Era quasi impossibile non notare la gigantesca magione alle nostre spalle, eppure la città dietro di noi non sembrava minimamente scossa. Era coperta da un qualcosa di simile alla magia, o almeno così mi aveva spiegato lo zio Oscar a grandi linee.
Sinceramente era la cosa che mi avesse sorpreso di meno quella sera.
Il gran finale ancora era lontano.
Entrammo dentro, aprendo l'immenso portone di legno massiccio. Ma prima Thomas mi aveva ricordato ciò che dovevo, anzi non dovevo fare.
Non guardare negli occhi nessuno, non parlare, non allontanarmi da lui.
Nonostante il suo viso fosse quieto, riuscivo bene a capire quanto lui fosse ansioso e nervoso.
Entrammo in quella che doveva essere l'anticamera dell'abitazione, lì una donna vestita con un corto vestito nero stava in piedi all'angolo con un sorriso dipinto sul volto, in mano teneva una cesta con dentro quelli che sembravano essere dei collari; era affiancata da un uomo vestito anch'esso di nero senza nessun espressione sul volto, con entrambe le braccia dietro la schiena.
«Buona sera.» salutò la donna. «Mostrate i vostri inviti.»
Oscar uscì da un taschino all'interno della sua giacca due cartoncini rossi e li consegnò alla donna.
Quella li prese e li diede al suo compagno, per poi concentrare la sua attenzione su di me.
«Per la sicurezza del suo accompagnatore la inviterei a prendere uno di questi.» quando parlava non smetteva mai di sorridere. «Chi è il proprietario?»
Thomas si fece avanti e prese uno dei collari neri a cui era attaccata una targhetta dorata.
Thomas si voltò verso di me. Mi avvicinai e sollevai il capo scoprendo il collo il più possibile e chiudendo gli occhi. Di cosa avevo paura? Forse non mi piaceva essere trattato in quel modo.
Click.
Era bastato uno scatto e il collare era messo. Poi Thomas premette l'indice contro la placca dorata.
«Thomas.» disse e il suo nome venne scritto.
«Bene, divertitevi.»
Oscar mi posò una mano sulla spalla prima di entrare e mi sussurrò: «Sii forte.»
All'inizio non capii cosa intendesse ma quando le porte si aprirono un orrendo e nauseante odore di sangue mi pervase.
Mi trattenni dal vomitare solo grazie alla mano di Oscar che mi strinse più forte, ma quando mi voltai per guardarlo non vidi più il suo sorriso, ma uno sguardo serio e le labbra sottili ridotte ad una linea dura e severa.
Dentro, tutti erano vestiti di nero, eppure il colore che predominava su tutti era il rosso che sgorgava dalle ferite degli esseri umani presenti.
Le risate dei commensali erano interrotte dalle grida di dolore di qualche sfortunato.
Sentii lo stomaco rivoltarsi dentro di me.
«Thomas!» chiamò qualcuno in mezzo alla folla, un uomo alto, giovane dai corti capelli biondi, in pochi secondi fu accanto a noi, seguito da una ragazza e un ragazzo che come me indossavano quei collari. «Non si ci vede da tempo!»
«Surugul.» ricambiò Thomas senza molto entusiasmo.
L'uomo gli posò una mano sulla spalla. «Vieni, vieni, dobbiamo parlare!»
Surugul passò lo sguardo anche su Oscar per poi finire su di me, sorpreso.
«E lui?» si avvicinò famelico e mi afferrò il mento con due dita e sollevò il capo.
Cercai di non incrociare il suo sguardo, ma alla fine non potei fare altro che sprofondare nei suoi occhi celesti.
Si soffermò nel leggere la targhetta. «Oh, Thomas, i miei complimenti.»
Guardai Thomas e vidi la sua mascella contrarsi e le mani chiudersi in pugni.
«Surugul, non dovevamo parlare?» chiese visibilmente irritato.
«Certo, certo.» disse senza staccare i suoi occhi magnetici da me. «Dove hai preso una meraviglia del genere? Sai, sono invidioso.»
«L'ho trovato.»
«Davvero? In giro non si trova più niente del genere.» si avvicinò ancora fino a che il suo naso non toccò il mio collo e respirò a fondo. «Ed ha anche un fantastico odore.»
Thomas si frappose tra noi due.
Lo ringraziai mentalmente e tirai un sospiro di sollievo.
«Siamo gelosi?» chiese Surugul ridendo. «Non stavo facendo niente di male.»
«Sai, non si sa mai.» ribatté Thomas visibilmente irritato.
«Non c'è bisogno di fare così, forza vieni con me.»
Camminammo tra la folla, che si apriva ad ogni passo di Surugul. Vedevo gli invitati scambiarsi risate e indicare noi, altri guardavano con disprezzo.
Che cosa stava accadendo?
Guardai la schiena di Thomas, si muoveva in modo sicuro, non sembrava minimamente scosso da quello che accadeva intorno a lui. Anch'io avrei dovuto fare come lui. Ma quegli sguardi non riuscivo a sopportarli, era come se ci stessero consumando poco alla volta.
«Sei ancora molto famoso, eh?»
A cosa si stava riferendo?
Allungai il passo, avvicinandomi a Thomas fino a sentirne il profumo.
Dopo aver attraversato l'enorme salone, entrammo in una stanza, lontana dalla confusione.
Una volta chiusa la porta, si instaurò un silenzio quasi innaturale.
