Per capire meglio la situazione, è opportuno che sappiate chi è Undertaker, anche se sarà difficile, perché in effetti nessuno sa chi sia davvero. Dunque mi correggo: è opportuno che sappiate quello che anche le popolazioni di Cactoria sanno su Undertaker. In effetti, però, anche questo è difficile, perché si dice che abbia fatto dei favori segreti ai nani, perciò non posso raccontarvi quella parte della storia.
Nuova correzione: è opportuno che sappiate quello che io so di Undertaker.
Innanzitutto, è saltato fuori dal nulla. Letteralmente. La prima volta che qualcuno a Cactoria l'ha mai visto, questo tizio è comparso dall'ombra di un albero e ha fatto tornare in vita la regina suprema per interrogarla riguardo a un misterioso braccialetto d'ambra e poi ucciderla di nuovo pochi minuti dopo sotto gli occhi delle guardie sbigottite. Nessuno lo ha fermato, tutti pensavano di essere al cospetto di un dio.
Le sue origini sono avvolte nel mistero, così come la sua specie. “ È umano” dicono gli umani (e in effetti sembra un sacco un umano, solo molto alto), “è un mezzelfo” dicono gli elfi, “è un orco bruttino” dicono gli orchi. Un nano o uno gnomo non può proprio essere, perché è alto più due metri e sembra un armadio. Magari è un gigante molto piccolo, ma considerando che i giganti non sanno praticare la magia e sono incapaci di farsi crescere la barba, tenderei ad escludere questa possibilità.
Comunque, a qualche giorno dal fatto della regina suprema, tutti parlavano di lui, che era scomparso così come era apparso, nel nulla, e si chiedevano se mai avrebbero rivisto quel dio antico in forma di uomo o quel potentissimo stregone capace di riportare in vita i morti. Al Cammino delle Leggende era un casino: ognuno aveva la sua teoria, i bardi avevano scritto canzoni al riguardo ed erano decisi a cantarle in piedi sui tavoli e un sacco di gente più del solito aveva iniziato a percorrere la Strada Azzurra perché erano convinti di poterlo incontrare qui.
Undertaker non è mai apparso a nessuno lungo la Strada Azzurra, ovviamente.
Però aveva risposto a quello che si domandavano tutti, ovvero se sarebbe mai tornato, riapparendo qualche giorno più tardi alla Cactoria Gladiatori per l'Intrattentimento e iscrivendosi come atleta.
A quel tempo, ero un'avidissima fan dei gladiatori della CGI, spendevo tutta la mia esigua paghetta di undicenne pagando gli elfi psichici che erano stati agli incontri più recenti perché proiettassero nella mia mente i combattimenti che avevano visto.
Quando papà capì quanto mi piacesse quello sport, fece un abbonamento piuttosto costoso al servizio psichico della CGI perché potessi vedere ogni settimana gli incontri anche senza dover andare in città o dover pregare gli avventori elfi e pagarli con tutti i soldini che ero riuscita ad accumulare.
La mia passione per la CGI crebbe ancora di più. Conoscevo tutte le mosse, tutti gli atleti, le statistiche, gli eventi e la storia dei personaggi. Infatti la CGI non solo mostrava i combattimenti, ma li concatenava per raccontare delle vere e proprie storie: erano come dei libri che con un sacco di violenza che prendevano forma sotto i miei occhi.
E un giorno, mentre ero nella mia stanzetta con la pietra di proiezione mentale della CGI fra le mani, lo vidi.
Undertaker.
Era un atleta tutto nuovo e io ero entusiasta, perché erano ormai più di sei mesi che nessuno esordiva, per colpa di Oberon detto l'Oliofante, considerato imbattibile e detentore di quattro cinture (le cinture sono i premi per i più bravi, ce ne sono per categorie diverse, ma Oberon le aveva vinte tutte) nonché intimidatore professionista di novellini.
