«Sai ancora cavalcare, vero?» gli chiese Maude, aprendo le porte delle stalle; il cielo si era oscurato e si era alzato un forte vento che veniva dal mare «Certo» in Texas gli capitava spesso di andare a cavallo ma da come Maude gli aveva posto la domanda, capì che doveva aver imparato a farlo proprio lì, sull'isola di Fair «Perfetto. Dobbiamo fare in fretta.» Maude aprì due stalli; in ognuno di essi c’era un purosangue inglese, entrambi dal manto grigio; li portò fuori e afferrò due selle, porgendone una a Craig «Tu monterai questo. Si chiama Dashing.» l’uomo allungò la mano vicino al muso del cavallo, per farsi annusare «D’accordo...» quando l’animale diede segno di averlo accettato, lo sellò imitando Maude «Qualunque cosa succeda, non fare di testa tua. È possibile che i tuoi poteri si risveglino, ma non sapresti comunque usarli nel modo giusto: la tua formazione non è completa e non è il momento adatto per fare l’eroe» «Non sono uno sprovveduto.» «Non dico questo. È solo che non sei preparato a quello che ci aspetta» Craig, testardo e estremamente sicuro di sé come sempre, annuì ma non diede troppo peso a quelle parole: era certo che avrebbe saputo affrontare la situazione, qualunque fosse, e che avrebbe dimostrato a quel pallone gonfiato di Alex di che pasta era fatto.
Era turbato, eppure le sue mani, i suoi pensieri, si muovevano senza dar retta a quella parte più razionale di lui che gli stava chiedendo perché sapere Alex in pericolo lo agitasse tanto. Era come diviso in due: avvertiva un'energia che gli scorreva in tutto il corpo, simile a decine di migliaia di scariche elettriche, a causa dell'adrenalina che fluiva rapida nelle vene; aveva la mente assurdamente lucida proprio come quando doveva entrare in azione ai tempi dei Marines: non era spaventato o preoccupato per sé stesso, ma unicamente concentrato sul dover fare ogni cosa con la massima efficienza. Eppure, al tempo stesso c'era ancora un lato di lui che gli urlava di fermarsi, di non lasciarsi influenzare da quella follia, di ragionare: tutte quelle storie sul popolo delle fate non potevano esser vere.
Mentre saliva in sella a Dashing, sentì delle voci e uno scalpitio: altre due figure a cavallo li stavano raggiungendo; uno dei due era Sweeney e Craig dedusse che l’altro fosse Gal, il fratello di Maude: era molto simile alla donna, di qualche anno più giovane a occhio e croce. Non ebbero tempo per le presentazioni: non appena i due furono più vicini, partirono tutti e quattro al galoppo verso nord. Sweeney era passato in testa al gruppo, per far loro strada; subito dietro di lui si era accodato Gal, poi Craig e infine Maude. Correvano incontro a un cielo sempre più scuro e minaccioso, con il solo rumore degli zoccoli sul terreno a far da sottofondo. Craig si sentiva esaltato, il vento che gli scompigliava i capelli e sferzava il viso, l’adrenalina che scorreva prepotentemente nelle vene.
Finalmente arrivarono al faro. Esso si ergeva innanzi a loro, solitario, stagliandosi contro il cielo grigio piombo; ma ciò che più attirò l’attenzione del texano fu uno strano ammasso di nubi nere venate di lampi violacei che si concentrava a altezza uomo davanti all’edificio in pietra. Il Vortex sulla sua mano aveva assunto una luminosità più intensa e ogni fibra del suo corpo sembrava percorsa dall’elettricità: avvertiva il pericolo farsi sempre più vicino e con questa sensazione si intensificò in lui anche il desiderio di uno scontro. Non aveva idea da dove provenissero, ma nella propria mente presero forma con assoluta nitidezza le immagini di come avrebbe dovuto affrontare quella minaccia: sapeva cosa fare, come farlo. Lo aveva sempre saputo, solo che se ne era dimenticato. Quella consapevolezza, per quanto assurda e incredibile, non lo fermò, anzi: lo galvanizzò ancor più di prima; si sentiva pervaso da una forza e da una sicurezza che non aveva mai provato e sebbene tutto ciò che lo circondava gli sembrasse surreale, la propria mente era sgombra, lucida come non mai, focalizzata sull’obiettivo. Solo in quel momento iniziò a rendersi conto di esser preoccupato per Alex e non soltanto desideroso di rivalsa nei suoi confronti. Sembrava che tutto il carico di emozioni rimaste fino a quel momento sopite in lui si fossero risvegliate contemporaneamente. Non era certo del motivo per cui le provasse e non era in grado di analizzarle in quel momento, ma sentiva di doverlo salvare a tutti i costi.
Sweeney fermò il cavallo a circa una ventina di metri dal faro, Maude lo affiancò e Gal invece si piegò maggiormente in avanti sul dorso del proprio destriero, spronandolo a aumentare l’andatura, diretto verso le nubi che si addensavano sull’altopiano antistante la costruzione. Craig lo seguì, senza esitazione, ignorando i richiami di Maude. Agiva seguendo l’istinto, come sempre. Si era alzato un vento che sembrava volerlo rallentare, respingere, ma continuò imperterrito a incitare Dashing al galoppo; il mare si era fatto impetuoso e il suo rumore copriva gran parte dei suoni circostanti. O forse era quello del martellare del cuore nel suo petto, non ne aveva idea.
