Dopo un secco ordine di Ciel, che non aveva affatto intenzione di rovinarsi i vestitini nuovi, Sebastian si accorse di essere un maggiordomo demoniaco e che a due passi c’era un estintore che balzando poteva raggiungere facilmente.
Saltò con eleganza in mezzo ad «Ave Maria!» (erano nel bel mezzo di una preghiera) di estrema approvazione e ammirazione, prese con le sottili dita l’estintore e lo usò contro le fiamme, mentre Bard piangeva e tossiva, forse preso dal rimorso, forse assorbito da una triste crisi di esistenza.
Elizabeth scese con un balzo dal tavolo e adornò l’estintore in due secondi di un fiocco rosa brillante alto quanto Sebastian e largo quanto il Maggiore (altro personaggio di Hellsing) e ridacchiò con la sua strana vocina canticchiando la terribile canzone “Kawai”.
«Bard» esclamò, serio Sebastian, quando l’incendio fu completamente spento «Il tuo comportamento è stato riprovevole! Tutti vi comportate come se foste una massa di Plu Plu! Volevo dire» si corresse «di temibili Makenna! Ciò non si addice alla servitù dei Phantomhive, e rischi di essere licenziato se continui così, per tanto non riceverai sostentamento e rimarrai nella terra di nessuno, per sempre costretto a camminare nella linea di mezzo …» indicò con il dito lungo e sottile, mentre cameriera e giardiniere trattenevano il respiro, il confine lucente dei Kuroshitsujiani che separava la loro parte di casa, di loro appartenenza per un tacito accordo, da quella oscura degli Hellsing «… Tuttavia non riesco a comprendere cosa vi manchi» si portò una mano sotto il mento e chiuse gli occhi con aria pensosa «Ricevete cibo a volontà, interagite come dovrebbero fare gli esseri umani, bevete, dormite, potete svagarvi come più vi piace … cosa vi manca ancora?»
I tre si guardarono negli occhi.
Tutti sapevano cosa gli mancava
“Fame! Fame tremenda! Si avventò sul piatto tentando di sottrarlo a colui che se lo sbafava, ma venne violentemente respinto”
“«Sapete» fece Meirin «A volte mi manca la compagnia di altri. Non entra mai nessuno qui!».
Gli altri annuirono, con aria grave
«Siamo solo noi tre normali, poi c’è Sebastian-san, il Bocchan e di tanto in tanto la sua fidanzatina. Madame Red è morta (non che la volessi tra i piedi, se permettete)e ogni tanto arriva quel coso, là, Grell. Sebastian-san è terrorizzato da quello sconcio. Ah, sto impazzendo!» urlò Finnian, mettendosi le mani fra i capelli e chiudendo gli occhi con aria sofferente.
Bard annuì di nuovo”
“Erano disidratati, buttati in un angolino come scope. Alzarono tutti e tre la mano, contemporaneamente «Sebast … Sebastian-san». Quello non li degnò di uno sguardo”
“Quella notte la passarono insonne. Fra il Bocchan e Lizzie che strillavano, non era propriamente una bella notte, non per dormire. Stavano schiattando. Erano al limite. Presto sarebbero stati preda di una fortissima crisi isterica e si sarebbero uccisi a vicenda.
«Champ, champ, champ» iniziò a dire ritmicamente Finnian.
Così, senza un motivo”
“«No, no, non toccare!»
«Non puoi!»
«Che comportamento riprovevole!»
«Sei un disonore per l’antica casata dei Phantomhive!»
Erano diventate frasi ricorrenti. Mogi mogi, seguirono il maggiordomo che parlottava con Ciel di cose che non suscitavano in loro una briciole di interesse”
Avevano tutto, diceva lui?
Finnian fu preso dall’isterismo acuto «Ci manca tutto! Siamo affamati, tra un poco autistici, disidratati, stanchi, assonnati e stiamo per diventare pazzi!».
Bard e Meirin trattennero il fiato, in attesa di una sfuriata di Sebastian.
“Gliela devo fare pagare” pensò il maggiordomo “Ma se sono ridotti così male non possono che rappresentare uno svantaggio. Per ora li aiuto, a casa li ammazzo di botte”
«Bene, Finnian. Tu sostieni che noi non vi diamo abbastanza» iniziò Sebastian, mentre il cuoco e la cameriera tremavano e sudavano freddo «Allora vi fornirò ciò che desiderate. Chiedete, su!»
Gli occhi dei tre si illuminarono mentre si sporgevano verso il demone «Grazie Sebastian-san!»
«Io …» disse Bard
«… Ho» continuò la cameriera
«Fame!» completò Finnian massaggiandosi lo stomaco brontolante.
Lui, gli sorrise, socchiudendo gli occhi in uno sguardo gelido nonostante il sorriso sdentato «Bene. Andiamo. Bocchan …»
«Andiamo, Sebastian» acconsentì il bambino mentre Lizzie saltellava dietro di lui, poi lo sorpassò e cominciò a correre verso la sua camera.
Mentre i Kuroshitsujiani si dirigevano verso la cucina si udì un urlo, acuto, trillante, inconfondibile.
