Craig si incamminò verso sud senza un particolare motivo se non che fino a quel momento aveva visto soltanto la zona a nord dell’isola. Camminava a passo tranquillo, inspirando l’aria salmastra a pieni polmoni, ascoltando il rumore delle onde in lontananza e osservando il cielo stellato sopra di sé, senza preoccuparsi troppo della meta: aveva soltanto bisogno di stare da solo, rimettere insieme i pezzi e sgranchire un po’ le gambe. Il sentiero sterrato era in discesa e poco più giù poteva intravedere il piccolo agglomerato di case che costituiva il villaggio, la caserma dei pompieri, la chiesa, il cimitero e l’emporio/ufficio postale. Sembrava che non ci fosse nessuno: tutte le luci erano spente, le imposte chiuse. Ma era ormai quasi mezzanotte e probabilmente erano andati tutti a dormire. Non era poi così strano, in un posto come quello, anche se nel profondo aveva sperato di incontrare qualcuno che non facesse parte dei Figli delle Fate: da quando era arrivato gli era sembrato di vivere in una dimensione parallela nella quale si parlava di magia come se fosse stata una cosa normale e lui si sentiva spaesato oltre che isolato dal mondo reale.
Come sperava, quella passeggiata lo stava aiutando a riprendere almeno in parte le redini del proprio raziocinio: il dolore sordo misto a risentimento che aveva provato nei confronti di Alex poco prima era quasi del tutto svanito. Anche lo shock per quel che gli aveva rivelato Maude sul proprio passato si era attenuato e anzi, stava iniziando a nutrire dei dubbi sulla veridicità di tutta quella storia: anche se aveva visto con i propri occhi le Ombre, poteva trattarsi di un’allucinazione, magari indotta da qualche sostanza che gli avevano propinato a sua insaputa. Insomma, gli sembrava tutto troppo folle e assurdo per esser vero. Non sapeva spiegarsi per quale motivo avrebbero dovuto raccontargli una cosa del genere, ma per lui era molto più facile accettare l’idea di esser stato ingannato, piuttosto che credere a quelle baggianate. Ovviamente stava accuratamente fingendo che non ci fosse alcun Vortex sul dorso della propria mano nonostante ne avvertisse la presenza: da qualche minuto, infatti, come se avesse voluto farsi notare, esso gli provocava brevi ma frequenti fitte di dolore.
Si fermò per un momento accanto a una grossa pietra, frugando nelle tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette e dell’accendino, ma un fruscio e una bassa risata femminile attirarono la sua attenzione distogliendolo dal proprio intento; con i sensi all’erta si guardò intorno e gli parve di scorgere un movimento nella boscaglia alla destra del sentiero su cui si trovava. «Ehi, c’è qualcuno?» non ricevette alcuna risposta. Incuriosito mosse qualche passo verso la vegetazione, ma era troppo fitta e il buio in quel punto era impenetrabile: non riuscì a individuare la fonte di quei rumori… Forse se li era soltanto immaginati. Si voltò per tornare sul sentiero «’Fanculo…» borbottò passandosi le mani sul viso «Devo andare via da quest’isola» nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, sentì una stretta al cuore: sapeva che non sarebbe riuscito ad andarsene con tanta leggerezza; a prescindere da tutte le sue convinzioni, dai dubbi e dalle perplessità, voleva andare a fondo di quella storia. Andò a sedersi sulla pietra presso cui si era fermato prima e tirò fuori le sigarette dalla tasca, accendendosene una.
«Perché vuoi andartene?» la voce di una ragazza lo colse di sorpresa, facendogli quasi cadere la sigaretta dalle labbra «Ma che cazz…?!?» si girò di scatto verso il punto da cui proveniva quella domanda: lo stesso in cui poco prima gli era parso di scorgere un movimento. Vide emergere dalla boscaglia una ragazza che non dimostrava più di vent’anni, minuta, con una folta chioma di ricci rossi come il fuoco, il viso lentigginoso con il nasino all’insù, occhi verdi e vivaci; indossava una salopette di jeans con i risvolti sulle caviglie, una camicia a quadri verdi e neri, stivali di gomma e una cerata entrambi verde bosco. «E tu chi sei?» «Mi chiamo Deirdre, tu?» Lo scrutava con curiosità e attenzione, ma non sembrava spaventata da lui: si stava avvicinando più con il fare di chi volesse ammansire una fiera, far abituare alla propria presenza. Dietro di lei comparve, poco dopo, un pony nero con una chiazza a forma di stella tra gli occhi. Craig si rassegnò a non fumare la sigaretta, ma anche agli strani incontri che si facevano su quell’isola.