Fu allora che lo vide: Alex era nel centro di quel cumulo nerastro, intrappolato da decine tentacoli di fumo che gli si attorcigliavano attorno a polsi e caviglie. Stava lottando per liberarsene, sprigionando lampi di luce violetta dalle mani, ma per ogni tentacolo che riusciva a fendere, se ne formavano altri che tornavano a imprigionarlo. Craig era concentrato a cercare quale fosse il punto debole di quella mostruosità, sapeva che doveva averne uno. Doveva agire in fretta, anche perché gli sembrava che Alex perdesse energie a ogni tentativo di liberarsi.
«Cosa devo colpire?» chiese verso Gal, affiancandolo, alzando la voce sopra il rumore del vento e delle onde con urgenza «Il core è un grumo nero. Ce ne sono almeno tre, vedi quelle sfere rosse?» Craig le individuò e fece un cenno affermativo col capo; in quel momento Alex si accorse di loro e quando vide Craig emise un ringhio «Che cazzo ci fa lui qui? Non dovevate portarlo!» «Dannato idiota» Craig strinse le mani sulle briglie, imprecando; Gal sollevò la mano destra, lanciato al galoppo, e da essa partì un lampo simile a quelli che stava usando Alex, solo di luce meno intensa, che colpì un grumo più scuro degli altri. Uno stridio insopportabile riempì le orecchie di Craig, l’ammasso di nubi si agitò, deframmentandosi per qualche istante per poi ricomporsi e stringersi maggiormente su Alex fin quasi a nasconderlo alla loro vista.
Il texano serrò le dita sulle briglie, si piegò maggiormente in avanti col busto «Dashing, vai bello.» spronò il cavallo dirigendolo verso il centro del cumulo di nubi. «Coprimi!» urlò a Gal mentre lo superava lasciandolo attonito. La voce di Maude che cercava di fermarlo si perse nel vento e nel fragore delle onde che si infrangevano con violenza contro gli scogli. Ancora una volta sentì quell'altra parte di sé stesso cercare di frenarlo, ma la ignorò, spronando Dashing a accelerare la galoppata verso il faro. Anche Alex gli stava urlando qualcosa, ma lui non voleva ascoltare, non voleva tirarsi indietro... Non voleva lasciarlo in balia di quella roba. Gli sembrò di vedere una figura con lunghi capelli biondi in piedi davanti alla porta del faro, alle spalle di Alex, ma non fece in tempo a capire di chi si trattasse o cosa stesse facendo, perché sentì il pompiere urlargli di fermarsi. Avvertì il sibilo dei lampi lanciati a ripetizione da Gal, li vide andare a schiantarsi contro quell'ammasso fumoso che fungeva da trappola per Alex, ma sembrava che non avessero alcun effetto.
Craig si guardò per un momento la mano sulla quale il Vortex sembrava pulsare ora di vita propria: ora era definito ben visibile e luminoso. Lo sentiva bruciare e vorticare; annuì tra sé e sé «Te la faccio vedere io» ce l’aveva con Alex, con le Ombre, con il mondo intero. Sentì un urlo di dolore provenire dal punto in cui si trovava il pompiere e sollevando gli occhi su di lui vide che uno dei tentacoli d'ombra lo stava trafiggendo in pieno petto; quel lamento era stato talmente lancinante e disperato che gli sembrò di provar lui stesso una fitta acuta allo sterno, come se fosse stato colpito a propria volta.
Digrignando i denti, tentò il tutto per tutto, lanciandosi a capofitto direttamente nel mezzo della cortina di nubi e sollevando la mano su cui aveva il Vortex con il palmo rivolto verso uno dei core, come aveva visto fare a Gal. Non sapeva se dovesse dire o pensare qualcosa di preciso, ma sicuramente aveva infuso in quel gesto tutta la rabbia e il desiderio di distruzione che provava in quel momento. La luce che sprigionò era così intensa che lo abbagliò; ebbe la sensazione di trovarsi nel cuore di un’esplosione atomica: per un lungo istante il tempo sembrò fermarsi, tutto intorno a lui si fece di un bianco abbacinante, mentre un urlo di dolore acuto e disumano si propagava nell’aria facendogli fischiare le orecchie e sovrastando qualsiasi altro suono. Ancora pieno di adrenalina, cercò alla cieca il braccio di Alex e lo afferrò issando l’uomo su Dashing, di peso, rendendosi conto che aveva perso i sensi. Si piegò su di lui, proteggendolo istintivamente mentre spronava il cavallo a continuare la propria corsa per uscire da quell'inferno di luce bianca e fumo nero che era esploso intorno a loro, sperando che l'animale non li portasse dritti verso il dirupo a picco sul mare che si trovava alle spalle del faro.
Le orecchie gli fischiavano e la vista era offuscata, ma strinse a sé Alex con le ultime energie rimaste cercando di indirizzare Dashing dalla parte opposta. Quando sentì le voci di Gal, Maude e Sweeney, vedendoli poi affiancarlo mentre il cavallo rallentava, capì di avercela fatta. Con un sorriso soddisfatto si lasciò scivolare nell'oblio, esausto.
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