Sebastian era riuscito a trascinarsi faticosamente fino agli alloggi della famiglia Phantomhive e lì si preparava a capire che cosa diavolo avrebbe dovuto fare per gestire al meglio la famiglia. Come avrebbe potuto lavorare come maggiordomo, come avrebbe potuto dare il meglio di se, ridotto com’era?
Il sangue gli colava dal petto squarciato, la camicia bianca come il latte era stata aperta, la stoffa pendeva slabbrata. Sulla carne nuda, proprio in mezzo ai due pettorali, c’era il segno di lui : il suo morso, la forma dei suoi grossi denti conici impressi a fondo nel muscolo rosseggiante.
Gli erano state spezzate entrambe le gambe, Sebastian ricordava ancora i colpi di quelle dita enormi, il modo in cui, abile, era andato a trovare i legamenti ed a spezzarli. Era stato con intelligenza, con freddezza, che lui aveva colpito, con la saggezza secolare di un uomo che è abituato a stroncare vite, a fare male prima di uccidere, a torturare. Era stato terribile, Sebastian non aveva mai subito qualcosa del genere, non aveva mai combattuto contro un demone di quella potenza … ma quale combattere? Non aveva avuto neppure la possibilità di difendersi. Non era stato perché Alucard fosse un miliardo di volte più forte di lui, no, Sebastian sapeva bene di avere una potenza quasi pari a quella del nemico, ma ciò che era accaduto, il modo in cui lui si era trasformato … era veramente orribile e non era neanche lontanamente umano, ma non somigliava nemmeno a quello che lui sapeva essere l’aspetto possibile di un demone.
Bard fu il primo a trovare il corpo devastato di Sebastian che si trascinava sul pavimento lasciando dietro di se una stria scarlatta
«Sebastian-san!» urlò, alzando le mani e mettendosele nei capelli «Che cosa è successo?»
«Ah …» il maggiordomo inclinò la testa da un lato con fare amabile mentre un rivoletto rosso gli scorreva dall’angolo della bocca «Non devi preoccuparti, guarirò … ma non so se per oggi sarò in grado di prendermi cura di voi»
«Prenderci cura di noi?» Bard aprì la bocca tanto che la sigaretta gli cadde per terra, poi si sedette per terra di lato a Sebastian «Ehm … posso aiutarti?»
«Oh ohi … temo di si, Bardroy» Sebastian tossicchiò e un grumo di sangue toccò il pavimento, lasciando una macchia scura sulla morbida tappezzeria.
Bard si rialzò e con se trascinò anche Sebastian, scoprendo che se premeva i piedi del maggiordomo contro il terreno gli sentiva i legamenti molli … come se avesse la gambe spezzate. Per la sorpresa, quasi, lasciò andare Sebastian, poi però si riebbe e lo aiutò ad entrare nella camera da letto di Ciel. Purtroppo il letto era stato distrutto, perciò dovettero distendere Sebastian sul tappeto persiano.
Bard andò a chiamare gli altri della servitù e tutti si radunarono intorno a Sebastian. Meirin si tenne gli occhiali sul naso ben stretti e cercò di nascondere le lacrime. Sebastian, come poteva essere che fosse ridotto a quel modo?
Quanto a Finnian, lui sembrava stranamente avere altro per la testa, o forse, semplicemente, era troppo scioccato da quanto era accaduto per riuscire ad avere un qualche tipo di reazione. Inoltre sapeva bene che reagire, per lui, significava solo causare guai. Lo sapevano bene tutti quelli che lui conosceva quanto potesse essere distruttivo, quanto la sua forza potesse rompere indiscriminatamente ciò che dovrebbe e ciò che non dovrebbe infrangere. E ora che vedeva Sebastian riverso nel sangue, così orrendamente ferito, forse non aveva il terrore di potergli fare ancor più male?
Poi arrivò Ciel e fu come se la dimensione tragica dell’accaduto perdesse tutto il suo significato.
«Sebastian … Sebastian, ti sei fatto picchiare in quel modo?» Chiese Ciel, forse leggermente impressionato dalla presenza di tanto sangue ma di certo non preso dalla compassione per il suo maggiordomo. Forse credeva che le sue risorse fossero infinite? Che egli non dovesse temere alcuna ferita? Si, era probabile, visto che lo guardava con un’aria di così sprezzante superiorità che non si poteva credere di scorgere anche solo un vago offuscamento di compassione nel suo unico occhio blu.
