«Spogliati!» ripeté Thomas con tono impaziente e lo sguardo serio in contrasto con il sorriso dipinto sulle sue labbra.
Non avevo più nessuna scelta, se non quella si eseguire gli ordini di quel vampiro: mi avrebbe fatto male, proprio come papà, ma quella sembrava essere la mia punizione per essere venuto al mondo così ingiustamente.
Inevitabilmente mi misi a piangere, grosse e salate lacrime solcarono le mie guance ma senza scalfire minimamente l'armatura di Thomas che continuava ad osservarmi severo.
«Non ti ho detto di piangere ma di spogliarti! Sbrigati se non vuoi che perda la pazienza!» ringhiò «O è ciò che vuoi...»
Mi sollevai da terra, asciugandomi le lacrime e trattenendo i singhiozzi. Mi misi di fronte a lui e cominciai a sbottonare la lunga camicia nera con estrema lentezza, come per ritardare sempre di più quel momento. Una volta finito, la lasciai scivolare, sempre lentamente, scoprendo secondo dopo secondo il mio corpo pallido e scheletrico martoriato da cicatrici e lividi ancora ben visibili.
Sollevai lo sguardo, ma non abbastanza per poter incontrare quello di Thomas troppo impegnato ad osservare sconvolto ciò che aveva davanti. Cercai di nascondere con le mani i segni più grandi, come quella sul fianco provocati anni prima da un coltello lanciatomi da mia madre.
Thomas si alzò dal letto e si avvicinò, così intrecciai le braccia dietro al suo collo, cosa quasi impossibile visto che era molto più alto di me e poggiai la testa contro il suo petto, pronto a sopportare qualunque cosa.
Descrivere in una parola tutto ciò: umiliante...
«Che cosa sono?» chiese Thomas serio alludendo alle cicatrici. «Chi te li ha fatti?»
Se gli avessi risposto mi avrebbe voluto ancora con sé? Oppure mi avrebbe freddamente ucciso disgustato da quel corpo già marchiato da un altro?
«S-sono caduto...» mentii spudoratamente.
Thomas mi afferrò le spalle, stringendole con le sue grandi e fredde mani. «Non osare mentirmi Rei! Sai che posso farti molto male!»
Avevo paura.
«I-i-io...»il respiro divenne irregolare, veloce, troppo veloce. Proprio come il battito del mio cuore. Poi d'un tratto non riuscii nemmeno a respirare.
Un attacco di panico...
Mi aggrappai a Thomas, stringendo la camicia nera con tutte le forze che avevo.
«Rei? Chi ti ha fatto quello?»
Persino quel nero tanto intenso sfumò alla mia vista. I suoni si dissiparono in un silenzio innaturale. Sentii le forze abbandonarmi tutte in una volta, svuotandomi di ogni cosa.
Volevo scappare via. Mi ribellai ma qualcosa mi stringeva a sé, una paura fin troppo conosciuta mi attanagliava il cuore.
Per un attimo sentii la sua risata.
Poi ci fu buio e il mio corpo divenne leggero.
«PERCHÈ NON MI AVETE AVVISATO!» gridai contro Margaret e le altre serve.
Rei era svenuto tra le mie braccia non appena lo sfiorai. Mentre lo stringevo tra le braccia i suoi occhi colmi di paura rotearono all'indietro e crollò.
Provai a svegliarlo, ma poi lo presi, lo misi a letto e lo coprii. Immediatamente chiamai Margaret e lei mi informò delle sue condizioni: non mangiava e non beveva preferendo dormire per la maggior parte del tempo.
Proprio come un animale ammalato...
Sentii un peso al petto dopo averlo paragonato ad un animale.
Nessuno mi aveva degnato di informarmi delle sue condizione e di certo continuando in quel modo sarebbe morto prima che avessi potuto soddisfare i miei desideri.
«Ci scusi padrone, noi non volevamo interrompere il suo lavoro» si scusò Margaret.
«Il mio lavoro è meno importante di lui! Se lui fosse morto, avrei mandato a monte qualunque mio lavoro. Quindi d'ora in poi lui resterà sempre con me, voi dovrete solo occuparvi del cibo» decretai osservando una ad uno le serve. «Capito?»
Tutte annuirono all'unisono.
«Uscite, subito!»
Sparirono nel giro di pochi secondi, attraversando la parete e lasciando me e Rei da soli.
Mi voltai verso di lui, mi avvicinai e scoprii il corpo tremante, osservando le cicatrici e i lividi. Chiunque glieli avesse fatti era un uomo morto. Guardandolo meglio aveva anche un piccola cicatrice sopra il sopracciglio destro, ma ne aveva molte altre: sulle braccia, gambe, schiena e addirittura pancia.
Dappertutto.
Chi poteva essersi divertito su di lui in modo così macabro?
Il suo viso era turbato dalla paura. Piccoli lamenti uscirono dalla suo bocca e si dimenava come a voler scappare dai suoi stessi incubi.
«N-no...» mormorò.
Gli accarezzai la fronte.
«Cosa succede, Rei?» gli chiesi sedendomi al suo fianco.
Si allontanò da me e si mise a tremare.
«Ba-basta... n-no...»
Gli strinsi la mano, nonostante lui cercasse di scappare.
«Rei...»
La voglia e il desiderio di toccarlo era molto forte, ma non potevo farlo, non mentre stava dormendo. Non mentre stava facendo chissà quale incubo.
Non l'avrei toccato, ma mi sarei steso accanto a lui. Avrei finalmente dormito dopo tanto tempo e da ancora più tempo accanto a qualcuno.
Mi tolsi le scarpe e la camicia, mi stesi e abbracciai quel piccolo corpicino tremante, poggiandogli la fronte sul mio petto. Ci coprimmo con le coperte.
«N-no... papà... basta.»
Papà? Era l'uomo che chiamava padre ad avergli causato tutto quel dolore e tutte quelle ferite? Come poteva continuare a vivere dopo aver fatto del male a quella splendida e delicata creatura che stavo stringendo tra le braccia?
Lo strinsi più forte, cercando di calmare il suo tremore.
In pochi attimi quei desideri violenti che anch'io avevo provato si erano dissipati nel nulla venendo spodestati da altri più puri come quello di coccolarlo.
«Dormi.» sussurrai all'orecchio del ragazzo con una nota gentile.
Quest'ultimo di calmò e si accoccolò al mio petto.
Chiusi gli occhi e lasciai che il buio mi circondasse insieme al calore infuso da quel corpo.
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