Oberon era alto un metro e novantadue e largo almeno un metro e quaranta, una massa di muscoli impossibile ricoperta di cicatrici decorative, scarificazioni che si era procurato perché avessero un preciso motivo minaccioso e fitto. Aveva vinto la cintura mondiale, strappandola a John Cena, e la cintura dei pesi massimi perché più massimo di lui non c'era nessuno tranne forse i giganti. Aveva vinto anche la cintura dei pesi leggeri perché aveva minacciato di schiacciare l'arbitro se non gliel'avesse consegnata e così il poverino si era dovuto piegare al volere del gigante. E infine aveva vinto anche la cintura femminile perché, essendo un ermafrodita, Oberon era per metà donna e poteva competere in tutte le categorie.
Mi ero molto appassionata alla vicenda di Oberon, anche se era considerato un “cattivo”. Il pubblico lo fischiava e lui ci sguazzava come un maiale nel fango, contento di essere odiato. Tuttavia la sua sola presenza aveva fatto dimettere quattro atleti e aveva fatto smettere le iscrizioni di nuovi gladiatori, una cosa che mi aveva dato molto fastidio.
Ma finalmente, eccolo! C'era un atleta tutto nuovo, anche se era un tizio piuttosto strano persino per la media della CGI.
Innanzitutto, i gladiatori combattono parzialmente svestiti (o completamente nudi, nel caso della federazione GRECIA), per mostrare i muscoli ed evitare di sudare troppo nelle loro camicie, mentre questo nuovo tizio era tutto vestito dalla testa ai piedi. Aveva un cappotto lungo, stivali alti, guanti, un cappello, i pantaloni e una camicia, tutti neri, e sembrava molto più un cacciatore di vampiri che un gladiatore. Gli si vedeva giusto un pezzettino di faccia, quello che non era in ombra, con la punta del naso e la bocca circondata da baffi e pizzetto rotondo.
In secondo luogo, invece di correre, saltare, flettere i muscoli e urlare al cielo come facevano tutti gli altri per dimostrare la loro forza quando entravano nell'arena, questo qui stava camminando lentamente e tranquillamente, con lo sguardo fisso su Oberon. O almeno credevo che fosse fisso, visto che non potevo vedergli gli occhi.
In terzo luogo, era un mago e lo sapevo per via di tutti i fin troppo urlati pettegolezzi che avevo udito in taverna. I maghi non diventano mai gladiatori, è un lavoro da muscoloni senza talenti arcani, visto che qualunque stregone o streghetta potrebbe trovare un lavoro più che dignitoso esercitando la propria arte, senza dover sudare in palestra o prendere calci in faccia da bestioni allenati. Qualcuno capace di riportare in vita i morti, poi, non ha alcun bisogno di combattere per guadagnarsi di che vivere, visto che ha una capacità impossibile che sfida i limiti del raziocinio stesso! E se proprio avesse avuto voglia di ammazzare qualcuno, sarebbe stato pagato profumatamente come cacciatore di taglie, o di vampiri, o come demostrizzatore.
E invece era lì, questo Undertaker, e camminava lentamente verso Oberon come se non ne avesse alcun timore.
Oberon era più grosso di lui (e di chi non lo era?), ma non più alto.
«Vieni qui, uccellaccio del malaugurio!» Gli aveva gridato, con la sua voce da tritacarne arrugginito «Vediamo chi oggi a pranzo riuscirà a trovare il tuo ossicino della fortuna!».
Nonostante le apparenze da bovino immenso, Oberon era anche un fine intrattenitore e un insultatore di prima categoria. Nessuno vinceva una gara di insulti con lui. Nessuno. Ed era per questo che facevo sempre il tifo per lui: mi piaceva un atleta dalla forte psicologia, soprattutto se era pure un armadio a quattro ante imbattibile.
Undertaker non rispose. Non si irritò, non si agitò, niente: entrò nel grande cerchio delimitato da dodici paletti fra cui si stendevano due corde tese e si tolse il cappello.
La sua calma era glaciale e mi colpì. “È uno forte” pensai, per istinto.