Sebastian sbattè le lunghe palpebre
«Mi dispiace, Bocchan, è veramente penoso» »
«Si, Sebastian, è penoso. Ti ha persino morso»
«Oh, non preoccupatevi, Bocchan, non diventerò un vampiro»
«Ci mancherebbe anche questo, Sebastian, che tu morissi. Scommetto che come vampiro saresti una mezza cartuccia, molto peggio di come sei adesso»
«Pensi che io sia una mezza cartuccia, Bocchan?»
«Beh, diciamolo chiaramente: mi avevi detto di essere il migliore, che avresti fatto tutto ciò che ti avrei ordinato. Ma ti mando a fare qualcosa di semplice e tu torni … così?»
«Mi dispiace, Bocchan» Sebastian chiuse gli occhi e tirò un profondo respiro «Ho fallito miseramente, lo so già. E per giunta non potrò prendermi cura di voi …»
«Per quanto tempo?» Ciel era proprio senza cuore, a quanto pareva
«Tempo? Una sera, forse anche domani mattina. Non sono ferite che guariscono in un giorno solo, tuttavia farò in modo di velocizzare la mia guarigione per quanto mi sia possibile»
«Si, Sebastian, si …»
«Ma per fare questo dovrei … nutrirmi di un’anima»
«Non posso dartene alcuna, Sebastian» Ciel colpì con il bastone la testa sporca di sangue di Sebastian «Credo che dovrai accontentarti di quel poco cibo umano che rimane nella nostra dispensa»
«Ma noi e gli Hellsing non abbiamo comune dispensa?»
«Si, ma loro hanno nascosto il cibo, se lo sono portato via nei loro alloggi» Ciel chiuse i piccoli pugni racchiusi in morbidi guanti di pelle bruna «Quei bastardi ci stanno dando più rogne di qualunque altro avversario. E tu hai fallito nel cercare di sabotare il loro rifugio»
«Veramente …» Sebastian, anche con il volto ricoperto di sangue, parve illuminarsi « … Ho distrutto la bara di Alucard. Credo che sia un successo, sotto questo punto di vista».
Ciel lo fissò con l’unico occhio blu «Davvero?»
«Si, Bocchan»
«Beh» sbuffò «Almeno qualcosa l’hai fatta»
«Ho anche … lasciamo perdere» stava per dire “Ho anche messo K.O. la vampira” ma sapeva che i vampiri si rigenerano in fretta. Non sarebbe servito a nulla.
«Non hai fatto nient’altro. Rimettiti o muori» fece Ciel e se ne andò con dignità.
Non appena il Bocchan fu fuori dall’uscio, i tre si buttarono addosso a un Sebastian agonizzante e cominciarono a piangere a dirotto
«Sebastian-san!»
Nel frattempo …
Seras, incapace di fare altro, alzò una mano. Non riuscì neppure a mugolare, ma si sentiva malissimo.
Sillabò silenziosamente «Mastah, aiuto» e lasciò ricadere la mano fredda.
Alucard si avvicinò, interessato.
«Police Girl?»
Lei rimase così, con la testa china e la schiena contro la parete, come Alucard la prima volta che incontrò Integra-chan. Per così dire.
L’enorme vampiro in rosso si chinò su di lei, e si accorse (com’era interessato …) che la sua gola era squarciata. Corde vocali: off limits. Gambine: off limits. Cervello: off limits. Ma quello già da prima, a dire il vero.
«Sei mezza morta … ah, sei mezza morta!»
«Giusto» mimò Seras con le labbra, senza dire niente. Per sua sfortuna, il Master non capiva il labiale
«Cencio? Quale cencio?»
«Giusto» ripetè la vampira
«Ah, lulo! A me lulo? Ma quelle che non t’ha dato Sebastian ti do io! A proposito … che significa lulo?»
La vampiretta mimò di scrivere a mezz’aria la parola, ma visto che la sfiga più totale si accaniva su di lei, aveva una pessima scrittura e non si capiva nulla a mezz’aria
«D … u … s … t? E la o che c’entra? Dusto?»
Lei scosse la testa, poi alzò le mani e guardò il Master con aria seria. Contò sulle dita il numero di lettere della parola “Giusto” e le mostrò al Master
«Sei lettere? Ok» fece lui, fregandosi le mani
La Police Girl fece dapprima una “c” con una mano, aggiungendo poi sull’estremità inferiore un pezzo di indice per fare la “G”
«Ah, questa è una g!»
Lei alzò un indice
«Questa è una i»
Si grattò la testa, confusa, poi mise pollice e indice di entrambe le mani a C rivolte verso destra e sinistra, poi le unì
«Cos’è ‘sta cosa?»
Seras insisté, speranzosa. Poi si indicò e fece segno di uno sulle dita
«Tu, uno?»