«Lizzie!» strillò Ciel «Veniamo a salvarti! Sebastian!» e detto questo cominciò a correre verso la camera della ragazzina.
I tre rimasero impalati in cucina. Poi iniziarono a far fuori tutto ciò che trovarono
«Farina!» esultò Finnian, versandosi il pacco, con tutta la carta, in bocca
«Uva sultanina!» gioì Meirin, più fortunata, che fece scomparire in un nano-secondo o giù di lì la prelibatezza
«Ciliegie!» urlò Bard, facendo si che queste facessero la stessa fine dell’alimento trovato dalla cameriera. Ovviamente, non pensarono neppure di fare cucinare Bard, il cuoco. Non volevano rischiare un intossicazione alimentare.
Nel frattempo, Ciel e Sebastian fecero irruzione nella camera di Lady Middford che, singhiozzando, era riversa su un brandello di stoffa nel caos più totale.
La scritta a mò di festone cartaceo che una volta era “kawai” adesso era una “i” sbilenca, attaccata solo da un lato con dello scotch al e penzolante nel vuoto. Il resto giaceva per terra con grossi buchi che lo deturpavano per l’eternità.
Gli orsacchiotti rosa, che una volta erano teneri e morbidi, sembravano piccoli zombie, con l’interno per la maggior parte riverso nella parte esterna, come una raccapricciante mostra di organi interni e lo stesso orsacchiotto che aveva guardato Sebastian con occhi vitrei, era un torso privo di testa e arti. L’ammobilio intorno era completamente distrutto, con i ragni rosa fluo che fuggivano dalle loro ragnatele rosa shocking.
Il mobiletto rosa che conteneva gli effetti personali di Elizabeth era un’anta che stava magicamente in piedi. A uno starnuto di questa, cadde per terra. I quadri, per esempio “La Gioconda”, che aveva dei denti alla “Grell eo Grelle Sutcliffe” fatti con il bianchetto e un colore a spirito nero, o gli occhi rossi e i baffi alla Vladcard, alias Vlad Dracula III di Valacchia. Gli altri avevano facce mostruose rifatte con il pennarello, senza contare i disegni della piccola nobile con tutti i personaggi con un buco nel cuore e del sangue. Vero, che impiastricciava il disegno.
I vestiti, la cosa che Lizzie aveva adorato di più, erano brandelli che sembravano strappati da un cane rabbioso e quello più intero era una specie di lavoretto di carte come quelli dei cartoni animati: un sacco di omini tutti in fila che si tenevano per mano. Se ne distingueva uno che aveva qualcosa di strano in testa e che gli usciva dal lato destro della faccia. Bhè, dalla scritta che aveva (“Master”) si può capire che le cose in testa erano i ciuffi impossibili della pettinatura e la cosa era una sigaretta.
Elizabeth giaceva scomposta a terra, ondeggiando in preda a un attacco di chissà cosa, piangendo a dirotto.
«Se-sebastian» mormorò Ciel «Cos’è questo?»
«Non lo so, Bocchan» ammise, incredulo, il maggiordomo con sincerità
«Sebastian!» Ciel ebbe un’illuminazione «Tu consola Lizzie. Io devo controllare una cosa!» scappò via, mentre il maggiordomo demoniaco si chinava su Elizabeth e si disgustava da solo dicendo un mucchio di cose sdolcinate che gli fecero ribrezzo.
Poco dopo si udì un urlo, acuto, trillante, inconfondibile.
«Bocchan!» si alzò fulmineo e fuggì, lasciando una sbalordita Lizzie sul pavimento, ma ormai consolata,
Quando Sebastian entrò nella stanza vide che, anche lì, tutto era distrutto. La preziosa tazzina porta-fortuna del Bocchan era a terra e ne restava … un buco.
Sul lettone matrimoniale di Ciel vi era l’impronta di due enormi piedi che avevano curvato il letto verso il basso, con le estremità che ricordavano quelle di una nave spezzata che sta affondando rapidamente. Le tende erano bucherellate e in una c’era persino segno di un morso di una bocca enorme.
Ciel giaceva a terra e ondeggiava. Forse era indemoniato.
Dalle stanza della servitù (dopo che si erano saziati mangiando tutto erano tornati nelle loro camere) si udirono tre urli in rapida successione.
Sebastian si mise le mani fra i capelli e si sentì sollevato perché lui non aveva la camera. Ma si sentì morire perché gli altri non sapevano riordinare le camere.
«Gliela farò pagare … gliela farò pagare» Mormorò, riferendosi all’autore del disastro.
Qualcuno aveva cercato di sabotare le loro esistenze … ma chi? Chi poteva avere una bocca come quella che si era mangiata le tende e gli orsacchiotti? Chi poteva avere quei piedi enormi, quegli stivali sporchi che avevano insudiciato il copriletto prima di distruggere del tutto la struttura portante del letto?
Sebastian aveva in mente un solo nome: Alucard.
Così, il meraviglioso, efficientissimo, maggiordomo di casa Phantomhive si organizzò mentalmente per rendere pan per focaccia all’orribile torto subito, all’onta di vedere il proprio padroncino straziato dal dolore, sul pavimento, povero bambino indifeso!