«Qui possiamo parlare nella più assoluta tranquillità.»
Surugul si sedette in uno dei divanetti bordoux. Oltre a quei due divani, uno di fronte all'altro, c'era un tavolino a separarli con sopra un posacenere e un vassoio con una caraffa e due calici di cristallo. La stanza era immersa nella semioscurità.
«Forza, accomodatevi.»
Io e Thomas ci sedemmo uno accanto all'altro, di fronte all'uomo dai capelli biondi. Thomas mi avvolse con il suo braccio posandolo sulle mie spalle.
«Vuoi bere?» chiese Surugul indicando il tavolo.
Prima che Thomas potesse rispondere gli offrì un bicchiere pieno di liquido rosso.
Non so perché mi venne in mente la prima volta che Thomas aveva bevuto il mio sangue, era stato doloroso, sentivo come se l'anima mi fosse stata strappata via insieme al sangue.
Thomas accettò senza farselo ripetere due volte e bevve tutto d'un sorso, macchiandosi le labbra di rosso.
«Credo che questo, in confronto a quello del tuo animale non sia niente di che.»
Thomas annuì e Surugul rise.
«Come mai Surugul, un vampiro appartenente ad una delle più importanti famiglie, ha invitato un vampiro come me ad una sua prestigiosa festa?»
L'uomo si concesse qualche secondo per rispondere, portandosi il bicchiere alle labbra e giocherellando con il contenuto.
«Beh, sai, di questi tempo non è più un bene fidarsi sempre delle stesse persone.»
«E io non sono tra quelle persone, vero? Cosa vuoi veramente?» il tono di Thomas divenne ancora più serio.
Mi sentivo a disagio lì con loro che parlavano di cose che non mi riguardavano.
«Ultimamente Stephen si comporta come un bambino viziato, ordina a me e agli altri cosa fare, come se fossimo le sue bambole, ma non agisce mai per il bene delle nostre famiglie.»
Thomas contrasse la mascella.
«È di Stephen che vuoi parlare?»
«Sì, per questo ho chiesto di te. Stephen ha cominciato ad oltrepassare il limite, non ci si può più fidare di lui.»
Thomas rise. «Ora che non vi sta più bene, gli voltate le spalle?»
«Non è questo Thomas e lo sai bene!» il tono di Surugul si deformò.
«Invece è proprio così! Prima io avevo bisogno di voi e voi mi avete voltato le spalle, perché adesso dovrei aiutarvi?»
«Perché tu hai controllo su di lui!»
Thomas si alzò di scatto puntando l'indice contro Surugul. «Un marchio lasciato sulla pelle non è un modo per controllarlo!»
Cos'era quella storia?
«Senti Thomas, abbiamo bisogno di te!»
«Scordatelo!» mi prese per il braccio e mi strattonò. «Andiamo Rei.»
Mi alzai in piedi e seguii Thomas mentre mi tirava con sempre più forza stringendo con violenza la mano. Mi stava facendo male.
«Aspetta!» Surugul ci seguì. «Non andare, Thomas!»
Era incredibile come il silenzio avesse dominato il salone in pochi secondi. Tutti coloro che parlavano si erano improvvisamente fermati, tra lo sgomento e il terrore, tutti che osservavano una figura in piedi, al centro.
«Salve, Thomas.» la sua voce era limpida e dalle sfumature dolci.
Thomas divenne rigido, la stretta intorno al mio braccio divenne ancora più forte di prima. Mi stava spezzando il braccio.
Guardai il ragazzo che avevo causato una reazione simile in Thomas.
Era alto, magro, vestito con abiti eleganti e costosi, ma quando vidi il suo viso mi sentii mancare.
Era uguale a me. Le labbra sottili e rosee, gli occhi dello stesso colore della tempesta e i capelli neri come la pece, gli stessi lineamenti, ma era più adulto.
«Stephen...» sussurrò Thomas.
«È da tempo che non ci si vede, vero?»
I suoi occhi si posarono su di me e sentii il freddo corrodermi dentro. Il suo sguardo mi incuteva timore, mi faceva tremare, era come se stesse smontando ogni parte di me.
«Ma guarda che coincidenza, chi è lui?» si avvicinò a noi.
Indietreggiai spaventato, mi sentivo come un coniglio davanti ad un lupo, indifeso.
«Mi hai sostituito bene a quanto vedo.»
Sostituito?
Thomas strinse talmente forte il braccio che gemetti dal dolore e mi piegai. «Thomas...» lo chiamai ma non sembrava potermi sentire.
«Che carino!» disse Stephen accarezzandomi la guancia con due dita. «Forza, perché non mi fai sentire come gridi?»
A quelle parole sentii un dolore lancinante.
Track.
Un unico suono che mi fece gridare fino a farmi male alla gola.
Guardai il braccio, ancora stretto dalla mano di Thomas, che aveva assunto una posizione innaturale.
Guardai sconvolto Thomas, mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa ancora dolorante.
«Fantastico!» esultò il ragazzo.
Strinsi i denti e mi inginocchiai con le lacrime che mi rigavano il volto.
«Thomas!» un'altra voce lo chiamò e questa volta sembrò ridestarsi.
Oscar arrivò qualche secondo dopo tutto trafelato.
Neanche il tempo di sfiorare la spalla di Thomas che in pochi istanti ci ritrovammo di nuovo a casa e lì mi lascia cadere tra le braccia di Morfeo.
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