Era passato qualche giorno dalla festa, non ero ancora andato a far visita a Thomas, avevo preferito lasciarlo da solo per potergli far chiarire le idee. Ma quella mattina decisi che era finalmente arrivato il giorno, avevo portato con me dell'altro cioccolato quello che piaceva tanto a Rei, ne sarebbe stato contento.
Arrivai davanti alla villa di Thomas ed entrai, questa volta dalla porta, e vidi subito qualche spettro camminare silenzioso per le sale, tutte con il capo basso e solo alcune vestite completamente di nero, ma non c'era Rei lì tra loro. Era strano, negli ultimi giorni Thomas aveva permesso al ragazzo di gironzolare libero e non perdeva occasione per farlo.
Mi soffermai su uno spettro che stava piangendo provando a non fare rumore.
«Che cosa è successo?» chiesi e tutte si voltarono verso di me.
«Signor Oscar,» disse Margaret prima che qualcun'altra potesse parlare, qualche lacrima solitaria solcava il suo viso anziano. «Padrone Thomas ha... il signorino Rei...»
Non mi ci volle molto per capire e arrivai nella stanza di Thomas in meno di qualche secondo. Guardai il letto disfatto su cui non c'era nessuno, le coperte riverse per terra insieme a fogli, ma un odore acre e pungente riempiva l'aria.
«Thomas!» lo chiamai precipitandomi nel suo studio sbattendo ferocemente la porta. «Thomas!»
Era stravaccato sulla sua poltrona mentre beveva un liquido rosso da un bicchiere di cristallo. Le mani erano insanguinate proprio come la sua camicia e il volto. Ghignava con gli occhi puntati su un tagliacarte con cui giocherellava con la mano libera.
«Thomas...» sussurrai sconvolto. «Cosa hai fatto?»
Rise e bevve tutto d'un sorso il sangue. «Chi, io?»
Mi avvicinai minaccioso, lo afferrai per il colletto e gli tirai un pugno dritto in faccia. «Che cosa hai fatto?!»
Rise più forte per poi mettersi in piedi. «Ora non sarà così bello...» rise ancora. «O vivo...»
Sgranai gli occhi, ma la sorpresa lasciò posto alla rabbia che mi permise di colpirlo un'altra volta e un'altra ancora e un'altra...
Gridai furioso, ma nonostante tutto lui continuava a ridere.
«Prenditelo pure, mi sono stancato di quella puttana!»
Lo lasciai e corsi via, dovevo salvare Rei...
Scesi giù, dove sapevo che Thomas chiudeva i suoi prigionieri.
Era lì, per terra, circondato di sangue, ferito, con le gambe che avevano assunto una postura inconsueta, il corpo ricoperta di lividi e ferite e il viso tumefatto.
«REI!» gridai precipitandomi verso di lui. Gli occhi erano gonfi e rossi e nonostante mi guardassero erano spenti, come se fosse morto...
Lo raccolsi da terra cercando di non fargli male, nelle mie mani sembrava un bambino, era persino più leggero di prima.
«Ora ti porto al sicuro...» sussurrai nonostante un nodo alla gola.
Faceva male, lui mi stava facendo male.
Dolore su dolore.
Le sue mani che mi picchiavano, le sue unghie che si piantavano sulla mia pelle, il coltello che danzava senza sosta creando ferite simili a crepe.
Grida.
Dolore.
Pianto.
Disperazione.
Li provavo tutti che li desiderassi o meno.
Le sue labbra incurvate in un sorriso desideroso di sangue, i suoi denti piantati sul mio collo, i suoi occhi non si posavano mai sui miei.
Aprii gli occhi, il soffitto di un azzurro simile a quello del cielo. Non ero più lì...
Guardavo con occhi spenti il vuoto mentre le prime lacrime cominciavano a bagnarmi le guance.
La porta di quella stanza di cui conoscevo solo il soffitto si aprii.
«Rei!» la voce di Oscar mi fece voltare verso di lui, non c'era nessun sorriso sul suo volto, solo un viso stravolto dalla preoccupazione. «Ti sei svegliato! Finalmente!»
Non avevo la forza di parlare. "Perché mi hai salvato? Perché non mi hai lasciato morire?" erano quelle le uniche cose che in realtà volevo dirgli.
