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Era stato un viaggio lungo... Mai e poi mai Craig avrebbe pensato di fare tanta strada per trovarsi su una specie di enorme scoglio in capo al mondo, in mezzo a quattro pecore e neanche un centinaio di abitanti. Per di più il mare era in tempesta, il cielo nero come la pece vomitava incessantemente acqua da ore e il texano aveva appena scoperto che non c'era nemmeno un pub in tutta l'isola. Da quando aveva messo piede su quel lembo di terra, non aveva fatto altro che maledire la propria decisione di arrivare fino a lì. Era come se quel luogo gli fosse ostile e lui, in un moto di irrazionalità quasi infantile, non riusciva a accettarlo.
Per fortuna Maude, la padrona della guest house in cui aveva trovato alloggio, aveva una scorta di birra di ottima qualità che gli aveva messo a disposizione. Seduto sul primo dei tre gradini sotto al portico ne stava sorseggiando un po', con i gomiti poggiati sulle ginocchia, la bottiglia stretta per il collo con la mancina, lo sguardo perso a osservare l'orizzonte offuscato dalla pioggia. Davanti a lui c'era solo il prato, tagliato da una strada sterrata che conduceva al resto del villaggio, poi di colpo la distesa verde - quasi smeraldina sotto quel cielo plumbeo - si interrompeva con una linea netta, si stagliava contro l'orizzonte, a strapiombo sul mare di cui per ora poteva vedere soltanto la schiuma bianca delle onde più alte.
Stava cercando di raccogliere le idee, decidere come muoversi. Non si era dato un limite di tempo per risolvere la situazione e non sapeva nemmeno esattamente cosa sarebbe stato meglio fare. Aveva pensato di andare a vedere il luogo dove sorgeva la sua casa, che era ancora di proprietà della sua famiglia, ma era pieno di dubbi al riguardo. Sfilò il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e cercò nella galleria una delle foto che lo ritraeva, da ragazzino, proprio davanti al cottage in cui aveva vissuto. Christopher, suo padre adottivo, gli aveva detto di averlo fatto ristrutturare e che aveva chiesto a qualcuno dell'isola di prendersene cura di tanto in tanto. Gli aveva suggerito di alloggiare lì, ma Craig non aveva voluto: temeva che l'impatto potesse esser troppo traumatico.
Il rumore di un motore si intromise nei suoi pensieri, i fari di un veicolo illuminarono il prato per qualche istante, poi si spensero. Il texano sollevò lo sguardo, incuriosito, sistemando di nuovo il telefono in tasca. Scorse la sagoma di un pickup e sentì il rumore secco di una portiera che veniva richiusa. Pochi attimi dopo riuscì a individuare la figura di un uomo il quale sembrava apparso dal nulla, ma che presumibilmente era sceso dal veicolo; aveva le spalle larghe, ben distinguibili anche sotto la cerata azzurra che indossava; avanzava verso di lui lungo il sentiero che collegava la strada principale al cottage con un portamento fiero e al tempo stesso elegante, nonostante la stazza non indifferente di cui era dotato.
Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso mentre l'altro si avvicinava stagliandosi contro quel paesaggio dai colori freddi e duri; doveva avere più o meno la sua età, lui aveva compiuto da poco trent'anni, anche se la barba incolta che gli scuriva il mento probabilmente lo faceva apparire più adulto; lo sconosciuto aveva uno sguardo deciso, occhi che sembravano racchiudere la stessa furia della tempesta in atto, capelli neri come la notte.
Se lo ritrovò davanti e si rese conto che lo stava fissando più di quanto avrebbe voluto o dovuto, quindi cercò di ricomporsi mettendo su uno dei suoi sorrisi migliori «'Sera...»; il tizio lo squadrò da capo a piedi e poi, rivolgendogli a mala pena un nervoso cenno del capo in segno di saluto, gli sfilò accanto, risalendo i gradini per entrare nel cottage. Gli occhi di Craig caddero su uno strano tatuaggio realizzato con l'inchiostro bianco, sul dorso della mano sinistra del moro: raffigurava una spirale e il texano ebbe l'impressione di vederla muoversi vorticando su se stessa. «Ehi...» aggrottò la fronte, ma lo sconosciuto era già entrato nella guest house, ignorandolo.
«Maledizione» Si passò le mani sul viso, dandosi dello stupido: probabilmente l'aveva soltanto immaginato; del resto, era reduce da un viaggio intercontinentale e non dormiva da circa settantadue ore. Finì la birra con un'ultima sorsata e si alzò in piedi per far rientro nel cottage; aveva bisogno di riposare e nutriva anche una discreta curiosità su quel tizio appena arrivato.
Guardò verso il salotto alla propria sinistra, ma le luci di quella stanza erano spente; poco più avanti, lungo lo stesso corridoio ma sulla destra, c'era invece la porta della cucina. Essa era socchiusa e dalla fessura trapelava una sottile lamella di luce; sentì la voce di Maude, bassa, tranquilla e calda, interpuntata da quella più rude e mascolina, a tratti tesa, del nuovo arrivato. Parlavano sottovoce, non riusciva a comprendere cosa dicessero: sembrava che parlassero in un'altra lingua; per un attimo esitò nei pressi dell'uscio, indeciso se far sapere ai due della propria presenza o meno: sembrava che stessero litigando e non voleva risultare inopportuno. Nel mentre anche il tono dello sconosciuto si era placato, uniformandosi al sussurro tranquillo della donna e Craig decise di avviarsi verso la propria stanza al piano di sopra.