Seras scosse la testa. Si indicò, poi segno a mezz’aria cinque lettere, poi abbassò le dita fino a lasciare solo il mignolo in alto
«Tu, cinque lettere e una? Ah, tu sei Seras …» La vampira annuì con vigore «E quella è una s!» gli occhi di lei brillarono. Poi si riscosse e cominciò.
Mise una “i” con un indice sopra fino a sembrare una “t”, cosa che Alucard decifrò subito, poi fece il segno dell’ok, per indicare la “o”, cosa più semplice da interpretare.
«Giusto!» esclamò Alucard «Ma giusto … giusto perché?»
Seras si accasciò di più a terra.
«Non fare così, lo sai che ho la memoria corta» e detto questo la prese in braccio e la buttò nella sua bara «Chiamo Walter. Io che ne so che ti devo fare?»
Seras annuì.
Contemporaneamente, Sebastian era riuscito dopo innumerevoli sforzi (ritornavano sempre all’attacco) a togliersi di dosso i tre servi che continuavano a buttarglisi addosso urlando «Sebastian-san!» e piangendo la loro riserva infinita di lacrime.
«Scusaci, Sebastian-san!» dissero infine
«Sto. Morendo» scandì Sebastian, sorridendo in modo atrocemente gentile «E voi vi buttate addosso?»
«Ah! Sta morendo!» cominciò a urlare Finnian, abbracciando Meirin che abbracciò Bard.
«Abbraccio di gruppo!» singhiozzarono tutti e si ributtarono su Sebastian. Lui lanciò un gridolino di esasperazione.
Sarebbe stata una lunga, lunga, lunga convalescenza …
I servi della famiglia Phantomhive si prodigarono per fare avere al maggiordomo tutto ciò che gli potesse occorrere: abbondante cibo, preso da quel poco che rimaneva in dispensa, acqua fresca e vestiti puliti. Sebastian ordinò loro di lasciarlo solo e, nonostante quelli fossero riluttanti, riuscì ad ottenere anche questo favore, sospirando di sollievo. Lentamente si tolse quello che rimaneva della sua bella camicia e dei pantaloni sporchi, mostrando un paio di boxer aderenti decorati sul retro con lo stemma della famiglia Phantomhive stampato in bianco ed oro. Il sangue gli tingeva di rosso i polpacci sottili ed entrambe le gambe avevano assunto un’angolatura strana. Ah, era quasi come vedere che sotto la pelle i tendini erano stati spezzati.
Sebastian si passò un dito sul ginocchio destro
«Ohi ohi» mormorò, poi aggiustò entrambe le gambe in una posizione più consona ed attese qualche secondo, forzando il proprio corpo a guarire.
I legamenti dentro di lui si saldarono, un calore soffuso e benefico si irradiò laddove prima c’era solo il bruciore infernale della devastazione. Sebastian, seppure avesse le gambe a posto, sapeva di essere ancora molto malato, peggio che ferito: per risanare i tendini strappati aveva dovuto impiegare un enorme quantitativo di energia.
Sospirando si rialzò in piedi. Barcollò fino a finire con una spalla contro la parete ed emise un gemito nel sentire quella superficie così fredda a contatto con la pelle nuda.
Staccandosi dal muro, prese i vestiti stando ben attento a non sporcarli con il sangue che ancora gli scendeva a rivoletti dai buchi sul petto e si diresse verso la stanza da bagno per detergersi. Si sentiva così terribilmente insozzato, non poteva sopportarlo!
Quando fu uscito dalla stanza da bagno sembrava rinnovato, un fiore pallido ancora in boccio. Eppure, sotto l’apparenza sana, si nascondeva una spossatezza terribile e la paura di essere attaccato di nuovo: se Alucard avesse sferrato in quel preciso istante il suo secondo attacco, il maggiordomo dei Phantomhive non avrebbe avuto la benché minima possibilità di sopravvivere.
Così Sebastian si avviò verso la cucina e preparò la cena, stringendo forte le labbra di fronte alle strazianti fitte di dolore interno dei suoi muscoli provati. Ciel gli si avvicinò
«Sebastian, ti sei ripreso?»
«Si, my lord» il maggiordomo mentì, non aveva altra scelta «Sono pronto»
«Bene, Sebastian. Allora preparaci da mangiare».
Sospirando, il servo obbedì al suo padrone, ma quella notte, quando tutti andarono a dormire sui tappeti (visto che i letti erano stati accuratamente distrutti), lui non rimase come al solito in piedi per programmare le attività del giorno seguente, crollò come morto, perinde ac cadaver, e dormì pesantemente.
Dalle stanze degli Hellsing, nel mentre, proveniva il frastuono infernale delle voci di gente che si diverte. A quanto pare Alucard aveva organizzato un rave party.
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