«Sono Craig. E lui come si chiama?» le domandò, indicando con un cenno del mento il pony; restò appollaiato sulla pietra, comunque, lasciando che la ragazza si avvicinasse sebbene il suo sguardo curioso lo mettesse a disagio «È una lei, l’ho chiamata Stella» la giovane si sedette ai piedi della pietra, mentre il pony le si fermò accanto brucando l’erba al suo fianco «adesso che abbiamo fatto tutte le presentazioni, mi spieghi perché vuoi andartene?» insistette, strappando un filo d’erba dal terreno per giocherellarci mentre gli teneva addosso uno sguardo indagatore, quasi dalla risposta di Craig dipendesse il futuro del mondo intero; il texano sbuffò, piegando le gambe e poggiando gli avambracci sulle ginocchia; si strinse nelle spalle, scuotendo il capo «Era solo per dire. È che è troppo diverso da dove sono cresciuto» Deirdre inclinò il capo di lato, sbattendo le palpebre «ma tu sei cresciuto qui, no? È questo che dicono in paese: che sei nato qui e che poi a un certo punto c’è stato un incendio e tu e la tua famiglia siete partiti per andare in America» forse si accorse dell’espressione stupita di Craig perché lo anticipò, con un sorrisetto divertito. «Sei uno straniero, o meglio… Sei una persona… diciamo nuova. Al villaggio si parla di te da giorni. È normale, non succede mai niente qui» si strinse le ginocchia al petto e vi poggiò il mento «Cosa intendi quando dici che è diverso dal posto in cui sei cresciuto? Ti sembra tanto cambiata l’isola, da allora?» gli domandò ancora, mettendolo in difficoltà: quella ragazza gli era simpatica, ma non aveva voglia di raccontare la propria storia per l’ennesima volta, tanto meno ora che non aveva nemmeno lui le idee chiare.
«È una storia lunga. Piuttosto… Che ci fai in giro da sola di notte? È pericoloso» cambiò discorso strappando un altro sorriso a Deirdre, che aveva tutta l’espressione di aver capito il suo giochetto ma di volerlo assecondare, almeno per ora «Non sono sola. Ho Stella con me. E poi qui non c’è nessuno, vedi? Chi potrebbe mai farmi del male?» in effetti quel luogo era talmente deserto che la comparsa di Deirdre sembrava perfino surreale «non corro nessun pericolo. Ci conosciamo tutti. In ogni caso io so difendermi» Craig corrugò la fronte «Ma ci sono io. E tu non sai se sono un malintenzionato» Deirdre parve soppesare le sue parole, scansionarlo da capo a piedi con lo sguardo attento e infine fece una bassa risata «Se lo sei, sei anche un po’ stupido: stai continuando a mettermi in guardia… e poi saresti il primo su cui cadrebbero i sospetti, perché sei “quello nuovo”» il texano la guardò per un momento incredulo, poi scoppiò a ridere, seguito a ruota dalla ragazza.
«E insomma, cos’è che dicono esattamente di me, al villaggio?» le chiese, cercando di carpire qualche informazione per tentar di mettere insieme i pezzi della storia e capirci qualcosa. Per la terza volta riprese la sigaretta e finalmente riuscì a accendersela «Che vivevi con tuo padre al cottage nel Bosco Maledetto e che la vostra casa ha preso fuoco» per la prima volta Deirdre esitò, sembrava improvvisamente avere qualche ripensamento; Craig la osservò, attentamente «Continua, sono curioso» la esortò, sbuffando una nuvoletta di fumo «Beh… Mi hanno detto che tuo padre è morto nell’incendio e che tu sei stato portato via dai tuoi... zii? O cugini. Non lo sanno con precisione… Prima che chiunque del villaggio potesse salutarti.» «Mh. E di mia madre che dicono?» fino a lì il racconto di Deirdre coincideva in gran parte con quanto era successo, se non per il particolare sulla propria madre: nella versione che conosceva lui prima di arrivare lì, sua madre era morta anche lei nel rogo, mentre in quella che gli aveva raccontato Maude la donna era sopravvissuta e era imprigionata da qualche parte… O meglio, lui l’aveva imprigionata da qualche parte. Deirdre sembrava perplessa «Che è morta dopo averti dato alla luce. Perché me lo chiedi?»
Il texano scrollò le spalle «Niente, curiosità. » non sapeva più a cosa credere. Se era vero tutto quello che gli avevano raccontato riguardo le proprie origini fatate, aveva senso che la propria famiglia avesse fatto credere che sua madre fosse morta dandolo alla luce: essendo una fata era costretta a vivere a Corte per periodi molto lunghi e quindi sarebbe stato complicato giustificare la sua assenza. Per quanto assurda potesse sembrargli, alla fine l’unica versione che trovava davvero plausibile era proprio quella che gli avevano raccontato Maude e gli altri. Decise di non far più domande a Deirdre anche per scongiurare il rischio che poi lei ne facesse altrettante a lui.
Il Vortex aveva iniziato a fargli male, molto più di prima: c'era qualcosa che non andava e sentiva il bisogno impellente di rientrare al cottage. Si alzò in piedi sistemandosi il giaccone e tentando di non dar a vedere la propria agitazione si guardò intorno con la sensazione di esser osservato «Va bene... Adesso però è ora di andare a dormire, almeno per me. Vuoi che ti accompagni a casa?» anche se aveva fretta, non l'avrebbe lasciata tornare da sola, se la ragazza gli avesse chiesto compagnia... Ma Deirdre scosse il capo alzandosi a propria volta «No, grazie. E poi non farei mai vedere dove abito a un pericoloso sconosciuto» gli fece l'occhiolino con aria sbarazzina e si allontanò lungo il sentiero in direzione del villaggio, seguita dal pony.
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