo farlo.
Non so se era fortuna o sfortuna, ma i miei occhi si aprirono, forse anche troppo presto.
Incontrai il freddo del pavimento con un tonfo sordo.
Aprii gli occhi terrorizzato e incontrai quelle sfere dorate. Mi osservavano ancora con quello sguardo severo e superiore che mi faceva gelare il sangue nelle vene. L’unica cosa che divideva me e lui era l’enorme letto matrimoniale, ma non credevo sarebbe bastato. Strisciai il più lontano possibile da lui, terrorizzato, spingendo con i piedi all’indietro.
Tremavo dalla testa ai piedi. Cosa avevo fatto? Perché mi guardava in quel modo?
Lui si avvicinò, superando il letto e incastrandomi in un angolo della stanza. Cercai di farmi il più piccolo possibile, portandomi le gambe al petto, strette tra le braccia e nascondendo la testa tra di esse.
«Chi ti ha dato il permesso di dormire sul mio letto?» chiese impassibile.
Cosa?
«Non lo sapevo… pensavo che-»
«CHE COSA PENSAVI?!» mi afferrò per il braccio, sollevandomi da terra e guardandomi in faccia, sempre con il suo sguardo agghiacciante. «Gli animali come te non dormono sul letto! Mettitelo il testa! TU SEI UN ANIMALE!»
Senza alcuna delicatezza, mi gettò ai piedi del letto, su un tappeto rosso cremisi. Nonostante il tappeto, sbattei in malo modo la spalla, facendomi male.
Mi misi in ginocchio, ma non appena sollevai il viso da terra lo vidi a pochi centimetri da me. Si piegò sulle ginocchia fino ad arrivare al mio viso e un ghigno increspò il suo mentre vedeva le prime lacrime solcare il mio volto distorto in un’espressione di terrore. Avevo paura, lui mi faceva paura. Il suo volto, i suoi occhi, il suo sorriso… Tutto di lui era spaventoso, ma era anche bello…
Leccò le lacrime con la sua lingua viscida, la fece scivolare per tutta la guancia, fino all’occhio, dove premette con più insistenza, facendomi male. Salì più su e lì cominciò a mordere con insistenza il sopracciglio, ma senza farmi male, solo fastidio. Ma rimasi immobile, subendo passivamente tutto quello che mi stava facendo, continuando a tremare.
Passò una mano fredda dietro la mia schiena, accarezzandola con delicatezza ma causandomi forti brividi, non solo alla schiena, ma a tutto il corpo. Adagiò anche l’altra mano sul mio corpo, ma questa volta sul petto, intensificando ancora di più i brividi, trasformandole in vere e proprie scosse.
Era tutto così disgustoso…
Era uguale a lui, ero sceso in un inferno peggiore del primo.
Non riuscii più a resistere… scoppiai a piangere, mentre quell’uomo continuava a giocare con il mio corpo.
«T-ti p-prego… b-basta…»
«Ma, come? Non abbiamo nemmeno iniziato e già dobbiamo fermarci?» abbassò la testa per mordermi il lobo dell’orecchio. «Non era quello che stavi facendo con quei due uomini? Cosa c’è di diverso tra me e quei due? Mi sembrava che ti fosse piaciuto. Oppure ti piaceva proprio perché erano in due?»
«N-no… no…»
«Che ti piaccia o meno, questa è la punizione per aver dormito sul mio letto.»
Improvvisamente sentii un dolore lancinante alla schiena, tra le scapole. Talmente forte da farmi gridare. Era come se la pelle si stesse staccando, come se un coltello la stesse tagliando via. Sentivo le dita di quell’uomo muoversi in circolo sulla schiena, proprio dove il dolore continuava farsi sentire con insistenza. Che fosse lui la causa del mio dolore? Gli afferrai le spalle e lo osservai supplichevole.
Sentivo il sangue caldo scendere giù dalla schiena, macchiando la pelle pallida.
Si alzò di scatto facendomi cadere per terra, mentre ancora mi contorcevo dal dolore. Premevo la fronte contro il pavimento talmente tanto forte da non riuscire a sentire nemmeno i miei pensieri.
Mi osservò con superiorità, di nuovo.
«Vedi di stare al tuo posto, animale!»
Annuii e lentamente il dolore svaniva.
Se prima pensavo che fosse bello, ora quel pensiero si era deformato, non era affatto bello o affascinante, era un mostro!
Non era né gentile, né caritatevole, era solo un demone che si divertiva a vedermi a vedermi soffrire e ad umiliarmi. Io, invece, non ero altro che il suo animale, forse non ero nemmeno quello, ero più un giocattolo con cui si poteva divertire. Ma presto o tardi i giocattoli si rompono. E proprio come un giocattolo mi sarei piegato nelle sue mani, prima o poi e sarei stato costretto a sottostare ai suoi desideri e ai suoi ordini.
L’inferno era appena cominciato e io non vedovo l’ora di uscirne, ma il diavolo mi stava accanto, tutto vestito di nero e dagli penetranti e gelidi occhi del colore dell’oro.
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