Ora che potevo vederla, notai che aveva una faccia strana, di cui non sapevo dire se i lineamenti fossero duri o morbidi, ma la cosa che più colpiva erano le sopracciglia leggermente inarcate in modo naturale, come se fosse sempre arrabbiato anche quando il resto dei lineamenti erano distesi, e gli occhi di un verde chiarissimo che somigliavano a quelli dei licantropi dell'Est nelle giornate prima delle trasformazioni.
Posò il cappello su uno dei paletti, dando le spalle a Oberon.
«Hey! La schiena si fa vedere solo agli uomini morti!» Ringhiò l'armadio a quattro ante imbattibile
«Non è vero» rispose con calma Undertaker «A volte anche i morti danno la schiena ai vivi».
Quell'affermazione criptica parve spiazzare per un momento Oberon, che però si riprese immediatamente
«Mi stai dicendo che il morto sei tu?» rise «Non è molto minaccioso...»
«Hai paura dei morti, Oberon?».
Il modo in cui lo disse fu così spettrale che mi si rizzarono i peli sulle braccia. Aveva una voce profonda e in qualche modo ruggente, vibrante, come l'eco del ringhio di un orso in una caverna.
Oberon indietreggiò involontariamente di un passo, ma quando si accorse dell'errore non potè rimediare e ritornare al suo posto perché avrebbe sbattuto contro Undertaker, che era avanzato e lo guardava dall'alto con aria seria.
«Hai paura dei morti? La notte li vedi?» Domandò ancora il misterioso uomo in nero «Non credi che siano benedizioni, le poche volte che ti voltano le spalle, che non puoi vedere le orbite nere dei loro occhi?».
Il labbro inferiore di Oberon tremò. La campanella che indicava l'inizio dell'incontro suonò e l'Oliofante cercò di afferrare il suo avversario in un bearhug immediatamente, per stritolargli le costole con la sua forza prodigiosa e irresistibile, ma non fu abbastanza veloce. Undertaker gli prese la mascella e con un movimento di pura potenza lo costrinse a indietreggiare e inginocchiarsi di fronte a lui, poi lo colpì con il tacco dello stivale in mezzo al petto.
«Dovresti avere paura, Oberon» Disse, poi lo afferrò come se fosse un sacco di patate e lo scaraventò a testa in giù sul terreno polveroso.
Il possente Oliofante poteva anche avere un mucchio di muscoli, ma la sua testa era piuttusto normale e l'impatto gli fece perdere i sensi. L'arbitro contò fino a dieci con faccia allibita, poi consegnò tutte e tre le cinture in palio (quella femminile, per ovvi motivi, non era stata messa in palio) ad Undertaker, che se le gettò in spalla, si rimise il cappello e se ne andò.
Fu solo l'inizio di qualcosa di grandioso. Undertaker accumulò una vittoria dietro l'altra in quasi tutte le discipline della CGI: l'eques (duello a cavallo), il mirmillone (duello con gladio e grande scudo rettangolare), il reziario (duello con la rete da pesca e il tridente), il paegniarius (duello con armi non mortali, nel suo caso la frusta) e il più comune e gettonato di tutti, il corpo a corpo, la disciplina con cui aveva vinto le sue cinture. L'unica disciplina nella quale non sembrava avere alcuna intenzione di cimentarsi era il crupellarius, il duello con armatura pesante completa.
Regalò le proprie cinture ai tre migliori atleti dopo di lui e di Oberon solo per dimostrare che era in grado di riprendersele. Sconfisse di nuovo altre due volte Oberon stesso, ancora una volta nel corpo a corpo e infine nel reziario, con la rete e il tridente. Il cavallo nero che montava era il destriero da battaglia più abile e intelligente che fosse mai entrato nell'arena.