Il cuore faceva male più di ogni altra ferita.
Non riuscivo a muovere il mio corpo, solo la testa.
«Rei...» sussurrò Oscar.
Piansi.
Piansi con tutte le forze che avevo.
Gridai più forte che potevo, agitandomi, facendomi male, aprendo le ferite. Ma non mi importava, volevo solo scomparire.
«Fermati!» Oscar era veramente preoccupata, lo vedovo vicino al letto con le mani protese verso di me, ma voleva toccarmi per timore che mi facesse del male. «Ti prego, fermati.»
Si sedette sul letto, mi strinse la mano e la poggiò sulle sue labbra. «Rei, fermati.»
Mi fermai e lo guardai con gli occhi sgranati pieni di lacrime e mi sfogai con un potente urlo che conteneva dolore, tanto dolore.
Passarono pochi minuti prima che potesse calmarsi, fissava di nuovo il soffitto con sguardo vacuo e gli occhi di un grigio cupo non smettevano di lacrimare, le labbra secche erano dischiuse. Da più vicino riuscivo a vedere la pelle dal colorito cadaverico, il labbro inferiore spaccato, le vecchie cicatrici sul suo volto deturpato da lividi e nuovo tagli, la sua mano non stringeva la mia, era fredda.
Sembrava morto. Solo il sollevarsi e l'abbassarsi del torace permetteva di capire che era ancora vivo.
«Rei, mi dispiace molto, sarei dovuto venire molto prima, ma non lo sapevo, lo giuro.»
Lui mi guardo, spento, che fine aveva fatto il giovane sprezzante di felicità?
«Acqua...» un brivido mi percorse la schiena quando sentii la sua voce simile ad un soffio.
Presi un bicchiere di cristallo colmo d'acqua e lo poggiai sulle sue labbra. Ne bevve solo un sorso, solo qualche goccia d'acqua, ma non lo forzai a berne ancora.
«Perché l'hai fatto?»
«Ho fatto cosa?» chiesi confuso spostandogli una ciocca dalla fronte.
«Perché mi hai salvato? Perché non mi hai lasciato morire?»
Sussultai a quelle parola. «Ma di cosa stai parlando?! Rei perché hai detto una cosa del genere!»
«Io sono solo un animale.» recitò scandendo le parole una ad una. «Non ho nessun valore, sono solo un inutile essere umano.»
«NO!» urlai stringendogli la mano. «Non è vero, Rei, sei un ragazzo splendido...» "pieno di vita" ma come potevo dirgli una cosa del genere, era ancora in bilico tra il regno dei morti e quello dei vivi.
«Io vivevo solo per Thomas e lui ormai si è stancato di me...»
«No, ti sbagli, Thomas...» cosa potevo dirgli? Non c'erano scuse per quello che aveva fatto.
"Mi sono stancato di quella puttana!" aveva detto così...
Sospirai e gli baciai il dorso della mano.
«Rei, devo dirti in che condizioni sei, voglio che tu sappia che, con molta probabilità, tu...» presi un grande respiro. «Non potrai più camminare.»
Per un piccolissimo attimo i suoi occhi si sgranarono, ma fu un movimento impercettibile.
«Le tue gambe erano rotte in più punti e...»
«Non m'importa.» rispose sfilando la sua mano dalla mia e adagiandola sul suo ventre coperto. «Non m'importa più nulla.»
Sospirai sconfitto, mi alzai e mi accinsi ad uscire.
«Ti lascio riposare, avrai molto sonno. Tornerò più tardi e ti porterò qualcosa da mangiare.»
Chiusi la porta alle miei spalle e mi appoggiai ad essa.
«Che diavolo ha combinato Thomas?!» colpii la parete di fronte con un pugno e ne rimase la forma.
No, si sbagliava, si sbagliava su tutto.
Io ero un animale.
Io non ero un ragazzo splendido.
Io non avevo sonno.
Ogni volta che chiudevo gli occhi lo rivedevo. Quel mostro dagli occhi dorati che mi torturava, che mi faceva del male, quell'uomo che amavo, anzi che avevo amato.
Rivedevo tutto solo chiudendo gli occhi.
Rimasi immobile ad osservare il falso cielo sopra di me.
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