«B-basta!» supplicai ancora una volta, ma il dolore non cessava.
Mi osservava dall'alto, con fare superiore con quei suoi gelidi occhi.
«La prego, padrone...»
Avevo rinunciato, mi ero abbandonato, il dolore era troppo forte e quello che voleva quell'uomo era sentire crescere il suo potere su di me. Ormai ero diventato il suo servo, il suo schiavo o come preferiva lui, il suo animale.
L'uomo rise compiaciuto e il dolore alla schiena si placò.
Mi accasciai per terra esausto, non avevo nemmeno più la forza di rimanere in ginocchio.
«Ora hai capito con chi hai a che fare?!» disse accostandosi al mio viso.
Mi afferrò il braccio, mi sollevò da terra come se non pesassi niente e mi trascinò fino alla porta.
«Lì in fondo c'è il bagno, lavati, puzzi peggio di un animale! Lascia lì i tuoi vestiti, dentro troverai tutto il necessario. Non gironzolare nel corridoio, se ti trovo lì verrai severamente punito. Hai un'ora!»
Guardai prima l'uomo e poi il corridoio insicuro su cosa fare, ma il suo sguardo severo non lasciava altra scelta: dovevo fare come mi era stato ordinato.
Uscii dalla stanza e percorsi il corridoio. Per tutto il tempo sentivo il suo sguardo fisso sulla mia schiena, provocando continui brividi.
"Non girarti, non girarti!" mi ripetei per tutto il tragitto. Se avessi incontrato quegli occhi ancora una volta non sarei più stato in grado di camminare, mi sarei bloccato.
Finalmente arrivai in bagno e mi chiusi dentro, tirando un sospiro di sollievo nel non sentire più quegli occhi addosso.
Avrei voluto abbandonarmi e rimanere fermo immobile in quel bagno per l'eternità, ma avevo solo un'ora. Perché dovevo incontrare ancora quegli occhi, quel corpo... No! Non dovevo!
Scossi la testa e mi guardai intorno. Quello non era un bagno!
Beh, era troppo grande per esserlo! Era tutto bianco. Alla mia sinistra una vasca interrata occupava buona parte dello spazio, più avanti c'era un lavandino con di fronte uno specchio, il water e, poco distante da me, una sedia, anch'essa bianca, con sopra gli asciugamani e un accappatoio e davanti una cesta vuota, infine, proprio in fondo, c'era un ripiano con sopra quelli che dovevano essere profumi e creme per la pelle.
Azzardai un passo avanti, ma un movimento mi fece sobbalzare, mi girai alla mia destra, ma l'unica cosa che incontrai era la mia immagine riflessa sull'enorme specchio che ricopriva tutta la parete.
Mi avvicinai e sfiorai il riflesso con le dita, osservando il mio corpo pieno di cicatrici e lividi ancora ben visibili, mi voltai leggermente per osservare la schiena e mi sorpresi nel vedere qualcosa di strano: una rosa incatenata proprio al centro della schiena da cui scendevano rivoli di sangue.
Che fosse... quello che aveva fatto quell'uomo? Il dolore era provocato da quello?
"Basta pensarci!"
Avevo solo un'ora, se l'avessi sprecata pensando, avrei rischiato di essere punito da lui.
Mi spogliai degli unici indumenti che mi erano rimasti, gettandoli nella cesta e aprii il rubinetto dell'acqua calda della vasca e non appena fu piena entrai lentamente.
Prima le punte dei piedi, poi le gambe, martoriate dai lividi, la vita sottile, fino al collo.
Era estremamente rilassante!
Mi concessi qualche minuto di relax, rimanendo immerso nell'acqua fino alle labbra, lasciando che i muscoli si sciogliessero liberandosi dalla tensione.
Sì, era rilassante.
Presi il primo flacone di sapone che avevo davanti e una fragranza fresca e dolce mi inondò: fiori di pesco.
Era così dolce...
Versai il sapone sulla spugna e cominciai ad insaponarmi, strofinando con forza ogni centimetro di pelle come a voler cancellare dei segni invisibili, scrostai il sangue rappreso, stando attendo a non farmi troppo male e insaponai i capelli.
Mi piaceva lavarmi i capelli, accarezzarli gentilmente e sentirli sotto la pelle delle dita. Nessuno mi aveva mai accarezzato o anche insaponato i capelli, dovevo fare tutto da solo.
Mi immersi del tutto, togliendomi ogni residuo di bagno schiuma.
Uscii dalla vasca e mi avvolsi nel soffice accappatoio, sedendomi sulla sedia. Asciugai ogni centimetro di pelle, attento a non premere i punti più delicati e con un'altra salvietta asciugai alla belle e meglio i capelli.
Mi guardai in torno alla ricerca di un phon, ma non sembrava essercene uno.
Beh, non mi rimaneva altro che vestirmi...
«I vestiti!»
Non c'erano! Ma non potevo tornare in accappatoio in stanza, tantomeno con i vestiti sporchi!
Guardai il mio riflesso. L'accappatoio non riusciva nemmeno a coprire le gambe!
Però, non avevo molta scelta...
Sentii le guance andarmi a fuoco per l'imbarazzo.
Aprii la porta ed uscii in corridoio: non c'era nessuno.
Arrivai alla porta della stanza e sfiorai la magliai con l punta delle dita, altro rossore si aggiunse alle mie guance.
"E se lui è lì? Se mi farà qualcosa?"
Strinsi i denti ed aprii.
Sì, lui era lì. Mi stava aspettando, comodamente seduto sul suo letto, con le gambe incrociate e un sorriso dipinto sul volto che mi fece venire i brividi.
Se fino a pochi secondi prima centinai di pensieri e domande affollavano la mia testa, ora c'era il silenzio più totale.
Strinsi di più l'accappatoio,cercando di nascondermi inutilmente.
Ancora quegli occhi, quei magnetici occhi che mi facevano sciogliere le gambe come se fossero ghiaccio sotto il sole, mi osservavano curiosi, seguendo le forme del mio corpo e provocandomi altri brividi. Come poteva avere così tanto potere su di me?
«Che stai facendo lì fermo senza fare niente?» chiese lui.
Abbassai lo sguardo intimorito e risposi balbettando :«I-io... no-non c'erano».
Si alzò.
Indietreggiai spaventato, ma lui mi fu subito addosso.
Mi circondò la vita con una mano, stringendomi a sé, mentre con l'altra mi accarezzava i capelli ancora bagnati, insinuando le dita tra di essi.
Cosa? Perché lo stava facendo?
Abbassò la testa verso il mio collo e io mi preparai al peggio. Strinsi gli occhi, convinto di quello che mi avrebbe fatto, il mio corpo cominciò a tremare.
Ma non successe nulla.
Riaprii gli occhi, ma vedevo solo nero. Il nero dei suoi vestiti.
La sua testa era ancora ferma sul mio collo, ma non mi aveva morso, tantomeno stava per farlo.
Stava semplicemente respirando.
Mi strinsi più forte, con entrambe le mani e respirò a fondo.
In un certo senso, quel suo abbraccio mi calmava, mi faceva sentire al sicuro.
Poggiai la testa sul suo petto e mi lasciai cullare da quelle braccia forti.
Forse, non era poi così male stare lì...
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