Il nome del misterioso gladiatore venne associato alla paura stessa e all'invincibilità, al punto tale che persino i commentatori cercavano di non dirlo troppo spesso. Era terrificante, una figura alta e oscura ammantata di mistero, che entrava lentamente in silenzio e nello stesso modo se ne andava. Nessuno sapeva dove abitasse, né perché faceva quel che faceva, ma di certo erano in molti ad amarlo (da lontano, si intende). Forse, azzardò qualcuno, era una trovata pubblicitaria della corporazione delle pelli per vendere un'enorme quantità di cappotti lunghi, perché improvvisamente tutti ne indossavano uno e doveva fare davvero caldo perché non si vedesse nessuno in giro che indossava lo spolverino fino alle caviglie.
Papà regalò un soprabito di pelle lungo anche a me, ma ben presto non potei indossarlo più perché crebbi troppo per infilarmelo. Ero una bambina piuttosto minuta, a undici anni.
Comunque, Undertaker divenne il mio gladiatore preferito in assoluto. Anche quando, due anni dopo, perse per la prima volta contro un'orchessa pura che lo aveva sfidato in un corpo a corpo, continuai a pensare che fosse invincibile.
In seguito, quello che era diventato il mio idolo subì altre piccole sconfitte... ma non si può essere in forma perfetta tutti i giorni della tua vita per sempre, giusto?
I cappottoni iniziarono a sparire dalle strade, più che altro perché la gente aveva capito che morire soffocati dal caldo non era una buona idea. Ancora oggi è però piuttosto comune vedere i viaggiatori che indossano il cappotto “alla Undertaker”, perciò credo che sia una moda destinata a diventare un classico.
Ad ogni modo, nelle menti e nei cuori dei fans, Undertaker rimane il numero uno. Il pubblico non urla per nessuno come per lui, soprattutto ora che le sue apparizioni sono centellinate, sporadiche, una ogni quattro o cinque mesi.
Spesso, quando entra in arena, esibisce cicatrici nuove. A volte è vistosamente ferito o ha l'aspetto di qualcuno a cui abbiano fatto bere un bicchiere di veleno e sono proprio quelle le poche volte in cui perde. Tuttavia non demorde mai e non se la prende per le sconfitte, come fanno gli altri: sembra sempre che combatta solo per divertimento (anche se non l'ho mai visto sorridere, a onor del vero).
Ma cosa fa fra un combattimento e l'altro?
Beh, cose misteriose o eroiche, a quanto pare. Circolano voci di gente salvata dalla sua apparizione, di complotti sventati, di vampiri impalettati, di antichi tesori ritrovati.
In pratica, questo tizio nel tempo libero fa cose inumane e quando ritorna in arena cerca di dare il cento percento anche se negli ultimi tre giorni è stato morso dai vampiri.
Lo sanno tutti, che è stato morso: si vedevano chiaramente i fori sulla sua mano destra, freschi e rossi, alla distanza giusta per essere i canini di un non-morto di taglia media, e lui era pallido come solo un anemico può essere. Tuttavia si era ripreso in fretta.
Tagliando corto, per non dover perdere troppo tempo a raccontarvi le cose straordinarie che contribuirono a creare la fama di Undertaker, quest'uomo è una leggenda vivente. Se volesse diventare il nuovo imperatore di Cactoria gli basterebbe chiederlo gentilmente e lo potrebbero tranquillamente eleggere per acclamazione.
In realtà ci sono persone più famose di lui, ma nessuno così... iconico. E poi, francamente, non me ne importerebbe niente di quanto è o non è famoso, perché è comunque il mio atleta preferito. La mia persona preferita in assoluto dopo papà, con la differenza che mio padre non fa paura, mentre Undertaker sì.
E quindi adesso potete capire a grandi linee cosa provavo sapendo che fra un mese e mezzo la leggenda vivente sarebbe passata nella nostra taverna.
Un misto irresistibile di eccitazione, ammirazione, trepidazione e paura. E se mi avesse rivolto la parola? E se invece non l'avesse fatto?
Probabilmente non gliene importava niente di una cameriera sedicenne in una taverna in cui aveva solo mandato ad alloggiare il suo cavallo. Anzi, leviamo quel “probabilmente”: sicuramente non gliene importava niente.
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