Sebastian strinse gli occhi e nelle sue iridi comparve il riflesso di fuoco delle fiamme cremisi, le fiamme inestinguibili dell’inferno che contornavano una ferina pupilla verticale.
La luce non si rifletteva più sui suoi occhi, essi brillavano di luce propria, grandi e terribili nella loro rabbia sanguinaria. Forse Alucard, per quanto potente, aveva sbagliato nel cercare di sabotare l’esistenza dei Phantomhive.
«Bene» Mormorò Sebastian «Adesso cerchiamo di mettere un pò a posto questa casa … poi vedremo il da farsi».
Ciel sembrò riaversi un poco, rialzando la testa da terra. I suoi capelli erano sporchi di polvere e di granelli di roba bruciacchiata, oltre che di pezzi di spugna fuoriusciti dai ventri strappati degli orsacchiotti di Peluche.
Sebastian prese il suo piccolo padrone fra le braccia e lo sollevò da terra con delicatezza
«My lord, state meglio?»
«Si, Sebastian» la voce di Ciel era rotta e sottile «Ma i nemici pagheranno, la pagheranno cara … è un ordine, Sebastian, va a fare a loro quello che loro hanno fatto a noi»
«Ma, Bocchan … le nostre stanze sono ancora disordinate …»
«Non mi interessa» Ciel scosse la testa con convinzione, poi si portò una mano alla benda «Non costringermi a ricordarti i termini del nostro patto, Sebastian. Non costringermi …»
«Certo, Bocchan» con delicatezza, il maggiordomo posò il corpo esile di Ciel sopra all’unica sedia intatta, poi sfrecciò fuori.
Doveva essere pronto a tutto, non sarebbe stato facile. A volte Ciel non era molto intelligente: aveva ordinato a Sebastian di andare a distruggere le camere degli Hellsing proprio mentre i padroni, come si usa dire, erano dentro casa. No, non sarebbe stato affatto facile …
Come un ninja, Sebastian si nascondeva dietro gli angoli, appiattendosi. Saliva le scale agile, a lunghi passi ed a due gradini alla volta, poi di nuovo si mimetizzava dietro le pareti, si abbassava, ascoltava, si muoveva in punta di piedi, silente come un’ombra. Sarebbe stato un magnifico assassino, se mai quella fosse stata la sua professione.
Ma lui aveva scelto di essere un maggiordomo e questo, per lui, significava essere tutto per il suo Bocchan: che fosse cuoco, che fosse spazzino, che fosse assassino, lui doveva impegnarsi per trasmutarsi ed essere ciò che gli veniva ordinato di essere. Adesso doveva essere un sabotatore e si era calato con serietà nella parte.
D’improvviso, mentre era schiacciato contro un muro come tappezzeria, udì la voce del grosso vampiro in rosso parlare da dentro la stanza
«Gli ho giocato proprio un bello scherzo …».
Sebastian serrò le labbra. Lui, era stato lui, Alucard a distruggere i loro alloggi! Ben attento a non farsi scoprire, Sebastian si fermò e premette l’orecchio contro il muro: aveva un udito molto acuto e per lui origliare significava, molto probabilmente, carpire informazioni di importanza vitale.
«Ah, senza dubbio … si, Master …»
«Sei stato molto bravo, Alucard. Sento da qui le loro urla di disperazione» Questa, invece, era la voce di Integra, profondamente compiaciuta
«Oh, anche io le sento. Ho distrutto tutto ciò che a loro era più caro. Ah, questi materialisti!»
«Intendi dire che noi non lo siamo?» adesso la donna sembrava divertita
«Se anche dovessero distruggere la mia stanza e fare a pezzi la mia bara dubito che mi dispererei come stanno facendo quei patetici soggetti. Siamo sempre insieme, no? Io e te. Non mi serve nient’altro per essere felice».
Sebastian fece un’espressione disgustata. Aveva dato a loro, ai Phantomhive, dei materialisti? E quell’uomo tanto grande e grosso, così malvagio e orribile, stava davvero facendo una così stucchevole dichiarazione d’affetto al suo Master? Un Master ben poco raffinato e bello, a dire il vero, Sebastian credeva che non ci fosse confronto, esteticamente, fra Ciel e Integra. Ma era evidente che le idee di Alucard erano ben altre …
«Davvero?» Lady Hellsing emise una breve sequenza di risa piene «Sai, sei un pò troppo tenero, a volte, per essere un vampiro»
«Non dovrei?»
«È una di quelle cose di te che mi piace di meno»
«Oh» Alucard sembrava altrettanto divertito, quando invece avrebbe dovuto essere deluso «A te piace la parte di me più sadica? Quella che distrugge, quella che mutila?»
«A me piace la parte di te che ci fa vincere» ribatté Integra «Credo che tu abbia capito di che cosa sto parlando»
«Si, Master. Ti piace la parte di me che mi ha spinto a distruggere le miserabili vite materialiste dei nostri nemici?»
«Esatto, Alucard, esatto …»
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