La porta della cucina si aprì in quel momento e Maude fece capolino con un sorriso gentile ; era una giovane donna minuta, con capelli color rame a incorniciare un viso ricoperto di efelidi e impreziosito da meravigliosi occhi verdi «Signor Pratt, venga. Le voglio presentare una persona. Ho pensato che potrebbe esserle utile una guida, se volesse visitare l'isola.» Craig, colto di sorpresa, sbirciò oltre le spalle della giovane donna, incontrando lo sguardo accigliato del tizio con lo strano tatuaggio «ah... Ecco... In realtà non sono qui per fare il turista...» esitò un momento, alternando lo sguardo tra Maude e l'amico della donna «Mi interessa soltanto ... Riposare» aveva mentito, perché non voleva raccontare di esser andato lì per un motivo preciso; gli sembrò che il tizio sospirasse di sollievo e intanto Maude provò a insistere «è sicuro? So che può non sembrare, ma quest'isola ha tanti tesori nascosti» non sentiva il bisogno di una guida per andare a vedere la propria casa, ma le insistenze cortesi di Maude, contrapposte a quella palese ostilità da parte dell'uomo che ora se ne stava in fondo alla cucina, granitico, a esternare senza filtri la propria riluttanza, provocò in Craig il desiderio di fargli dispetto. Come l'isola, anche quel tizio sembrava non volerlo lì e allo stesso modo, senza nemmeno sapere perché, Craig non accettava quel rifiuto.
«Beh...» entrò in cucina, una grande stanza quadrata dall'aspetto accogliente e casalingo arredata con mobili antichi. L'altro uomo era appoggiato al piano cottura, le braccia incrociate al petto. Si era tolto la giacca impermeabile e indossava una maglietta aderente che ne metteva in risalto il fisico asciutto e allenato, decisamente attraente. Si concesse qualche istante assaporando la sua espressione, prima di decidersi «credo proprio che lei abbia ragione, ne approfitterò» concluse, spostando gli occhi da Maude all'uomo che lo fissava dal fondo della cucina. Sembrava che il suo sguardo volesse incenerirlo, ma Craig lo sostenne, senza alcun problema, notando che aveva occhi di un colore particolare, prevalentemente blu con delle screziature che sembravano d'argento. Gli andò incontro e gli tese la mano con un sorriso smagliante, ai limiti del provocatorio «Mi chiamo Craig, piacere di conoscerti.»
Maude andò a sistemarsi accanto all'altro, rivolgendogli un'occhiata incoraggiante e perentoria al tempo stesso. Egli, con un sospiro, sciolse l'intreccio delle braccia e si decise a stringere la mano del texano in una morsa decisa, ruvida «Alex» gli rispose con tono laconico, incassando una leggera gomitata da parte di Maude che gli strappò un brontolio «piacere» aggiunse svogliatamente e sotto lo sguardo eloquente della padrona di casa, sospirò un «ti passo a prendere domani mattina alle nove.» lasciandogli andare la mano.
Craig era rimasto un momento a fissarlo, colpito: la voce di Alex era molto simile a quella che sentiva nel suo sogno... Ma si riprese in fretta, scacciando quell'assurdo pensiero dalla mente; rispose con il tono di chi stesse accettando una sfida, senza perdere il sorriso «Ok, ci sarò» «Alex è molto esperto e saprà darle tutte le informazioni che le servono per il suo sopralluogo, signor Pratt.» la padrona di casa era intervenuta probabilmente per cercar di stemperare un po' quella tensione che si percepiva nell'aria; nel frattempo Alex si mosse andando a recuperare la propria giacca dallo schienale della sedia su cui l'aveva lasciata. «Io vado, devo ancora finire il giro di ricognizione. A domani.» uscì dalla cucina con passo rapido, seguito dallo sguardo sconsolato di Maude e Craig ebbe la netta impressione che se per pura sfortuna si fosse trovato sulla sua traiettoria, l'uomo lo avrebbe travolto.
Un attimo dopo sentirono il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva con un tonfo sordo «Non ci faccia caso. Lui e mio fratello Gal sono gli unici due pompieri dell'isola e quando c'è la tempesta devono pensare a mille cose, non è nulla di personale. Le preparo qualcosa di caldo?» Maude sorrise ancora, avviandosi ai fornelli e afferrando il bollitore «magari una tisana per dormire? Dopo il viaggio che ha dovuto affrontare, ne avrà bisogno»
«No grazie... Preferisco andare a letto. Sono talmente stanco che non credo avrò difficoltà a prender sonno. E ... Nessun problema per Alex, non ho pensato nemmeno per un momento che ce l'avesse con me.» mentì Craig, scuotendo il capo e posando la bottiglia di birra ormai vuota sul tavolo al centro della cucina «Anche se ammetto che non vorrei trovarmi nei panni di qualcuno che gli sta davvero antipatico» Maude rispose con una bassa risata, nient'altro, mentre riempiva il bollitore per preparare la tisana per sé stessa.
Craig si soffermò a guardarla per un momento: quella donna gli era in qualche modo familiare e si chiese se per caso quando erano bambini fossero stati amici, loro due; del resto, avevano più o meno la stessa età. «Maude...» lei si voltò a guardarlo, con il sorriso che le aleggiava ancora sulle labbra «Sì signor Pratt?» Craig esitò indeciso se chiederle qualcosa al riguardo, se si ricordasse di lui... Ma cambiò idea: non voleva sembrarle strano. Scosse il capo massaggiandosi la nuca, con un leggero sorriso a inarcargli le labbra «Chiamami pure Craig, va bene? Diamoci del tu» Maude ampliò il sorriso e fece un cenno affermativo col capo. «Certo. Buonanotte, Craig»
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